Razzismo? La Serie A ringrazia l’Africa

Mentre si festeggia il settimo scudetto consecutivo della Juventus, conviene valutare l’importanza e il contributo dei giocatori africani in tante squadre del nostro massimo campionato
Juventus (Miralem Pjanic)

Mentre la Serie A conclude la sua penultima giornata sancendo anche formalmente il settimo scudetto consecutivo per la Juventus dei record, che avevamo già annunciato e celebrato la scorsa settimana, un gruppo di tifosi, o per lo meno sedicenti tali, della Sampdoria pensa bene di inveire contro il Napoli causando per tre minuti la sospensione della partita per manifestazioni razziste, come da regolamento.

Date le non meglio precisate motivazioni cui si deve tale comportamento, ci permettiamo di fare notare sommessamente a tali “tifosi” come il miglior giocatore stagionale della stessa Sampdoria, Fabio Quagliarella, con all’attivo qualcosa come 19 reti in annata, provenga da Napoli. Eviteremmo di dare altro spazio all’accaduto a Genova ieri, se non per fare notare che il forte compagno di reparto del “Quaglia” attinge dallo stesso colore di pelle nera come tanti altri giocatori oggetto talvolta di beceri fischi di qualche sprovveduto: si chiama Duvan Zapata, è colombiano e a lui e al suo colore, tanto simile nelle origini a quello di buona parte dell’Africa, tutti i tifosi della Samp devono molti pesanti e graditi punti in classifica dati altri 14 gol all’attivo. Se ne ricordino, questi gruppuscoli frustrati, prima di inveire contro chi mantiene la loro passione.

D’altra parte non ricordiamo cori razzisti contro George Weah, punta di diamanta liberiana degli anni novanta, da parte dei tifosi del Milan: perché un pallone d’oro così strapotente non si fischia. Non ricordiamo quelli dei tifosi interisti per Eto’o, campionissimo camerunense che valse alla Beneamata il leggendario Triplete 2010. In compenso, ricordiamo come al solito quelli di qualche disperato gruppo di tifosi avversari, perché evidentemente la maglia diversa stimola in qualcuno la fantasia della manifestazione razziale, dimenticando che tra le proprie fila sono spesso proprio gli africani a salvare la baracca, in particolare nella piccola provincia calcistica della Serie A 2017-2018.

Il Crotone ad esempio, quasi disperato nel girone d’andata, è attaccato al metro e novantotto del suo gigante nigeriano Simeon Tochukwu Nwanko Simy, che con i suoi sette gol, pur partito da riserva sconosciuta, è andato a segno anche contro squadre come Juventus e Lazio, facendo sognare ai compagni un’altra clamorosa salvezza, da giocarsi in occasione dell’ultima giornata. Restando al sud, che ringrazia chi è nato ancora più a sud, il Benevento già retrocesso sogna il ritorno in A al più presto grazie alla consacrazione nella massima serie del maliano Cheick Diabaté, alto “solo” un metro novantaquattro, in grado di realizzare 8 reti in 10 presenze, media altissima e invidiata dai più grandi bomber, anche se acquistato a campionato ormai compromesso.

Risalendo in classifica, l’ennesima promessa formata dal vivaio dell’Atalanta arriva invece dal Gambia: Musa Barrow non ha ancora 20 anni, ma si è guadagnato da poco più di un mese il posto di titolare al centro dell’attacco della formazione bergamasca, distintasi in stagione per l’ottimo rendimento di difensori e centrocampisti d’inserimento. Meno per la prolificità offensiva, dove è mancata spesso la zampata di un bomber che pare ora essere cresciuto invece in casa, ancora una volta grazie all’Africa. La speranza è che questo faccia riflettere anche quegli sparuti gruppetti di pseudo tifosi che talvolta hanno fatto vergognare anche la curva atalantina rivolgendo improperi o fischi ai giocatori africani avversari.

Non è più provincia calcistica invece, ma piazza che ha sognato e sognerà in grande, il Napoli di mister Sarri, che aveva urlato allo Scudetto quando il suo baluardo difensivo per eccellenza, il senegalese Kalidou Koulibaly, aveva tramortito con un prorompente gol di testa la porta di Gigi Buffon nello scontro diretto Juventus-Napoli di qualche settimana fa: dopo una stagione sontuosa a dominare la difesa partenopea, nello scontro tra titani per la conquista della Serie A Kalidou era salito, oltre il suo metro e 95 di altezza, fino a 2 metri e 48 centimetri per impattare imperioso quel pallone che sembrava avere ribaltato gioie e dolori da scudetto sull’asse Torino-Napoli, poi indirizzate di nuovo in sede bianconera per l’evolversi delle giornate successive. La storia racconterà di vincitori e vinti, ma i tifosi in dimentichino: la loro passione oggi ringrazia l’Africa.

 

 

 

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