Il rapporto di coppia, dall’idealizzazione al disincanto.

Nel gioco coniugale, i partner si rap­portano tra di loro in modo inconsapevolmente idealizzato, spesso proiettando sull’altro un antico bisogno di protezione infantile, di comprensione magica, di amore garantito, di sicurezza eterna. Cosa accade quando le illusioni vengono meno? Una riflessione di Angelo Alessi nel libro NOI DUE, Istruzioni per una sana vita di coppia (Città Nuova, 2018)

Fino a cinquant’anni fa, il rapporto di coppia risentiva di una tendenza culturale in cui il potere dell’uomo sembrava destinato a incontrare il supposto bisogno di dipendenza del­la donna. In seguito, le aspirazioni delle donne hanno cam­biato direzione e sono andate verso una maggiore autono­mia. Per quanto possa sembrare assurdo, proprio in questo contesto di riappropriazione delle libertà, è stato messo in luce un disturbo psicologico chiamato love addiction, relativo all’eccessiva dipendenza affettiva dal partner. Il sistema so­ciale in cui viviamo, se da una parte esalta la libertà personale e l’autonomia, dall’altra tende a rafforzare l’individualismo.

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La coppia, da diversi decenni, è entrata in crisi e le con­seguenze sono oggi sotto gli occhi di tutti: in Italia, il trenta per cento dei matrimoni finisce con un divorzio (per non ci­tare gli Stati Uniti). D’altra parte, le persone desiderano, al di là di tutto, formalizzare la loro unione attraverso un con­tratto. Mi sembra di poter dire, più in generale, che a essere andato in crisi sia il senso dell’intersoggettività tra le persone.

Le relazioni fra le persone sono oggi tendenzialmente più problematiche: pensiamo, per esempio, ai rapporti fra geni­tori e figli adolescenti, fra studenti e insegnanti, fra gli stessi adolescenti. I problemi di relazione e la mancanza di fiducia nel prossimo sono estese e generalizzabili e hanno un de­nominatore comune: la decrescita della mutualità, declinata nell’ottica della solidarietà e della cooperazione, ma anche dell’intesa. […]

Oggi, nelle coppie, prevale un diffuso senso di scettici­smo riguardo al futuro della vita insieme. Potremmo defini­re, infatti, la nostra epoca, per ciò che concerne le relazioni umane, l’età dell’ansia. Dubbi e paure condizionano l’impo­stazione del rapporto a due, contesto nel quale dovrebbero invece prevalere fiducia e speranza. Dalle prime incompren­sioni, date dai naturali adattamenti reciproci, la coppia passa facilmente allo sconforto, per poi arrivare alla conflittualità.

Il problema è sempre nell’altro e la necessità di cambiamento non riguarda mai se stessi, per cui non ci si ferma a guardarsi dentro per elaborare i problemi che emergono. […]

La persona che ha eccessivamente idealizzato il partner illudendosi, dopo aver raggiunto lo stadio della delusione («Non sei come mi aspettavo»), approda al disincanto, cioè a rendersi conto dell’oggettiva diversità dell’altro. A questo punto, se manca la consapevolezza e il coraggio di mettersi in discussione per apportare i cambiamenti necessari per il superamento della crisi, ci si convince che il fallimento del­la vita insieme dipenda esclusivamente dall’altro, e si colti­va l’idea che altrove ci sia ancora la possibilità di incontrare una persona più adatta a sé, un’anima gemella. E così non si fa altro che ricadere in un circolo vizioso, riattualizzando le proprie illusioni su un nuovo partner.

Nel gioco coniugale dell’autoinganno, i partner si rap­portano tra di loro in modo inconsapevolmente idealizzato, spesso pensando che l’altro potrebbe soddisfare un antico bisogno di protezione infantile, di comprensione magica, di amore garantito, di sicurezza eterna.

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Quando il comportamento dell’altro non corrisponde esattamente a ciò che ci si aspetta, si tende allora a minimizzare, a non dare importanza alle incomprensioni, a illudersi che un domani si riuscirà comunque a cambiarlo. Quando invece il partner sembra corrispondere ai propri desideri e aspettative, allora si è portati a ingigantire e amplificare la portata ottimistica e speranzosa della scelta che si sta compiendo.  La caduta di un’illusione è sempre legata alla sofferenza di una perdita: Babbo Natale non arriverà mai; tutt’al più, sarà il postino a suonare alla porta.

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L’abbandono delle attese iniziali, perseguite con tanta ostinazione nella fase dell’idealizzazio­ne, provoca rassegnazione, solitudine e rimpianto, ma anche un senso di liberazione. Esso comporta la percezione netta di una distanza maggiore dall’altro e il rischio di una pericolosa estraneità. Il disincanto è un processo di demitizzazione della relazione a favore di un esame di realtà più adeguato in cui affiora gradualmente la consapevolezza che il proprio partner sia diverso da ciò che si desiderava.

 

Da Angelo Alessi, NOI DUE, istruzioni per una sana vita di coppia (Città Nuova, 2018) pp. 168; € 15,00

 

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