Pronto, mi vedi ?

La signora Rossi è ormai al termine di una giornata faticosa e si sta godendo un meritato momento di riposo casalingo quando suona il telefono. Lo squillo riprende il motivo di una famosa canzone degli anni Sessanta, quindi è una telefonata per lei; il nuovissimo telefono di casa infatti permette di selezionare un suono diverso per ogni membro della famiglia. Il figlio minore col suo solito entusiasmo la precede, attivando il piccolo video e la relativa telecamera collegati al telefono, che permettono di vedere ed essere visti da chi chiama. E inesorabilmente accade il peggio: “Mamma, è per te!”. Cosa fare? Il trucco ormai non c’è più, la vestaglia indossata è di quelle scolorite da casa, il salotto inquadrato dal telefono è in completo disordine” la telecamera ormai non si può spegnere altrimenti l’altra persona potrebbe offendersi” Il disastro è completo. Anche l’altro figlio non se la passa meglio: risponde velocemente allo squillo del suo cellulare, acceso ventiquattr’ore su ventiquattro. È un modello con telecamera incorporata, che può trasmettere e ricevere immagini. Ma questa volta sente la voce più che ironica di un compagno che gli ricorda di lavarsi le orecchie la mattina, visto che dalla piccola telecamera integrata nel cellulare ha visto chiaramente lo stato della pulizia delle sue orecchie! Per non parlare della figlia (sì, siamo in una di quelle ormai rarissime famiglie con tre figli) che si sta convincendo di aver fatto un errore a rivelare a tanti amici il numero del suo nuovo telefonino; gli scherzi dei compagni stanno diventando decisamente pesanti, con quelle immagini ammiccanti che a volte le inviano pensando di essere spiritosi. Infine il papà: sta diventando nevrastenico al lavoro, con l’incubo di aprire la posta elettronica, visto che deve sprecare ore preziose della sua giornata per rispondere alla valanga di messaggi che arrivano ogni giorno sul suo computer, tutti urgenti naturalmente, la maggior parte inutili. Scherzi a parte. . . Dunque ci siamo, la cultura dell’immagine sta facendo un altro passo in avanti verso la conquista della nostra intimità. Dopo i cartelloni pubblicitari piccoli, grandi e grandissimi che ci circondano da ogni parte nelle strade, dopo la tv che impera in tutte le stanze di casa (con i collegati videoregistratore e lettore di Dvd), dopo il Pc ormai indispensabile al lavoro, a scuola e nel divertimento, arrivano loro, i nuovi oggetti tecnologici ultimo modello. Entrano nelle nostre tasche, curiosano in ogni angolo di casa, catturano istantanee della nostra vita, per strada, al mare, ovunque, e le mettono a disposizione di tutti. Come un “Grande fratello” su scala planetaria. Questi oggetti in realtà li conosciamo già, ma ora si mettono insieme e si collegano in rete: telefono, tv, computer, cellulare, play station, telecamera, dopo essere arrivati a maturità, sia come sviluppo tecnico, che come diffusione, adesso stanno integrandosi. La tv si collega con il telefono e con la telecamera per vedere ed essere visti, ma anche con Internet per navigare nella rete senza bisogno di conoscere il Pc, col semplice telecomando. Con la macchina fotografica e col cellulare si possono scattare foto digitali o effettuare riprese a colori da rivedere in tv e inviare agli amici via posta elettronica o messaggi. Col cellulare ci si può collegare a Internet per scaricare musica o vedere il Tg e i gol della giornata. I nuovi standard wi-fi permettono a Pc portatili e altri strumenti il collegamento a Internet da qualsiasi punto, senza bisogno di cavi. Sempre il cellulare tuttofare diventerà una vera e propria consolle per videogiochi con cui sfidare gli amici in rete, sentire la radio Fm o riprodurre brani musicali Mp3. Ovunque gireranno messaggi, immagini, riprese, documenti, musiche, chiacchiere in una alluvione comunicativa come non abbiamo mai visto. Questa convergenza tra i diversi “oggetti tecnologici”, di cui ho fatto solo un piccolissimo esempio, ha un’altra caratteristica: la penetrazione sempre maggiore nell’intimità della nostra vita, delle nostre case e delle nostre famiglie, specialmente tramite l’immagine, disponibile facilmente e ovunque, soprattutto a livello personale, da soli, quindi in modo non mediato dalla famiglia, dalla scuola, dagli amici o altro. Il grande sogno di pubblicitari e esperti di marketing è ora realtà: arrivare ai ragazzi direttamente, senza filtri fastidiosi come ad esempio i genitori. Nel momento in cui ogni ragazzo (e bambino?) avrà in mano il suo cellulare personale di ultima generazione, che può ricevere spot pubblicitari a colori, e scaricare (a pagamento) dalla rete qualsiasi videogioco o pezzo musicale, come sarà possibile orientarli e prepararli in modo che sappiano gestire questa invasione di proposte, potenzialità e pericoli che la tecnologia propone e che sono simili all’uscire per strada da soli, anche se in modo virtuale? Non sarà quasi più possibile controllare a cosa sono esposti i nostri figli: cose belle e cose brutte, amicizie buone o pedofilia, spot pubblicitari, videogiochi e chat di gruppo, tutto sempre più fruibile in solitudine. Ecco è questa la parola magica. Non a caso la solitudine è lo stato preferito di chi sviluppa le lucrose applicazioni di pornografia. Detto per inciso, ormai il bombardamento continuo e innocuo di ammiccamenti e nudi è diventato parte integrante del modo di fare affari delle società commerciali, che lo considerano “realisticamente” alla stregua di altre componenti essenziali degli affari. Non è questione di morale o di codici di comportamento etico, oggi adottati spesso nel mondo professionale, ma solo di soldi. . . .diamoci una regolata! Tutto negativo dunque il futuro, e disumanizzante la tecnologia? No. Non facciamo l’errore di rifugiarsi sulla solita frase: “Ai miei tempi le cose andavano meglio”. Questo è il nostro mondo di oggi (e di domani), questi sono gli strumenti a disposizione, e questi dobbiamo insegnare ai nostri figli a padroneggiare nel modo migliore, sapendo che non sono strumenti neutrali in sé, in quanto presentano modelli di comunicazione e di vita molto precisi. Modelli che possono incidere sui modi di rapportarci con gli altri e sui valori della famiglia, anche al di là dei contenuti. Cominciamo dall’intimità, per esempio dal video-telefono: bisognerà rinegoziare il galateo con i nostri amici, decidere quando mostrare la propria immagine e quando no, senza offendere, ma in modo chiaro e condiviso con i figli. Allo stesso modo sarà necessario decidere quale sfondo della propria casa far inquadrare dalla piccola telecamera del telefono o della tv, se la cucina, il salotto o” un quadro appeso al muro. Tutto questo è positivo, costringe la famiglia a prendere coscienza di sé, magari rileggendo qualche riflessione sulla necessità di separare chiaramente la parte pubblica e la parte privata delle nostre abitazioni. Senza aver paura di non mostrarsi e di non mostrare la propria casa. Prendere una posizione insieme e decidere cosa e quanto è pubblico, con prudenza e discrezione, facendolo capire ai figli; ci aiuterà, magari domani, a saper votare con più coscienza per accettare o rifiutare l’installazione di telecamere di sorveglianza in tutte le strade della nostra città. Sul pericolo della solitudine e su come imparare a sfruttare i media come strumenti di condivisione e comunicazione, abbiamo già parlato altre volte (vedi Città nuova n.12 e n. 17 del 2002). Possiamo aggiungere che, più in generale, ogni famiglia deve decidere, volta per volta, quale livello di tecnologia far entrare in casa e nelle tasche dei figli, e quando. Per esempio, non bisogna subire passivamente il fatto che improvvisamente una zia o un amico, magari per apparire moderni, decidono di regalare ai nostri figli minorenni un televisore o una play-station o un cellulare, aggiuntivi a quelli già presenti in famiglia. Bensì concordare tra padre e madre quale tipo di tecnologia si vuole e si può avere in casa, e in quali ambienti, in funzione della composizione, maturità ed età della famiglia. Poi comunicare la decisione al parente, con delicatezza, ma anche con fermezza, suggerendo magari un regalo alternativo. E comunque, prima che l’oggetto arrivi, cercare di stabilire le regole di utilizzo (ad es. la mattina no, solo 20 minuti, solo giochi da fare in compagnia, ecc.). Altra domanda ormai tipica è questa: a quale età è conveniente comprare il cellulare ad un figlio minorenne? Una possibile risposta potrebbe essere questa: alla stessa età in cui lo lasciamo cominciare ad uscire da solo per le vie della città, età diversa per ogni ragazzo e situazione familiare, ricordando che una volta che l’oggetto è entrato in casa o in tasca è più difficile limitarne gli effetti. E soprattutto senza fretta di avere subito l’ultimo modello. Questo fatto di aspettare ci abitua a parlarne prima in famiglia, e ci permette di valutare insieme i rischi e gli aspetti positivi rilevati da chi ne è già in possesso. Insomma quello che sta arrivando ci sfida a saperne di più, a partecipare, a contribuire per inserire e valorizzare contenuti migliori. Per esempio a Roma da qualche tempo il comune si sta impegnando ad abbattere tutti i maxicartelloni abusivi che imbrattano le nostre strade e che dobbiamo guardare per forza ogni mattina quando usciamo di casa. Bene, sosteniamo questa azione e segnaliamo gli abusi. Ma non basta: chi si offre, tra i lettori, di disegnare un nuovo bellissimo video-gioco da mettere in circolazione? Anche a scuola, oltre all’educazione stradale, forse sono maturi i tempi per discutere in classe, in modo non episodico, di educazione alla virtualità, alla comunicazione e ai nuovi media. Magari con qualche esercitazione di laboratorio sui meccanismi dei videogiochi o sui metodi di costruzione degli spot pubblicitari. Un’idea semplice potrebbe essere anche questa: molte delle persone più creative nella nostra società fanno di mestiere i pubblicitari o gli esperti di comunicazione e di marketing. Chi ne conosce uno lo prenda di mira, cerchi un rapporto con lui e, se possibile, gli faccia sapere, sperimentare e gustare che esiste un'”altra umanità”, quella che, come dice la canzone, non grida e non schiaccia per emergere sull’altra gente, è contenta di guadagnare il pane col suo sudore, va controcorrente, e sa dare anche la sua vita per morire per la propria gente. Così magari il prossimo spot pubblicitario o programma tv sarà proprio bello, proprio come dovrebbe essere per fare più contenta la gente. TRA PRIVACY E NUOVE OPPORTUNITÀ Sulla spiaggia, una bella ragazza in costume; un aspirante fotografo scatta una foto furtiva con il cellulare, la invia a chissà chi tramite un messaggio di posta elettronica, e dopo qualche ora la foto è a disposizione di tutto il mondo su un sito Internet. Incubi da villaggio globale? Forse, più probabilmente eccessi di crescita di un’umanità che ha tra le mani sempre nuovi giocattoli tecnologici. Per questi scenari negativi, il garante italiano per la privacy sta preparando le contromisure regolamentative. Ma stiamo cominciando a scoprire anche i lati positivi di queste novità: per esempio immaginiamo una persona anziana che da casa telefona al proprio medico e, semplicemente “inquadrandosi” con il cellulare, può mostrare lo stato di una ferita, o il risultato di una cura, e ricevere un consiglio senza muoversi da casa e senza code. Anche nei casi di emergenza un medico da lontano può dare istruzioni o prepararsi per quella particolare situazione, mentre l’ambulanza arriva. La nostra fantasia troverà presto mille modi per valorizzare questa opportunità che ci offre la tecnica. UOMINI E MEDIA “Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l’universo. Io sono quello che vi fa sognare cose che non avrete mai” Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perché la gente felice non consuma”. Frédéric Beigbeder ex pubblicitario “La pubblicità è un modo scientificamente immorale di presentare i prodotti. È una immoralità tanto diffusa che ormai vi abbiamo fatto l’abitudine e non la consideriamo più una cosa negativa”. Richard P. Feynman Premio Nobel per la fisica “La scoperta, con la forza dell’evidenza, che non solo è possibile un’altra comunicazione, cioè un uso dei media più attento ai valori dell’uomo, ma i media stessi sono quasi geneticamente fatti per rendere gli uomini più uniti e migliori”. Nedo Pozzi coordinatore di NetOne “Se abbiamo ben chiaro che siamo oggetto dell’amore di Dio, possiamo fare intravedere questo amore anche nel grande e spesso tragico mosaico delle sconfitte della società umana. Per chi opera nei media si tratta di acquistare, per così dire, il “fiuto” dell’amore, per coglierlo ovunque ce n’è traccia”. Guglielmo Boselli, direttore di Città nuova dal 1975 al 2001

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