Più diamo più viviamo

Se il Natale nasce da un dono, quello di un Dio che si fa bambino, se è tipico di questo periodo scambiarsi regali, è anche il momento in cui la fantasia non si lascia frenare dall’aumento dei prezzi. E tanto più si fa difficile comprare regali costosi, tanto più si trovano altre soluzioni… Potremmo individuare tanti atteggiamenti emblematici di questo modo di donare. Vogliamo prenderne in considerazione uno in particolare che ci viene dalla cronaca, ma che è simbolico di un dato positivo che il 2004 ci lascia in regalo: l’aumento, nel nostro paese, delle donazioni di organi. Veniamo ai fatti. Siamo a Palermo. Un ragazzo di diciotto anni, Salvatore Imperiale, dona tre quarti del suo fegato per salvare il padre affetto da cirrosi epatica in forma acuta. Ho fatto quello che qualsiasi figlio farebbe per un padre o una madre, precisa più volte, rifiutando la definizione di eroe attribuitagli dai mass media. Un sogno, il suo, accarezzato da quando, a dieci anni, aveva saputo che il suo papà aveva bisogno di un fegato nuovo che non arrivava. Poi la scoperta, grazie alla tv, che esiste la tecnica del trapianto da vivente. E insieme la delusione perché lui, 18 anni, ancora non li aveva compiuti. Ma il giorno dopo aver raggiunto la maggiore età, eccolo presentarsi all’Ismett, il centro specializzato che nel frattempo era nato a Palermo e la sorpresa per il papà, che intanto non sapeva niente di quello che Salvatore stava progettando, era pronta. Una piccola grande storia che ci insegna alcune cose: la capacità che possiamo avere di donare qualcosa di noi se siamo in grado di pensare anche agli altri; il ruolo che può svolgere l’informazione nel divulgare correttamente anche gli sviluppi della medicina; l’importanza di avere a portata di mano dei centri che permettano la concretizzazione di un buon proposito. Fattori come questi appena evidenziati, insieme ad altri di cui parleremo più avanti, hanno permesso all’Italia di raggiungere un grosso risultato. Solo nel 1994 eravamo il fanalino di coda in Europa in fatto di donatori d’organo. Quest’anno risultiamo secondi solo alla Spagna. Gli eccezionali risultati sono stati presentati di recente da Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt) che ha evidenziato l’impegno profuso a più livelli per raggiungere un tale traguardo, quasi un record che ci si augura venga presto superato. Il numero degli interventi è abbondantemente raddoppiato se si considera che appunto nel 1994 erano stati 1522 e che quelli dell’anno che finisce si aggirano sui 3100. Basti pensare che, secondo dati aggiornati al 15 settembre scorso, i trapianti di rene sono passati da 839 a 1740; quelli di fegato dieci anni fa erano 326 e attualmente se ne registrano 978. Un cuore nuovo continua a battere in 374 persone mentre nel ’94 si era potuto provvedere a 302 pazienti. Oltre il doppio i trapianti di polmone passati, sempre nello stesso periodo, da 33 a 76. È contemporaneamente in calo il numero dei pazienti iscritti nelle liste d’attesa passati nell’ultimo anno da 10.954 a 8.940. Un risultato che di spiegazioni ne ha tante. Tra i fattori che lo hanno determinato è difficile stabilire una priorità. Certamente è aumentata la sicurezza dei trapianti con la messa in atto di un sistema di valutazione che coinvolge una rete di esperti di malattie infettive e di anatomia patologica, un medico legale e due medici del Cnt. Entro un anno e mezzo, poi, il nostro paese dovrebbe essere il primo in Europa ad effettuare una valutazione oggettiva dei fattori di rischio dei donatori, un aspetto alquanto importante nella decisione stessa di sottoporsi all’intervento di asportazione di un organo da persona viva, come può avvenire in alcuni casi. Ma neanche secondario quando si tratta di persone di cui è stata accertata la morte cerebrale. Non pochi infatti sono gli interrogativi sulla costatazione del decesso. Come fanno i medici ad essere sicuri che una persona è morta? È possibile confondere il coma con la morte cerebrale? E se invece si riprendesse?. Sono alcune fra le domande più comuni di chi si trova a dover decidere la donazione degli organi di un proprio caro che non avesse espresso le sue volontà in tal senso. Uno studio realizzato da Daniela Storani, del Centro nazionale trapianti sulle fasi della comunicazione della morte e della proposta di donazione, evidenzia come molto spesso l’esito positivo di una donazione derivi dal modo in cui essa viene presentata ai parenti. Nella maggior parte dei casi, l’89,7 per cento, la proposta della donazione viene fatta in una sala appropriata, ma può succedere che se ne parli in corridoio o vicino al letto (lo 0,7 per cento). Ad effettuare i colloqui sono per lo più i rianimatori (44,7 per cento), oppure i coordinatori (33,6 per cento) o, in misura minore, gli infermieri. A loro volta i familiari presenti sono soprattutto i figli (27,4 per cento) o il coniuge (26,1 per cento), seguiti dai fratelli (16,2 per cento), dai genitori (12,9 per cento) e affini. Come reagiscono? Il 28,5 per cento di loro accetta, mentre il 16,7 per cento rifiuta. Tanti chiedono informazioni o necessitano di un po’ di tempo per riflettere sulla proposta. In generale, quando si riesce ad avere un vero colloquio con i familiari, spiega Alessandro Nanni Costa, la probabilità che si autorizzi il prelievo degli organi sale. Ed è importante anche puntare sulla formazione di quelli che devono svolgere questo compito tanto delicato. Un altro dei motivi che hanno portato al raddoppio dei trapianti in Italia è l’aumento dei centri regionali o interregionali appositi, come previsto già da una legge del 1975 e ribadito da un’altra del 1999. In Italia infatti il coordinamento delle attività di donazione, prelievo e trapianto si articola in quattro livelli: locale, regionale, interregionale e nazionale. Non dimentichiamo, inoltre, che vari accordi sono stati raggiunti anche a livello europeo, proprio per allargare la collaborazione ed aumentare l’attività di donazione e trapianti. È in questa direzione che, ad esempio, nel dicembre dell’anno scorso è stato stipulato un accordo per l’istituzione dell’European transplant network (Etn), una sorta di consorzio con importanti implicazioni a livello operativo. Ne fanno attualmente parte Polonia, Slovacchia, Cipro, Slovenia, Repubblica ceca, Ungheria, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Italia. La cooperazione prevede in particolare programmi di formazione per i coordinatori, l’adozione di standard comuni per sicurezza e qualità e lo sviluppo di politiche per lo scambio degli organi. Tanti passi avanti, dunque, che incoraggiano e spronano a fare di più perché quello che già si fa, purtroppo, non è ancora sufficiente. Quest’anno in Italia ci sono stati 20,8 donatori per milione di abitanti ma le richieste sono di gran lunga superiori e i problemi non mancano. Anche perché può succedere che la stessa persona, a distanza di anni, abbia bisogno di ripetere il trapianto. Sappiamo anche che alcune regioni sono più sensibili o forse, semplicemente, più attrezzate di altre ma se il trend generale continua ad essere in crescita, questa è una buona notizia per tutti. Intanto ne possiamo gioire. E poi ricordiamoci di quel tesserino blu col quale possiamo decidere da vivi se continuare ad essere un dono per gli altri anche dopo aver chiuso la parentesi terrena. COSA POSSIAMO FARE Il Centro nazionale trapianti ha attivato il numero verde 800 333 033 al quale ci si può rivolgere per spiegazioni e chiarimenti in materia di donazione e trapianto di organi e tessuti. Il numero è funzionante dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18. Lo stesso Centro propone poi Fatti e cifre, una newsletter quindicinale rivolta ad operatori sanitari e cittadini che vogliano tenersi informati sul mondo dei trapianti. L’iscrizione, gratuita, può essere fatta dal sito www.ministerosalute. it/trapianti. Un altro sito da segnalare è www.daivaloreallavita.it. Tra i molti quesiti cui risponde anche quelli riguardanti la donazione degli organi in rapporto alle religioni più diffuse. Istituito nel 1999, il Centro nazionale trapianti è un organismo composto da membri nominati dal Ministero della sanità per armonizzare le attività degli ospedali, formulare regole comuni e condivise, garantire la trasparenza e l’informazione nei confronti del cittadino.

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