Pinocchio e le bugie del Grande fratello

Pinocchio

A trentacinque anni dal glorioso sceneggiato di Luigi Comencini, la Rai ha proposto all’inizio di novembre una nuova minifiction in due puntate sulla favola di Pinocchio, provocando un terremoto nella partita degli ascolti: nella serata di lunedì 2 novembre, la fiction ha infatti battuto il Grande fratello di Canale 5 con quasi due milioni di telespettatori in più, il risultato migliore dell’anno per la Rai.

Dati che fanno riflettere, perché alla fine il confronto è stato su due concezioni opposte della narrazione televisiva. Da una parte quella che punta sulle ferite più o meno evidenti delle persone, per metterle in conflitto tra loro. Attraverso un linguaggio molto semplice, a volte di livello volgare, si cercano telespettatori per vendere pubblicità.

Ciò che propone il Grande fratello è uno sguardo pruriginoso, che spia persone non sempre consapevoli di essere utilizzate da una produzione che fa del loro vissuto e dei loro sentimenti un prodotto prefabbricato.

Dall’altra parte, è stata proposta invece una favola. Ma, proprio perché è un classico, che contiene valori che sono parte del bagaglio vitale di ciascuno di noi, provocano anch’essi una sorta di identificazione in chi la guarda: basta pensare a concetti quali l’onestà, il sacrificio, il perdono, ma anche la ricerca dell’amore nonostante tutti i guai in cui ci cacciamo nella vita, e che in Pinocchio riportano a una quotidianità ben presente.

Ma non dimentichiamo l’importanza dell’allegria e della spensieratezza sana, che rendono il burattino di legno attuale e giovane. Molti critici hanno parlato a questo proposito di resurrezione della “tv pedagogica”, che, come all’inizio della sua storia, negli Cinquanta, ha contribuito a fare dell’Italia una nazione unica da tanti punti di vista. Essa può dare anche oggi la possibilità al telespettatore di guardare dentro di sé, alle meschinità e alle bassezze che fanno parte della condizione umana, ma anche alle sue bellezze, per guardare gli altri con sincerità, rispetto, nella ricerca del dialogo, e non del conflitto.

È tutta un’altra empatia che spiega come mai certi classici non moriranno mai. Pinocchio è ancora il libro più letto al mondo, dopo la Bibbia e il Corano, è davvero una favola per tutti. Ecco perché il burattino di Collodi che diventa uomo, batte i ragazzi di Canale 5 che diventano burattini. Una volta tanto non è Pinocchio a dire bugie.

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