Passaggi di coppie

Fedeli a un percorso più che trentennale, Remondi e Caporossi continuano a perseguire una pratica teatrale che ha fatto della ripetitività e dei lenti cerimoniali di smontaggio e ricostruzione, la loro cifra poetica. La ritroviamo anche in Passaggi, (firmato solo da Caporossi) ispirato al racconto Basta di Samuel Beckett, dove un vecchio e un giovane si incontrano segnando i due punti lontani dell’esistenza. E tipicamente beckettiane sono le dodici coppie in grigio e nero con cappello che attraversano la lunga distesa di sabbia in una processione lenta e continua di entrate e uscite, da destra verso sinistra, in cui uno in posizione eretta e l’altro piegato si tengono per mano. Nell’attraversamento, di tanto in tanto irrompe un movimento diverso, un’azione improvvisa, un urlo, un fischio, una capriola, il comporsi di una piccola orchestra, un ritmo ricavato dall’ansimare del gruppo o dal percuotere fogli di giornali poggiati sulla schiena del partner. Inquietanti mummie bianche, simili a larve umane resuscitate, appaiono e scompaiono di corsa, scompaginando l’insieme. Un seminatore, poi, avanza traballante: estrae un fazzoletto bianco lo poggia sul viso di alcuni dei passanti come un sudario per prelevarne la forma e deporlo in una sacca. Avvertiamo la fatica del vivere, la ricerca di salvezza, della comunicazione con l’altro; ma anche l’odissea di profughi verso una patria (celeste?) che si conclude con un coro che s’ode da dietro le quinte mentre davanti al nostro sguardo rimane una lunga fila di manifesti, affissi nel frattempo da un surreale duo lungo la parete nera, che riproducono le coppie di interpreti. Un’inquietante ombra della ricerca d’identità.Ancora una volta di ipnotica forza e calligrafica bellezza.

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