Opposizione divisa, Maduro verso il potere totale

Le elezioni dei governatori sembrano aver frenato la caduta di consenso del chavismo, pur accusato di frodi e intimidazioni. L'opposizione, sempre più divisa, non trova ancora la sua strada

Autocritica e accuse di frode convivono nell’opposizione venezuelana, pesantemente sconfitta nelle elezioni regionali di domenica. Alla vigilia, i sondaggi davano il governo quasi per spacciato, con un’approvazione tra il 17 e il 22,3%. La crescente rassegnazione popolare faceva prevedere un’astensione record, ma le cifre della giornata parlano di un buon 61% di partecipazione – ben oltre il 54 % delle regionali 2012 – e di una vittoria del Psuv al governo attestatasi al 54%, con la conquista di 18 Stati contro 5 all’opposizione, anche se con la perdita di due Stati rispetto ai 20 precedenti.

Come mai? Frode elettorale, secondo la Mud, il principale cartello dell’opposizione. Con la Commissione elettorale in mano al regime, non ci si poteva aspettare altro. Politici e candidati sconfitti hanno presentato come prova i conteggi di seggi non concordanti con gli atti elettorali. Eclatante il caso dei risultati preliminari nelle Amazonas, con la somma dei suffragi superiore al 105% degli elettori. A più di un milione di elettori – guarda caso in zone tradizionalmente all’opposizione – sarebbe stato impedito di votare, adducendo il non funzionamento della tecnologia per registrare i voti. Segnalati anche seggi mai aperti, aperti in ritardo o spostati ore poco prima della giornata elettorale, doppi voti di cittadini con due carte d’identità, impedimenti alle verifiche dei delegati della società civile e l’annullamento di 90.537 voti a favore di candidati sconfitti nelle primarie, i cui nominativi non erano stati ritirati per indurre in confusione. Cittá Nuova ha saputo di numerose persone accompagnate a votare da dirigenti chavisti che controllavano il possesso della “tessera della patria” (i cui titolari sono gli oltre 13 milioni di assegnatari delle politiche sociali. Di fatto, un’equivalente dell’affiliazione al partito). Dopo il voto, un pacco di alimenti. Agli “squallidi” (i non chavisti sono così apostrofati abitualmente), logicamente, nulla.

Ma nell’opposizione c’è anche chi si concentra sui propri errori. La mancanza di unità è la colpa capitale. La Mud non solo si è divisa tra astensionisti e partecipazionisti – il che ha diminuito le possibilità di vittoria di candidati di debole consenso o le ha pressoché azzerate quando non si è giunti neppure a questo – ma anche tra chi ha giocato per la squadra e chi ha cercato una proiezione personale verso le presidenziali 2018. Il dito è puntato su Henry Ramos Allup, ex presidente del Parlamento e appartenente a Acción Democrática (Ad), unico vero partito tradizionale superstite. Ad ha peraltro conquistato quattro dei cinque Stati vinti dalla Mud. Se è stata una vittoria di Pirro, il tempo lo dirà.

Per l’economista e analista politico Michael Penfold, se era certa la mancanza di trasparenza nei conteggi, l’opposizione ha peccato di frammentazione, mostrandosi disunita di fronte alla sconfitta. Ed ora il presidente Maduro vuol capitalizzare quello che un settore “dissidente” della Mud aveva segnalato come errore: essersi presentati alle elezioni, perché con ciò si legittimava il processo incostituzionale promosso dal governo. L’aveva avvertito anche il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani, Luis Almagro, acerrimo critico del regime: «Qualsiasi forza politica che accetti di partecipare a un’elezione senza garanzie istituzionali si trasforma in uno strumento essenziale della possibile frode». Maduro ha già minacciato i governatori eletti: «Chi non giura davanti alla Costituente e non vi si sottometta, non potrà assumere l’incarico», quando la legge obbliga a giurare davanti ai Parlamenti regionali.

Ma se la Mud non avesse dato battaglia, il chavismo oggi non avrebbe più nessun contrappeso, ribattono altri. Di certo, l’opposizione ha perso molto della fiducia dell’elettorato, e ora si chiama a raccolta. Leader come Leopoldo López ed Henrique Capriles hanno finora mantenuto un basso profilo. Anche perché «chi non è facilmente controllabile viene incarcerato», come afferma un analista di mercato e attivista che preferisce rimanere anonimo. «Rabbia e frustrazione si impadroniscono sempre di più della gente… Gli unici elementi mancanti per la consumazione del socialismo reale sono il partito unico e la proprietà pubblica», conclude con disincanto. A suo avviso, è probabile un’altra ondata migratoria, anche perché l’inflazione potrebbe toccare il mille per cento, ed è già proibitivo arrivare a fine mese.

Appare così più difficile che mai sconfiggere un regime civico-militare difeso anche da generali restii a perdere i privilegi assicurati dal chavismo. Chi si ribella viene calunniato e incarcerato. Come il generale Baduel, comandante del salvataggio contro il tentato golpe a Chavez del 2002. Riuscirà l’opposizione a serrare le fila e riproporsi come un’alternativa convincente? E il governo, da parte sua, continuerà il suo gioco, usando la struttura statale e il tempo. E, se non accadesse nulla, per alcuni si profila un’altra presidenza “Chávez 2018”. Quella di María Gabriela, figlia del “comandante”.

     

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