Open Arms. Una partita a scacchi

Lo”scacco al re” è ben lontano nella diatriba a distanza tra gli Stati europei e le Ong. Guerre diplomatiche e controversie sull’accoglienza mentre al largo di Lampedusa, da 19 giorni, quasi cento migranti attendono. Sullo “scacchiere” i destini di vite umane. Ma più d’uno preme per rivedere il Trattato di Dublino

Ora la partita si sposta su un piano diplomatico. Una partita a scacchi tra gli Stati: Italia e Spagna si guardano a distanza e offrono soluzioni a metà. La vicenda della nave Open Arms va avanti, ormai, da 19 giorni.

La Spagna ha offerto un approdo (Minorca o Maiorca le possibili soluzioni), ma ora resta il problema del viaggio dei migranti, ormai allo stremo. Da alcuni giorni guardano a distanza Cala Francese ed il porto di Lampedusa, il grande promontorio con la Porta d’Europa. A ottocento metri dalla costa, si vede tutto, o quasi, ma l’approdo resta un miraggio. Il ministro italiano dei Trasporti, Danilo Toninelli, offre di scortare l’imbarcazione della Ong spagnola. Dalla nave fanno sapere di non avere mezzi sufficienti per affrontare altri tre giorni di navigazione, ma che soprattutto, la condizione dei migranti è ormai allo stremo. Toninelli, tornato protagonista da qualche giorno e, soprattutto, capace di voce autonoma rispetto a Salvini, ha offerto di effettuare il trasporto con navi della Guardia Costiera italiana. Dalla Open Arms affermano di preferire l’aereo e chiedono piuttosto di far sbarcare i migranti, tanto più che cinque Stati europei (Germania, Romania, Lussemburgo, Francia, Portogallo) hanno dato la loro disponibilità ad accogliere i migranti che si trovano sulla nave della Ong spagnola. Ma sullo sbarco nei nostri porti, il governo italiano non cede. Si teme che, come avvenuto in passato, la redistribuzione dei migranti si possa attuare solo in parte. La Spagna, d’altra parte, non ha gradito il pugno duro del governo italiano: le autorità iberiche pattugliano le acque antistanti le loro coste ed hanno salvato, nell’ultimo anno, circa 15.000 persone, il triplo di quanto abbia fatto l’Italia. La “linea dura” di Salvini & C., quindi, rischia di inasprire i rapporti. Nel frattempo, gli episodi si susseguono: dapprima lo sbarco autorizzato dei minori, poi dei migranti in cattive condizioni di salute, poi il tentativo disperato di varie persone di gettarsi in acqua per raggiungere la terraferma a nuoto. Tentativo vano: i migranti sono tornati sulla nave.

E la nave della Ong spagnola non è la sola. Preme anche la Ocean Vicking (nave di Medici senza Frontiere e Sos Mediterranée), con il suo carico di 356 migranti.

Tutto questo, mentre continuano gli sbarchi “solitari” di migranti provenienti dalla Libia: 108 ieri, altri 57 domenica. È l’assurdo di una situazione senza precedenti. Chi riesce a toccare terra autonomamente (tra mille rischi) sembra non costituire un problema per la propaganda anti-migranti. Poco clamore, poco o nulla si sa delle loro destinazioni.

Così come poco o nulla si sa del presunto naufragio di un’imbarcazione carica di migranti al largo della Libia. L’allarme è stato lanciato da Alarm Phone, il servizio telefonico di supporto per coloro che si trovano in difficoltà nel Mediterraneo, organizzato da volontari per Europa e Nord Africa. Via twitter, Alarm Phone ha annunciato di aver saputo da un pescatore del ribaltamento di un’imbarcazione con più di cento persone a bordo. Finora, però, nessun testimone oculare e nessun riscontro concreto per una delle tante news che si rincorrono nel tentativo di arrivare in Europa.

Sullo sfondo, l’Europa di Jean-Claude Junker che si appresta a lasciare la carica di presidente della Commissione europea alla nuova presidente eletta, Ursula Von der Leyen. Von de Leyen ha forse uno sguardo diverso rispetto al suo predecessore. Ha già annunciato, in uno con la sua elezione, di volere una riforma della Convenzione di Dublino e del regolamento oggi in vigore e, di conseguenza, della governance europea nel campo dell’immigrazione.

Tutto questo, senza dubbio, è una priorità. Gli Stati europei devono trovare una soluzione condivisa anche con i Paesi che hanno scelto una politica sovranista, come l’Italia o l’Ungheria di Orban. Non si può vivere di continue emergenze che, almeno nel Bel Paese, sembrano obbedire più a logiche di propaganda che a veri tentativi di risolvere il problema. Tanto più che l’Italia è spesso troppo assente alle riunioni europee dove si dovrebbe affrontare questo problema ormai più che decennale.

Qualcosa, dall’autunno, potrebbe cambiare. Ursula Von der Leyen ha fatto capire di voler prendere il pallino in mano. Nel frattempo, anche l’Italia attende la soluzione di una crisi politica, con modalità assolutamente anomale rispetto al passato. Mai come stavolta politica estera e politica interna sono correlate. E potrebbero aprire scenari molto larghi.

 

 

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