Numeri e umanità

Èstata un po’ una sorpresa sentire parlare recentemente degli assegni di incoraggiamento che verranno offerti dal governo italiano a studenti universitari che sceglieranno di iscriversi nelle facoltà di matematica, fisica o chimica. Nel giorno in cui è stata data la notizia, il telegiornale riportava interviste ad alcuni giovani a proposito della matematica, e si sono sentite parole che sottolineavano la difficoltà della materia, considerata troppo arida, astratta, e lontana dalla vita. Tutt’altra l’impressione che ci si porta con sé dopo la lettura del libro da poco uscito all’Università degli Studi di Torino su Francesco Faà di Bruno (Francesco Faà di Bruno. Ricerca scientifica, insegnamento e divulgazione a cura di Livia Giacardi, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino 2004). Inoltrandosi nelle vicende umane della carriera di Faà di Bruno, assaporando il suo amore per la matematica e la sua passione di portare le nuove conoscenze della sua epoca alla massa del popolo, il lettore viene man mano coinvolto ed esce con lo spirito allargato, arricchito, più umano di prima , verrebbe da dire. Ad essere onesta, non mi è stato subito facile addentrarmi in questo spesso volume, di veste un po’ arida e col sapore iniziale di una tesi di studio, con la sua precisione quasi meticolosa nell’esporre i dati storici. Il tomo (671 pagine!) mi era stato presentato da un amico perché anch’io, come Faà di Bruno, ho l’avventura di occuparmi di matematica. Ma venendo da un altro continente e da un’altra cultura lontana dal contesto torinese di Faà di Bruno, all’inizio mi chiedevo fino a che punto mi avrebbe toccata personalmente. Il libro, infatti, come annuncia l’attuale rettore dell’ateneo torinese Rinaldo Bertolino nelle pagine di presentazione, ha lo scopo principale di valorizzare l’opera scientifica e l’insegnamento universitario di Faà di Bruno, descritto da lui come uno dei più poliedrici docenti della nostra Università. In questo senso la raccolta di saggi sul matematico torinese da parte di esperti di vari campi di ricerca, nonché la ricca appendice (più di metà del libro) che contiene la corrispondenza di Faà di Bruno anche con eminenti matematici dell’epoca come Cauchy, oltre a documenti, cronologia e bibliografia, raggiunge in modo eccellente lo scopo, anche per la preziosa opera della curatrice del volume, la professoressa Livia Giacardi. Il volume però, come afferma Bertolino, non si rivolge solo al mondo accademico , ma vuol attrarre l’attenzione di un più ampio pubblico di lettori interessati alle proprie radici culturali. Ed è proprio questa la scoperta sorprendente che si fa proseguendo nella lettura del testo. Entrare, attraverso le vicende di un uomo di scienza, matematico, laico impegnato (solo verso la fine della sua vita viene ordinato sacerdote), nell’evolversi della storia della cultura scientifica torinese e italiana dell’Ottocento non solo fa penetrare di più nelle radici culturali di un luogo e di un popolo particolare, ma anche più profondamente nell’anima umana, vero sfondo di ogni espressione di cultura. Certo Faà di Bruno era un uomo straordinario: non per niente a cento anni dalla morte è stata avviata la sua causa di beatificazione. Ma come moltissimi altri santi, ha vissuto la straordinarietà della sua fede e della sua umanità nella vita concreta di tutti giorni: come professore che stentava ad essere riconosciuto nel mondo accademico perché uomo credente che operava in un ambiente fortemente secolarizzato; e come promotore coraggioso di un processo di divulgazione scientifica che ha precorso i tempi. Faà di Bruno era convinto infatti che la scienza realizza un reale progresso solo quando la sua verità diventa accessibile al maggior numero di persone, ed egli ha perseguito questa causa con costanza ed ingegnosità. Non solo, ma intuendo la deriva anti-religiosa delle scienze moderne, non tanto come fenomeno riguardante il mondo degli scienziati, ma come momento cardine di un processo di secolarizzazione culturale, affermava invece con tutte le forze il valore positivo-umano dello sviluppo scientifico, dimostrando che esso non è incompatibile, ma anzi consonante con la fede vissuta. Anche per questa fiducia nella complementarietà di fede e scienza la figura di Faà di Bruno è più che mai attuale. Peraltro, sapeva integrare studi rigorosi, opere caritative, e l’impegno nella divulgazione scientifica in modo che tutto si compenetrava, arricchendosi e vivificandosi a vicenda. Ma torniamo alla matematica. Perché pur essendo meteorologo, inventore e architetto, Faà di Bruno era, in quanto uomo di cultura, prima di tutto matematico. Secondo lo studioso, se le varie scienze hanno il ruolo elevato di proclamare e difendere i princìpi d’unità, di libertà, di giustizia e di fede, alla matematica spetta il compito di fornire il princìpio di unità e di ordine a tutto ciò, essendo essa il riassunto finale, l’espressione concisa, l’essenza delle altre scienze. Alcuni mesi fa, nell’editoriale su Avvenire, Giuseppe Longo si chiedeva se la fisica e la matematica fossero cultura (Ma la fisica e la matematica sono cultura?, 21 luglio 2004) affermando che la conoscenza non è cultura se non coinvolge la parte più vitale e profonda dell’essere umano. Sono altri tempi rispetto all’Ottocento torinese di Faà di Bruno – lo sappiamo – ma l’anima umana è sempre quella. I fisici e i matematici odierni, se attenti agli impulsi dello Spirito Santo che è perennemente attuale, sapranno fare cultura anche loro. E forse, affascinati dal loro esempio più che da un sussidio dello stato, i nuovi studenti verranno.

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