Nulla avviene per caso

Voleva raccontarmi della sua vita. Lorenzo, una amicizia  che prosegue dopo la morte.
Illustrazione di Valerio Spinelli

Un amico, venuto per salutarmi, non riesce a trovare la mia abitazione. Qualcuno del posto lo aiuta e così, parlando parlando, prende avvio una certa conoscenza. Quando è da me, l’amico mi invita a conoscere quel signor Antonio che è stato così gentile. Mi dice che tutti i giorni passa per la mia strada perché va al cimitero alla tomba della moglie e che certamente l'avrò visto chissà quante volte.
Difatti vedo sempre passare un anziano per questa strada che porta al cimitero. L’età, l’aspetto corrispondono alla descrizione del signor Antonio. Non molto tempo dopo, trovandomi di fronte a quel signore, gli chiedo se è lui la persona che cerco. «No, sono Lorenzo, piacere di conoscerla».
Abbiamo occasione di salutarci altre volte e di scambiare qualche parola, poi altre. Parliamo della vita, della città, delle gioie, dei dolori. Prima di Pasqua mi preparavo per un viaggio fuori Italia. Lorenzo, sapendo della mia passione per le storie di vita vissuta, mi dice: «Ho pensato di scriverti la mia avventurosa vita, così mi conosci. La nostra sarà una lunga amicizia perché il modo insolito in cui ci siamo incontrati mi dice che non è per caso. Nulla avviene per caso».
Dall’aeroporto di Roma, il mercoledì della Settimana Santa, lo saluto prima di imbarcarmi. Lorenzo si accerta di quando torno e mi ricorda che mi attende per iniziare a raccontarmi la sua vita. Gli scrivo un messaggio la vigilia di Pasqua. Nel giro di pochi minuti squilla il cellulare che mostra il nome di Lorenzo. Lo accolgo con gioia. «Non sono Lorenzo, sono il figlio. Mio padre è morto ieri, venerdì». Chiedo altre informazioni.
La notizia mi arriva mentre stavo sotto un albero di amarene in fiore per fotografare tanta bellezza. Quella bellezza sigilla una serie di domande senza risposte. Penso alla "lunga amicizia", alle parole non ancora dette. Mi chiedo il senso di ciò che accade…
 
Sono ancora fresche le parole di Lorenzo: «Niente avviene per caso. Tutto ha un senso anche se non sappiamo leggerlo. La nostra storia è segnata dallo stupore che proviamo davanti alle combinazioni della vita».   
Tornato in Italia, subito dopo Pasqua, non trovo neanche un manifesto, un necrologio che mi dicano di Lorenzo. Un amico che ha una boutique di abbigliamento per uomo e conosce bene tutti gli abitanti del piccolo comune dove abito, mi racconta qualcosa di Lorenzo. Vengo a sapere che nonostante avesse una famiglia, viveva in una casa di riposo. Poi un altro conoscente mi parla di un uomo ricco, di famiglia nota, che per tracolli finanziari era finito allo stipendio di un piccolo impiego. Altri mi parlano di dissapori familiari che avevano portato alla feroce decisione che il padre si allontanasse. Qualcuno mi racconta che per vedere la figlia che cantava in un coro Lorenzo si mescolava alla folla…
Mentre si compone la storia di Lorenzo, mi rendo conto che il suo desiderio di raccontarmela si sta realizzando in un modo come lui non avrebbe saputo fare. Il mio stupore si rinnova quando un episodio che mi viene raccontato mi fa capire il senso di qualche parola detta dall’amico: «Ci sarebbe stata occasione di stare in una casa di accoglienza in altra città, ma le mie radici sono qui, non posso allontanarmi».

Lorenzo mi aveva chiesto della mia vita ed era interessato a sapere dei luoghi fuori Italia dove ho vissuto. Anche perché in Romania lui aveva tentato di aprire un bar. «Erano i tempi del sospetto. Ogni dittatura si regge sul sospetto. Eppure devo confessarti che mi fa più paura la spavalda arroganza di certi politici che la pressione di dittatori che vogliono realizzare un certo programma. Vorrei fare una scuola di parole nuove, quelle che restano anche dopo le cangianti stagioni della vita».      
Il grande senso della giustizia dimostrato da Lorenzo mentre era alla dirigenza di una certa istituzione, il suo non volersi mescolare in acque torbide, l’amore per la sua terra e per la sua storia, la conoscenza di tutti gli abitanti («Mi ero accorto che eri un volto nuovo, io li conosco i miei concittadini»), tutto si pone come premessa di una storia che comincia a essere raccontata.

L’ultima volta che ci siamo visti è stato in occasione di una Via Crucis che si svolgeva al cimitero, dove artisti del luogo hanno dipinto le varie stazioni. Mi aveva dato appuntamento un’oretta prima dell’inizio del rito. Così mi aveva mostrato dove riposano i suoi morti, mi ha parlato della gente che conosceva, della mamma di un suo compagno di giochi morta giovane. Tutta la storia scritta sulle lapidi. «Sai, Tanino, la vita è un pacco chiuso. Credi di sapere cosa c’è dentro. Ti sbagli sempre: le speranze deformano la visione della realtà. Ormai, dopo aver passato i settant’anni, ti posso dire che, superate le stagioni degli amori, rimane soltanto una certezza: un amore che è radice di tutti gli amori. E questo ti fa vedere le persone, i luoghi, le grandi gesta dell’ultimo politico con un occhio che ancora non avevi. Come il bambino che comincia a vedere, a riconoscere. Eppure posso dirti, ma spero di sapertelo scrivere, che la realtà è ancora più bella dei sogni. Quello che non mi fa soccombere è la certezza che questo amore ci riunirà e ci salverà tutti insieme».

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