Non esistono bambini degli altri a Beslan

Dolore, sconcerto, recriminazioni, desiderio di vendetta dopo la strage nella scuola. E Putin minaccia di alzare il livello dello scontro nel Caucaso. Serve capire le ragioni del conflitto
I bambini della scuola di Beslan

Il contributo di Eduardo Guedes

«Vogliamo fare vedere che non ci possono spaventare», mi dice Igor, venuto con la sua amica alla manifestazione contro il terrore tenuta accanto alle mura del Cremlino. Il tema si ripete in tanti cartelloni: "Non ci spaventano", "No al terrore". Certo che il ripetersi di frasi uguali in cartelloni tutti con lo stesso formato sottolinea che manifestare spontaneamente in piazza non fa parte delle abitudini russe, e che la protesta contro il terrore è stata organizzata dall'alto. Eppure, tanti di quelli che sono scesi in piazza hanno certamente voluto reagire all'atmosfera pesante lasciata dagli avvenimenti. Quando poi il discorso diventa più pacato attorno al tavolo di cucina – il luogo per le confidenze in Russia – si capisce che per vincere la paura ci vuole ben altro che qualche slogan.

Mi trovo spesso a pensare, per strada, nella metropolitana: «Adesso ci potrebbe essere qui un attentato», confessa Grigori, che ammette di percepire quanto la gente sia spaventata. Nella metro le persone si guardano ancora più in silenzio del solito. Si sa bene perché. In dieci giorni, il terrorismo ha colpito cinque volte, facendo esplodere due bombe a Mosca, abbattendo due aerei, e provocando la più grande strage d'ostaggi mai avvenuta. Le reazioni della classe politica tradiscono spesso smarrimento e, qualche volta, un certo opportunismo. Da un progetto di legge municipale per limitare l'ingresso a Mosca di alcune etnie, ad un irrigidimento della legge sulle migrazioni, proposta da alcuni deputati della Duma di stato, le soluzioni sembrano aver poco a che fare col fenomeno del terrorismo.

Sergej Glazev, uno degli esponenti della sinistra nel parlamento russo, propone che si reintroduca la pena di morte per casi di terrorismo. Anche se la proposta troverebbe un ampio appoggio popolare, non si capisce che utilità potrebbe avere quando spesso si ha a che fare con attentati commessi da kamikaze. La destra liberale, che non ha voce in parlamento, parla attraverso il Comitato 2008 – scelta libera e accusa il potere di abulia, debolezza, inganno, incompetenza e corruzione. Ma tra le prime misure politiche che s'intravedono, la più probabile, dopo la tragica estate di quest'anno, è che il Servizio federale di sicurezza (Fsb) vedrà le sue competenze allargate.

La tragedia di Beslan ha sconvolto la Russia ed il mondo. Oltre al numero spaventoso di morti e feriti, ci rimangono nella mente le scene di quei bambini svestiti, spaventati e, in qualche caso, feriti che scappavano dalla loro scuola diventata campo di battaglia. Sono seguiti i dettagli delle tragedie delle famiglie i cui bambini non hanno avuto possibilità di scampo. La domanda Come si sarebbe potuto evitare? sembra restare senza risposta. La situazione è sfuggita di mano, costringendo le truppe russe, comprese le divisioni speciali Alfa e Vimpel, ad un intervento caotico, che è costato la vita anche a non pochi soldati. L'Ossezia del nord è stata ancora una volta la vittima di una guerra che non ha provocato.

Non è senza fondamento che Vladimir Putin, nel suo breve discorso, dopo essere tornato da una visita notturna agli ospedali osseti, ha parlato della necessità di controllare la situazione nel Caucaso del nord. Oltre al fatto che la Cecenia sta esportando una guerra che si vuole far tacere al suo interno, ci sono vari altri focolai di tensione etnica nella regione. Nell'autunno del 1992, il conflitto tra ingusci e osseti ha assunto forme molto violente, e lo spargimento di sangue è stato interrotto solo dall'intervento delle forze federali. La tragedia di Beslan può riaccendere vecchi odi, e mentre ancora si svolgevano i funerali nella martirizzata cittadina, già si sentivano circolare voci di vendetta contro gli ingusci, aizzate da un dolore che non trova spiegazione. Putin riconosce che le tensioni emerse dopo il crollo dell'Unione Sovietica sono il risultato della dura repressione da parte dell'ideologia dello stato con cui si affrontavano i conflitti etnici a quei tempi. Ma, a giudicare dalle parole del presidente, il Cremlino starebbe cer-cando oggi paradossalmente la soluzione nella stessa direzione. Quasi certamente aumenterà la presenza militare nel Caucaso del nord, e crescerà il controllo su ogni movimento di cittadini ceceni e forse ingusci. Il governo russo ha già proposto di cambiare la finanziaria per aumentare il budget per la sicurezza.

La maggior parte degli osservatori pensa che dopo Beslan il regime di Vladimir Putin diventerà ancora meno tollerante. Secondo il presidente russo, la colpa di tutti i mali sta nel fatto che la Russia ha mostrato debolezza. Le conseguenze si possono dedurre. In nome della guerra contro il terrorismo, ci sarà meno spazio per le voci discordanti, più controlli della polizia e, probabilmente, una politica estera più sostenuta. Putin insiste nel fatto che il nemico non è il separatismo ceceno ma il terrorismo internazionale, lo stesso che ha buttato giù le Torri di New York, ed ha fatto esplodere i treni a Madrid. Per questo il Cremlino tira fuori di nuovo le accuse ad alcuni paesi occidentali di fare il doppio gioco, perché mentre insistono sul dialogo con le forze separatiste moderate della Cecenia hanno dato asilo politico a figure come Akhmed Zakaev e Ilias Akhmadov, che Mosca considera quanto meno complici dei terroristi.

La ricerca di una soluzione politica della questione cecena è già in corso, secondo il Cremlino, e passa per la costituzione di organi di potere locali, fedeli a Mosca, ma che possono esibire la loro legittimità davanti a tutto il mondo. D'altra parte alcuni esperti ritengono che possano essere state proprio le recenti elezioni presidenziali in Cecenia l'avvenimento che ha fatto partire l'ondata d'attentati. Ma oltre a sentimenti d'odio e all'esigenza di misure forti, il dramma della scuola dell'Ossezia ha anche generato una grande catena di solidarietà sia a livello interno che internazionale. I posti di raccolta di sangue hanno dovuto chiedere alla gente, attraverso i massmedia, di non venire più, perché avevano raggiunto la saturazione. Si sono moltiplicate le iniziative di raccolta di medicine, giocattoli, vestiti. Si sono succeduti spettacoli di beneficenza, donazioni, e raccolte di fondi. Nel toccare i bambini si è toccato un qualcosa di molto speciale nella sensibilità dei russi. In Russia si dice infatti che non esistono bambini degli altri. La tragedia di Beslan è arrivata davvero in tutte le case.

Per capire le ragioni del conflitto tra Ossezia del Nord e Inguscezia

Il conflitto tra l'Ossezia del nord e l'Inguscezia, che è degenerato in guerra nell'autunno del 1992, ha avuto come cause prossime una disputa territoriale che risale ai tempi di Stalin. Quando è stata deportata in Siberia la popolazione della Repubblica della Cecenia-Inguscezia, nel 1944, accusata di aver sostenuto l'invasore tedesco, Mosca decise allora di assegnare all'Ossezia il territorio di Prigorod. Dopo la riabilitazione di ceceni e ingusci nel 1957, quel territorio è rimasto, sempre per decisione centrale, integrato nell'Ossezia. La disputa non è mai stata risolta in forma chiara. La situazione si è aggravata con l'onda di profughi dell'Ossezia del sud, per via della guerra tra osseti e georgiani. Gli ingusci hanno provato ad espellere gli ossetini da Prigorod, e come risposta le forze armate dell'Ossezia del nord, aiutate da quelle dell'Ossezia del sud hanno fatto una pulizia etnica del territorio e quasi 40 mila ingusci hanno dovuto scappare. Il conflitto armato è finito solo con l'arrivo delle forze di Mosca, ma la questione di Prigorod non è risolta.

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