Musica, non bullismo

Tre giorni di workshop a Genova col Gen Rosso per essere “forti senza violenza”.
Gen Rosso

Francesco è un ragazzo genovese sordomuto. La sua è una vita fatta di poche parole, magari scritte ma non pronunciate né sentite. Per lui non ha senso ascoltare un concerto, nemmeno andare in discoteca… Quale il ritmo da seguire? Quale la musica da applaudire? È una realtà di fatto. È una realtà della sua quotidianità con la quale ha imparato a convivere, ricercando in altri luoghi momenti di svago e di divertimento da trascorrere con gli amici.

Una realtà che improvvisamente si rovescia. Francesco è seduto in prima fila nel palasport Vaillant Palace del capoluogo ligure. Per la prima volta sta per assistere ad un musical. Potrà seguire tutti i dialoghi e i testi delle canzoni perché saranno proiettati su una parete posta esattamente dinanzi a lui. Nessuna invenzione particolarmente sofisticata: un semplice proiettore collegato ad un computer consentirà a lui ed altri suoi amici aventi la stessa difficoltà di sperimentare per la prima volta un’emozione mai prima provata. È accaduto a Genova in occasione dello spettacolo Streetlight. Sul palco ancora un’altra novità: oltre ai membri del gruppo musicale Gen Rosso, i protagonisti dello spettacolo sono anche 250 studenti delle scuole superiori della “Superba e Dominante dei mari”.

 

Federico, Martina, Nicolò, Carmen e così via. Sono alcuni dei loro nomi. Il nostro incontro avviene di lunedì, ore 8. Tutti pronti per iniziare tre giorni di workshop promossi dal Gen Rosso. Dalla danza alle percussioni, dal teatro alle luci, dal suono al coro, l’obiettivo è lavorare per mettere in scena la storia di Charles, un ragazzo afroamericano di Chicago che ha dato la vita per portare avanti nel suo ghetto il messaggio della pace tra neri e bianchi.

I laboratori sono numerosi e i prof si rivelano subito veri compagni di viaggio desiderosi di donare un po’ della loro esperienza e dei trucchi imparati nel corso degli anni. Ad un primo sguardo si coglie subito la differenza rispetto ad altre strutture e metodologie di apprendimento: in questo caso si è tutti sullo stesso piano, l’esperto non è chi la sa più lunga sul problema da risolvere, ma chi coinvolge il gruppo perché ogni passo da fare o meno sia espressione della collettività. Appare quasi un’avventura, eppure è sorprendente come artisti e giovani stiano al gioco, il ruolo di ognuno è indispensabile per comporre il mosaico.

E sul palco tutti protagonisti. Non tutti allo stesso tempo, naturalmente. Tutti, però, con la propria performance, pronti a trasmettere al pubblico la stessa atmosfera vissuta nei giorni precedenti. Una sfida, eppure si compie. Ognuno ha fatto la sua parte sul palco e dietro le quinte. Dinanzi un pubblico di tremila persone festoso e soddisfatto. Artisti, professionisti e principianti hanno trasmesso non solo la bellezza di uno spettacolo, quanto piuttosto della vita. Francesco esulta, è contento.

 

La serata trascorsa al Vallaint Palace qualche settimana fa – così come i tre giorni di workshop con i ragazzi genovesi – è una delle tappe del progetto “Forti senza violenza” nato per trovare ipotesi di soluzione al problema del bullismo e del disagio giovanile nelle scuole. Si tratta di un progetto che vede sinergia e collaborazione tra scuole e associazioni che promuovono valori positivi. Non è una pura coincidenza che a coordinare il tutto sia il “Comitato Alberto Michelotti e Carlo Grisolia”, sorto proprio dopo la morte di due ragazzi genovesi – Alberto e Carlo appunto – che hanno vissuto, fra di loro e con i loro coetanei, una storia di amicizia, aperta ed alimentata da un obiettivo comune: portare a tutti il dono dell’ideale del mondo unito e della fraternità universale. La loro è una storia che a distanza di trenta anni, ha ancora da trasmettere qualcosa, “grida” valori veri e universali.

 

Dai partecipanti al workshop:

«I ragazzi e i professionisti stanno provando sul palco; io, invece, preferisco non assistere alle prove, voglio tenermi la sorpresa per stasera. Sono sicura che tutto andrà per il meglio e noi torneremo a casa orgogliosi di questa esperienza… con chissà quale adrenalina provata per aver vissuto momenti così magici… Sai, qui ho capito che anch’io ho qualcosa di speciale da dare».

Francesca Cerbone

 

«È l’ora della pausa. Nei corridoi i ragazzi passeggiano con la merenda in mano. Al primo piano, però, il gruppo di canto sta ancora provando. Non si tratta di un castigo, anzi. Se ci si affaccia alla porta della stanza, non serve un occhio esperto per capire al volo che i ragazzi si stanno divertendo. La musica sparge un’atmosfera di felicità, che sfonda le porte e raggiunge l’animo di chi osserva».

Carmen Ottonello

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