L’undicesimo comandamento

Va in onda il venerdì sera alle 21.00 su Arturo, la nuova tv satellitare ricevibile al canale 138 di Sky.
Claudia Koll

Arturo è la nuova tv satellitare del gruppo Sitcom, ricevibile al canale 138 di Sky. È qui che va in onda L’undicesimo comandamento il venerdì sera alle 21.00. “Undicesimo” perché «ama il prossimo tuo come te stesso» è una delle frasi più significative della Bibbia, pur non rientrando nel decalogo di Mosé. Attorno a questo concetto parte il racconto del programma realizzato in collaborazione con la rivista Vita e dedicato a tante storie di ordinaria solidarietà.

In studio ci sono Claudia Koll e Riccardo Bonacina. Quest’ultimo è anche coautore della trasmissione insieme a Tamara Pastorelli. È lei che ci racconta la novità del programma: «L’undicesimo comandamento non è il primo programma al mondo che si occupa del sociale, ma lo fa partendo dalle storie della gente per trasmettere una speranza, il primo messaggio che i nostri protagonisti comunicano».

 

vivi il “dietro le quinte” di questo programma?

«È impegnativo, ma mi sento a mio agio. Personalmente, ero abituata a raccontare il mondo dall’occhio della viaggiatrice. Quando ho cominciato a lavorare a L’undicesimo comandamento si è rivoluzionato tutto il mio modo di lavorare. Non puoi rendere in video una storia magari drammatica, scovarne la speranza, senza metterti in gioco tu stessa per prima».

 

Questo mettersi in gioco cosa comporta per il lavoro di un autore?

«È un approccio diverso, bisogna dimenticarsi di sé stessi per mettersi nei panni dell’altro, per capirlo e fargli dire le cose più profonde che ha dentro. E poi significa svolgere un grande lavoro di ricerca di quelle realtà magari piccole, sconosciute ai più, ma che costituiscono il tessuto sociale del nostro Paese. In questo primo ciclo di puntate abbiamo parlato di carceri, di volontariato, di bambini e di anziani».

 

Come dice il vostro slogan, raccontate storie di sfide e di ferite, di fango e di luce. Di speranza…

«È vero. La prima speranza viene dal fatto che la gente che ho incontrato, pur nella sofferenza, è sempre felice, realizzata. È un fatto che induce a riflettere, perché vuol dire che lavorare per gli altri ha un senso che va al di là del tangibile. Penso sia uno dei compiti della tivù di oggi poter trasmettere a tante persone tutta questa vita che c’è».

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