L’Italia e il disastro in Yemen

«La più grave crisi umanitaria al mondo» secondo l’Onu sta colpendo lo Yemen, dove divampa il colera provocato da una guerra alimentata anche da bombe che partono dal nostro Paese. Appelli inascoltati al Parlamento per lo stop immediato, mentre Iglesias si dichiara città di pace e chiede la riconversione economica
Hani Al-Ansi/picture-alliance/dpa/AP Images

A fine di luglio, il tradizionale dono del ventaglio ai presidenti delle due camere e della Repubblica da parte della stampa parlamentare, annuncia che il tempo sta per scadere. La cerimonia introdotta scherzosamente alla Camera nell’afa del 1883, mentre i deputati discutevano dello scandalo della Banca Romana, esprime il desiderio di una pausa anche se il mondo va avanti lo stesso.

Come riporta l’Ansa uno dei deputati sardi, l’ex presidente della Regione Mauro Pili ha denunciato un carico di 130 mila chili di esplosivi che sarebbero in viaggio verso lo stabilimento della Rwm Italia, la società che invia, con tanto di autorizzazione legale, bombe destinate all’aviazione saudita impegnata dal marzo 2015 nella guerra in Yemen. Nel Paese del Golfo Persico «è in corso la peggiore epidemia di colera del mondo all’interno della più grande crisi umanitaria al mondo».

Sembrano affermazioni esagerate: ma si tratta invece della denuncia comune di tre agenzie Onu (Unicef, Oms e Wfp) rilasciata il 27 luglio 2017, precisando che «negli ultimi tre mesi sono stati registrati 400 mila casi sospetti e mille e 900 morti» che si registrano in «un Paese, colpito dalla malnutrizione e dalla fame». Come afferma Oxfam, «Senza un immediato “cessate il fuoco”, è sempre più difficile soccorrere 19 milioni di persone allo stremo. Più di metà delle strutture sanitarie sono distrutte». Nessuna iniziativa internazionale si intravvede all’orizzonte per fermare l’atrocità in corso.

Molto rumore ha fatto la notizia del voto della Camera a favore della riduzione del vitalizio riconosciuto ai parlamentari. Un segnale visto con favore da molti. Eppure i rappresentanti del popolo hanno un privilegio che non dovrebbero dismettere ma rivendicare con orgoglio: quello di votare secondo coscienza l’arresto immediato di ogni carico di armi destinate ai Paesi in guerra. Lo afferma una legge della Repubblica (la legge 185/90) invocata dal voto unanime del consiglio comunale di Iglesias, la città sarda chiamata ad esprimersi sulla richiesta di un’ulteriore espansione della Rwm – azienda controllata dalla Rheinmetall defence, società che ha la sede centrale in Germania, Paese che rispetta paradossalmente il mandato di non inviare armi all’Arabia Saudita.

Come ha affermato un comunicato del Movimento dei Focolari Italia, «l’assenza di una politica industriale sembra obbligare ad accettare le strategie di chi decide di investire in Italia, anche se utilizza il nostro territorio per compiere azioni che non si permette di fare a casa sua». Invece, la scelta di Iglesias di dichiararsi città luogo di pace chiedendo l’impegno di tutti a una riconversione economica, è un messaggio di vitalità della Costituzione della “Repubblica democratica fondata sul lavoro e che ripudia la guerra”; perché come diceva nel 1955 Piero Calamandrei, «la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove; perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità».

Rischiano così di chiudersi le porte del Palazzo di Montecitorio ignorando l’appello che arriva dallo Yemen, da Iglesias; nonché dai continui circostanziati e puntuali inviti che partono congiuntamente da Amnesty International, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari, Oxfam, Rete della Pace e Rete Italiana per il Disarmo. L’affollata conferenza stampa del 21 giugno e  l’ultimo comunicato del 27 luglio chiedono al Governo «il coraggio cambiare linea e decidere una strada diversa per sforzi reali di pacificazione dello Yemen», e al Parlamento di votare  tutte le mozioni già presentate (Marcon ed altri, Corda ed altri) e che si vorranno presentare per arrivare alla sospensione dell’invio di materiali militari utilizzati per la guerra in Yemen, Paese dove secondo l’Unicef «l’80 per cento dei bambini ha immediato bisogno di assistenza umanitaria».

Anche la trasmissione di Radio tre “Tutta la città ne parla” ha messo a tema la questione Yemen invitando a parlare Arnaldo Scarpa, uno dei portavoce del comitato della riconversione della Rwm. Assieme a lui c’erano altri ospiti tra i quali il direttore della Rivista italiana di difesa, che ha offerto molti dati che confermano l’impegno dell’Italia nel settore della difesa – cioè delle armi – con le conseguenti ricadute occupazionali; precisando poi che il materiale inviato dalla Rwm non sono bombe, ma componenti delle stesse. Affermazioni che hanno suscitato reazioni negative e ironiche sul sito della radio culturale della Rai.

Si tratta di una minoranza elitaria? Oppure di un senso comune diffuso? Molte volte, si deve riconoscere, la conoscenza non conduce ad una presa di posizione decisa e continua. Allora si pone la questione se l’indifferenza che sembra esprimere il Parlamento italiano attuale verso «la più grande crisi umanitaria al mondo» non sia altro che lo specchio di un Paese in trance. Il segnale che arriva da Iglesias, tuttavia, ci dice che è possibile svegliarsi dal sonno.

 

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