L’India di fronte al conflitto Russo-Ucraino

La prospettiva con la quale l’India guarda al conflitto in Europa non è quella europea e statunitense. L’India affronta la questione con un tipico approccio asiatico, in attesa degli avvenimenti, con molta attenzione a non opporsi a Mosca, partner da più di 70 anni, e mantenendo con prudenza le distanze dall’Occidente.
(AP Photo /Mahesh Kumar A.)

La narrativa della guerra ci sta bombardando e assordando e, con tutta probabilità, anche confondendo. A fronte dell’immane tragedia, come è ogni guerra, non si può negare che quella che viviamo in diretta (sic!) ormai da quaranta giorni è entrata non solo nelle nostre case, ma nel nostro immaginario, soppiantando un’altra immane tragedia come la pandemia che, solo nel nostro Paese, ha fatto 160 mila vittime in poco più di due anni.

Quello che colpisce del conflitto Russo-Ucraino è quanto e come se ne parli, sullo sfondo di decine di altri conflitti attualmente in corso di cui poco si sa e dei quali, comunque, non si è vissuto tutto in diretta come sta avvenendo in queste settimane per quello europeo. Ho apprezzato, in queste sere, il tentativo – forse anche realizzato con altre intenzioni – di un talk show serale che ha brevemente ed assai velocemente mostrato agli italiani come lo stesso conflitto venga presentato in altre parti del mondo. Varrebbe la pena approfondire il discorso, ma soprattutto, sarebbe utile per il nostro pubblico italiano – e anche per quello europeo – sentire altre versioni.

In Europa, e anche nella nostra Italia, per esempio, non si capisce una posizione come quella dell’India che – insieme alla Cina – ha deciso di astenersi nella votazione Onu di condanna della guerra. Tanto meno si comprende che Nuova Delhi, nei giorni scorsi, abbia accolto il ministro degli esteri Sergej Lavrov per colloqui cordiali e di reciproco interesse. In effetti, l’India, come del resto la Cina, sia pure per motivi diversi, affronta la questione con il tipico approccio asiatico, in attesa degli avvenimenti e, soprattutto, con molta attenzione a non opporsi a Mosca.

Dobbiamo tener presente che nei trascorsi storici post Seconda Guerra Mondiale, che per il sub-continente indiano significa post-indipendenza, l’India ha sempre avuto un rapporto di vicinanza e simpatia con Mosca. Il socialismo del Pundit Nehru, primo leader dell’India indipendente, è sempre stato più vicino all’economia di stato sovietica che a quella di mercato americana o occidentale. L’India si è aperta all’economia di mercato, diventando, poi, uno dei Paesi capaci di cavalcare al meglio i processi della globalizzazione, solo a partire dalla prima metà degli anni Novanta del secolo scorso, quando l’allora ministro dell’economia e delle finanze Manmohan Singh – poi diventato Primo Ministro – diede vita ad una riforma accorta e risoluta al tempo stesso, cambiando completamente l’impostazione del Paese.

Nel frattempo, negli anni Cinquanta e Sessanta, con la nascita dei Paesi non-allineati, di cui Nehru era stato un fondatore con lo yugoslavo Tito e il leader egiziano Nasser, l’India si era avvicinata alla Russia, pur mantenendo un equilibrismo geopolitico accorto e interessato. Indira Gandhi stessa non aveva mai nascosto la sua vicinanza a Breznev. Fra India e Russia, quindi, da sempre c’è stato un feeling che non si può ignorare in una situazione come quella che stiamo vivendo.

In questo periodo, il governo Modi non si é esposto in maniera chiara sulla questione del conflitto, se non nell’astensione – già di per sé segnale molto chiaro – in sede Onu in occasione della risoluzione di condanna dell’invasione. Nelle settimane seguenti, Delhi è stata meta di incontri e di contatti con rappresentanti di vari Paesi. Alcuni hanno chiesto una marcia indietro sulla posizione di ‘astensione’ del governo Modi e altri hanno proposto a Delhi di non accelerare l’acquisto (o l’incremento di acquisto) di petrolio a prezzo scontato dalla Russia.

Un terzo approccio diplomatico ha tentato di scoraggiare il governo di Delhi dall’adottare il pagamento rupia-rublo, che avrebbe intaccato gli effetti delle sanzioni imposte dai Paesi occidentali a Mosca. Delhi si è abilmente mossa, come si sa fare in Oriente, senza mai rompere i rapporti con l’una e l’altra parte. In effetti, è innegabile che ha, comunque, accolto il Ministro degli Esteri russo in forma ufficiale e con incontri molto cordiali e aperti sia con il Primo Ministro, Narendra Modi, che con il titolare degli Esteri, Jaishankar, e quello delle Finanze.

Si tratta di segnali chiari: Delhi non intende cedere a pressioni esterne che spostino il suo baricentro verso la posizione di Stati Uniti e blocco Nato. L’India, come tutti i giganti asiatici, è molto sensibile riguardo alla propria indipendenza nel fare scelte di campo a livello internazionale, e non cede facilmente alla pressione né delle Nazioni Unite né della Nato. Preferisce mantenere distanze che permettano di tutelare interessi nazionali importanti, politici ed economici, ma anche geopolitici, avendo ormai grandi interessi in molti Paesi dell’Europa e negli Usa, oltre che in Asia e Africa.

Tutto questo traspare chiaramente nella narrativa del conflitto che si ascolta sui canali sia governativi che privati dell’Unione Indiana. Le tinte con cui si dipingono i protagonisti sono ben diverse da quelle di eroe-martire, da una parte, e di dittatore-mostro, dall’altra, che emergono invece in Occidente. E non si crede a tutto quanto i nostri canali ed inviati affermano. Anche questo fa parte della tragedia della guerra. Perché la gente continua a morire: questa è l’unica cosa certa.

Il mondo sta a guardare e le prospettive sono diverse più di quanto si creda. La vera assurdità è la ferocia di una guerra, come delle tante altre dimenticate, che non si pensava possibile nel XXI secolo.

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