Liberi, uguali, in dialogo

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Quando si dice l’importanza dei rapporti personali. “All’ultimo minuto della giornata avevano la stessa energia del primo mattino. Pazienti con ciascuno, un sorriso per tutti, molto attivi e completamente dedicati agli altri, sempre attenti e pieni di gentilezze. Mi giravo intorno e vedevo costantemente questo. Mi hanno molto impressionato “. Eppure, Shaikh Abushuklaidem è una personalità navigata. “Ho partecipato a numerosi incontri interreligiosi, e so quanto sia difficile organizzare bene appuntamenti del genere. Ho perciò apprezzato infinitamente lo sforzo compiuto e l’impegno profuso con cuore sincero”. Il riferimento è agli accompagnatori che, prima, durante e dopo la giornata del 24 gennaio, hanno accolto e seguito i rappresentanti delle diverse religiosi nella loro permanenza a Roma. Per lui, “sono come il milite ignoto, nel senso che non si sa chi siano ma sono stati preziosi”. È viva e appassionata lariconoscenza verso di loro da parte di Shaikh Abdel Salam Abushukhaidem. All’incontro interreligioso di Assisi egli ha rappresentato il gran muftì di Gerusalemme, guida spirituale dei musulmani. Muftì, egli stesso, delle forze di sicurezzadell’Autorità nazionale palestinese, abita a Hebron, viaggia spesso in Europa ed è molto attivo nell’ambito del dialogo tra le fedi. Cosa ha rappresentato per lei la giornata di preghiera ad Assisi? “Far convenire un tale numero di persone in un luogo così bello è stata una cosa importantissima, soprattutto tenendo presenti le attuali difficili circostanze nel mondo. Si è trattato di un inizio nuovo nel mettere insieme i fedeli di tutte le religioni. È stato solo un inizio, tuttavia il fatto di aver incominciato è molto più importante che restare tristi o lamentarsi di ciò che è successo. Ad Assisi mi sono trovato coinvolto emotivamente ed è stata una cosa impressionante”. Con Assisi è maturato qualche convincimento particolare? “È giunto il momento di considerare veramente ciascun essere umano come parte di un’unica famiglia, di una società che è una famiglia. Però una famiglia multiculturale. Io ricordo sempre le esperienze che abbiamo avuto noi musulmani con i cristiani, la gioia che abbiamo sperimentato nel vivere insieme, come membri di un’unica società. Quindi è proprio il caso di dire: non dovrà mai accadere che ci combattiamo per motivi religiosi; non dovrà mai più accadere”. Il dialogo come opportunità o come necessità? “Il dialogo è una necessità naturale per le persone, ma anche una necessità sociale. E, nella nostra religione musulmana, il dialogo è anche un comandamento religioso. Il Corano dice che Dio grande e misericordioso insegna agli uomini a parlare e ad esprimere i loro sentimenti. Per i musulmani il dialogo conpersone di altre fedi ha un fondamento religioso. Perché, allora, permangono tante difficoltà? “Il dialogo è una grande necessità, ma si deve basare sulla sincerità, sui fatti. Noi possiamo accettare di buon grado ciò che uno o l’altro imam dice su vari argomenti, ma non c’è un imam che potrà mai dire ai fedeli musulmani: voi non potete parlare con i cristiani, o non è bene avere contatti con i cristiani. “Dal punto di vista religioso, ci è proprio richiesto un coinvolgimento pieno in questo tipo di dialogo e in questo tipo di rapporto. Il nostro profeta Muhammad – Che la pace sia con lui! – ha lui stesso iniziato nella sua vita il dialogo con membri di religioni diverse”. Eppure, non risulta così facile iniziare un vero dialogo in tanti paesi. “Alcuni dicono: il problema non è tanto il dialogo, ma che cosa dire nel dialogo. E questo è il primo punto per incominciare a distorcere i fatti o a complicare le cose. Tutti quelli che hanno dubbi in proposito, bisognerebbe invitarli a partecipare ad incontri come quello di Assisi”. Quali prospettive, secondo lei, si sono aperte nel dialogo tra le religioni con l’appuntamento del 24 gennaio? “I momenti di preghiera sono stati particolarmente ricchi di indicazioni. Le liturgie delle varie religioni hanno messo in luce quanto ciascun rito è tipico di come il Signore Dio ha chiesto ai suoi figli di pregarlo. “I musulmani, ad Assisi, hanno potuto offrire le loro preghiere di mezzogiorno e quelle del pomeriggio al momento giusto, e hanno potuto farlo bene. C’è stata anche l’opportunità di fare le abluzioni: una cosa perfetta. Tutto si è svolto in ambienti diversi, uno per ogni religione. E questo è stato davvero ottimo”. Pieno rispetto di ciascuno, insomma? “Molto di più. La fede di ciascuno è stata accettata in pienezza: per te la tua fede, per me la mia fede. È un modo molto semplice di praticare sia la libertà che l’eguaglianza. Ed è proprio quello di cui c’è bisogno per camminare bene nel futuro. “Il cuore dell’esperienza di Assisi è un messaggio di libertà e uguaglianza. Il Santo Padre è stato di esempio: ha offerto a tutti l’opportunità di pregare in un luogo tanto significativo per i cattolici”.

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