L’Europa solidale per uscire dalla crisi

Se l’Italia saprà diventare protagonista di una nuova Europa solidale, anche molti nostri problemi potranno trovare una soluzione

In un momento per noi italiani di scelta per le elezioni politiche del 4 Marzo, a mio parere non è  messa in evidenza la “opportunità unica” che si sta presentando per la soluzione di molti dei problemi con cui ci stiamo confrontando, quelli che vengono annunciati in tutti i confronti elettorali e che si potrebbero così riassumere: «Dove reperire le risorse per gli investimenti necessari ad assicurare un lavoro per i giovani, ad alzare ad un livello decente le pensioni minime degli anziani, ad aiutare chi ha perso il lavoro e ne cerca un altro, a sostenere chi crede nel futuro e vuole fare figli ed infine a fare in modo che la sanità pubblica, la scuola e forze dell’ordine siano efficienti e disponibili per tutti».

Si tratta di problemi comuni a molti Paesi del mondo: tra i grandi Paesi europei quello che ha più difficoltà a reperire queste nuove risorse è l’Italia, perché ogni anno deve già mettere da parte 60 miliardi di euro per pagare gli interessi dell’enorme debito del passato: un costo che si è ridotto quando siamo entrati nell’Euro e che negli ultimi anni è stato ancor più alleviato dalla politica di bassi tassi della Banca centrale europea: esso avrebbe potuto essere ancora inferiore se non ci fossimo assicurati anche troppo contro l’aumento dei tassi: speriamo che tali assicurazioni ci cautelino quando fra poco i tassi torneranno ad alzarsi.

Dove trovare risorse per lo sviluppo dell’Italia senza aumentare il debito pubblico? Non certo uscendo dall’Euro o inventando nuove monete ad uso interno, due strade utili solo a rapinare i risparmi degli italiani: l’unico modo concreto è che queste risorse le crei la Banca centrale europea su decisione comune dei Paesi dell’Euro, proprio come fanno la Federal Reserve degli Stati Uniti e le banche centrali della Cina, del Giappone e della Gran Bretagna.

Anche se una tale prospettiva era stata già auspicata dal governo italiano e da quello francese con l’arrivo di Macron, una tale possibilità era una pura illusione prima della firma dell’accordo tra Cdu e Spd per la nascita del nuovo governo tedesco: se gli elettori del Partito socialdemocratico tedesco convocati in un referendum approveranno tale accordo, allora sarà concretamente possibile che l’Europa si dia una svolta di tipo solidale e crei le risorse necessarie a tutti i suoi Paesi in modo che assieme continuino a offrire al mondo un esempio efficiente di grande democrazia.

In direzione di tale svolta vanno le frasi molto pesate dell’accordo siglato dopo mesi di negoziazione tra i due partiti tedeschi, frasi di una affidabilità molto superiore a quella delle promesse elettorali che ascoltiamo in questi giorni: «Siamo inoltre a favore dell’impiego di risorse di bilancio specifiche per la stabilizzazione economica e la convergenza sociale e per il sostegno alle riforme strutturali nell’area dell’euro, che potrebbero essere il punto di partenza per un futuro bilancio per gli investimenti nell’area dell’euro».

Se il prossimo referendum all’interno del Spd avrà esito positivo, si prospetterà un momento “magico”, favorito dalla uscita dalla Comunità europea della Gran Bretagna, che con i suoi parlamentari e soprattutto con i suoi numerosi funzionari in posizione di rilievo nella Comunità europea aveva sempre ostacolato ogni ulteriore integrazione.

Adesso che si prospetta un accordo tra Germania e Francia in questa direzione, all’Italia viene offerta la opportunità di partecipare alla pari a questa svolta, apportando i suoi valori di apertura e solidarietà, dimostrati in questi anni con la politica di accoglienza delle vittime delle guerre in Asia, in Medio Oriente ed in Africa.

Chi ci governerà dopo le elezioni del 4 Marzo dovrà saper ribadire tali valori e collaborare a realizzare una realtà europea aperta e decisa ad individuare soluzioni comuni per le nuove sfide poste dall’era della tecnologia, del cambiamento climatico e delle migrazioni di carattere ambientale o economico di interi popoli.

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