Legge elettorale, cresce il dissenso

«È una legge perfetta, non si può tornare al passato quando gli accordi si facevano dopo il voto», così il ministro per le Riforme Umberto Bossi, affiancato dallo stesso presidente del Consiglio.
Elezioni

«È una legge perfetta, non si può tornare al passato quando gli accordi si facevano dopo il voto», così il ministro per le Riforme Umberto Bossi, affiancato dallo stesso presidente del Consiglio, che in più di una occasione ha difeso la legge per l’elezione del Parlamento. L’argomento speso da entrambi è quello della trasparenza delle alleanze e dei programmi che la legge assicura, grazie al premio di maggioranza per la coalizione che riesce a prendere anche un solo voto in più. All’elettorato (meglio, “al popolo”) sarebbe assicurata così la libera valutazione dell’offerta politica e chi esce vincente si può definire “espressione del popolo sovrano”, detentore del diritto-dovere di governare senza possibilità di successive diverse maggioranze parlamentari.

 

Quello che non viene detto, però, è che agli elettori spetta una ben misera parte: quella di ratificare con il loro voto la composizione del Parlamento decisa dai capipartito, ai quali spetta stilare le liste prendere-o-lasciare. Un potere al quale evidentemente sono attaccati tutti quei pochi che lo detengono: da questo punto di vista, Bossi e Berlusconi esprimono apertamente ciò che tanti altri non dicono. L’esito è sotto gli occhi di tutti: una classe di parlamentari che, salvando sempre le lodevoli eccezioni, poco o nulla sente il compito di rappresentanza dei cittadini, preoccupata per lo più di mantenere la fiducia del potente di riferimento.

 

Un terreno di coltura per il mercanteggiamento del seggio e persino il servilismo. In più, non è vero neppure che la legge garantisce la governabilità. Al Senato, dove il premio di maggioranza è distribuito regione per regione, l’esito finale non sempre è certo: l’esperienza del governo Prodi insegna, tant’è che pure nelle presenti turbolenze politiche l’iniziale corsa al voto si è arenata proprio per questo timore. Occorre cambiare. Altri sistemi in grado di conservare la trasparenza delle alleanze e assicurare una scelta reale da parte dei cittadini sono possibili. E giacché qualche autorevole voce (e mea culpa) si è levata, qua e là, in favore del cambiamento, devono ora seguire i fatti.

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