“Pronto? Sono Francesco…”

Sono centinaia le persone che Bergoglio segue personalmente. Gente comune, con problemi condivisi. La motivazione è la più semplice: «Faccio il prete». Intervista a Rosario Carello, che racconta il suo libro “Gli abbracci di Francesco” (San Paolo Edizioni)
papa Francesco

Cosa racconta questo libro?
La notizia mai vista, unica e aggiungerei incantevole di un papa che prende il telefono e chiama a casa quanti gli scrivono per raccontargli un problema o per condividere una gioia. Non solo che chiama, ma anche che richiama. C’è una signora, ottantenne, coetanea del papa, mamma di un uomo ucciso in una rapina, distrutta dal dolore, che fino a luglio scorso aveva ricevuto 25 telefonate. In alcuni casi il papa lascia il suo numero di telefono perché sia chiamato «quando ne avete bisogno», come dice. E a quanti, telefonata dopo telefonata, gli chiedono di poterlo incontrare, la risposta è sì. Il libro è tutto questo, attraverso tante storie.

Perché sembra così eccezionale che un papa, come un semplice prete, chiami le persone per interessarsi di loro?
Perché lo è. Come vogliamo altrimenti definire, se non eccezionale, il fatto che il papa tra la preparazione di un viaggio, la scrittura dei documenti, i tanti incontri trovi il tempo e l’attenzione per telefonare a persone che non conosce, ma di cui ha incrociato la vicenda. Non si tratta di telefonate di circostanza: ogni volta Bergoglio ascolta problemi, si fa carico di sofferenze, gli viene chiesta ragione del silenzio di Dio che i suoi interlocutori sperimentano. Per carità, ci sono anche gioie, battute, sorrisi, ma non c’è dubbio che sia un cumulo di emozioni di cui decide di farsi portatore e forse non sarebbe neanche il suo compito più diretto. Ma decide di farlo, come un semplice prete, è vero, ed è quello che dice lui («faccio il prete») ma resta un fatto mai visto prima e quindi eccezionale.

Quali storie ti hanno più colpito?
Sono tutte storie vere, di persone in carne ed ossa, è impossibile dirlo.

Il papa vuole stabilire delle vere relazioni, non è solo una isolata telefonata, si mette in gioco?
Sì, costruisce relazioni, crea un rapporto che poi coltiva, nonostante i numeri crescano. Sorprendentemente tra le persone che ricevono le telefonate ci sono i bambini: «Pronto, papa mio?», gli risponde una piccola che ha passato i primi anni di vita in ospedale per una gravissima malattia e che ora sta bene. Oppure lo stupore di una mamma che sente al telefono di casa la voce di un adulto che chiede del figlio: «Scusi, lei chi è?», domanda. «Sono papa Francesco, signora, suo figlio mi ha scritto una lettera per la zia che non sta bene».

Che profilo spirituale e umano del papa nasce da questi incontri?
Quello di una persona che vuole dare una mano. Semplicemente questo.

Quali sono le parole chiave che emergono da queste telefonate?
Ascolto, tempo speso, tempo dedicato e Vangelo spezzettato, perché le sue telefonate sono la trasmissione di ragioni della fede e della speranza. In una parola: misericordia.

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