Le lacrime di un vincente

Con il successo al Roland Garros, Roger Federer è entrato nella storia del tennis. Profilo di un campione dal cuore d'oro.
Le lacrime di un vincente

È il pomeriggio di domenica 7 giugno. A Parigi, lo svizzero Roger Federer e lo svedese Robin Soderling lottano per la conquista del Roland Garros.

È una finale diversa, dal sapore particolare. Diversa, perché in campo non c’è Rafael Nadal. Nella capitale transalpina lo spagnolo ha dominato dal 2005 al 2008; quest’anno però è stato eliminato proprio da Soderling: un’autentica sorpresa. Ma è una finale diversa soprattutto perché, mai come in questo caso, Federer si trova a un passo dalla storia. Il Roland Garros è infatti l’unico dei quattro tornei del Grande Slam (i più importanti per tradizione, durata, montepremi) che non è ancora riuscito a conquistare. Chi conosce il tennis sa benissimo che trionfare sull’erba di Wimbledon, sul cemento di New York e di Melbourne e sulla terra rossa parigina è impresa a dir poco ardua. In tutta la storia di questo sport ci sono riusciti soltanto in cinque: l’ultimo, dieci anni fa, è stato André Agassi. Dal pomeriggio di domenica 7 giugno, però, l’americano è il penultimo, Roger Federer ce l’ha fatta. Ha vinto lì dove non era mai riuscito, neanche quando dominava incontrastato la scena del tennis mondiale: si era sempre trovato di fronte Nadal, capace di batterlo in tre finali consecutive.

Quattro anni dopo, però, l’ultimo atto assomiglia a una passerella. Nessuno, forse nemmeno Soderling, vuole rovinare la festa all’elvetico: in tribuna c’è anche Agassi, pronto al passaggio di consegne. Che avviene: 6-1, 7-6, 6-4. Davanti a Federer si aprono le porte della storia del tennis. Meglio di Borg e di McEnroe, di Wilander e Connors, di Becker e Sampras. Già, Pete Sampras: è un altro americano a consegnare al fenomeno di Basilea le chiavi dell’Olimpo. O meglio, per il momento se le dividono. Infatti, con la vittoria al Roland Garros, Federer ha anche eguagliato il record di tornei del Grande Slam vinti: 14, una storia iniziata a Wimbledon nel 2003 e ben lungi dall’essersi conclusa in questo pomeriggio parigino.

 

Campione dentro e fuori dal campo questo ventisettenne svizzero nato con la racchetta in mano e le stimmate del campione. Difficile descrivere le sue gesta a chi non lo ha mai visto giocare. Un mix di potenza, stile, eleganza e talento. La rivalità con Nadal, il suo “miglior nemico” che fa dello strapotere fisico la propria forza, ha accentuato queste caratteristiche. In alcuni casi le ha mortificate, in altri le ha esaltate. Ma Federer è anche molto di più: signorilità, correttezza, genuinità e pochi grilli per la testa.

Due mesi e mezzo fa ha sposato Miroslava “Mirka” Vavrinec, compagna di una vita ed ex tennista (ora sua manager) conosciuta alle Olimpiadi di Sidney, nel 2000. A breve Mirka gli darà un figlio. Chissà, forse anche questi nuovi traguardi hanno dato a Roger le giuste motivazioni per superare sé stesso proprio nel momento più difficile della carriera, quando il campione sembrava destinato a un calo inesorabile. Paradigmatica, infatti, era parsa nello scorso marzo una sua dichiarazione («finalmente la stagione sul cemento è finita») a commento della sconfitta col serbo Djokovic al torneo di Miami. Per un giocatore nato e cresciuto sui campi veloci, una frase del genere somigliava molto a una resa.

 

Sarebbe forse riduttivo raccontare una carriera limitandoci a fare la conta dei suoi successi. Federer ha dimostrato di saper vincere, di saper perdere e di sapersi emozionare, sia nella sconfitta sia nella vittoria.

Ma almeno in altre due circostanze Roger ha commosso il mondo intero. Per esempio nel gennaio di quest’anno, quando il solito Nadal aveva infranto il sogno del quattordicesimo Slam portandosi a casa l’Australian Open, e Federer non era riuscito a nascondere l’amarezza scoppiando in un pianto quasi disperato che aveva colpito, primo fra tutti, proprio lo spagnolo, al quale però si era rivolto a lui con la consueta signorilità: «Rafa, non voglio toglierti la scena. A te spetta l’ultima parola: te lo meriti».

Sempre a Melbourne, nel 2007, l’episodio che forse colpisce maggiormente. Arriva l’ennesimo titolo. Ci si attende una cerimonia di premiazione “lineare”, senza colpi di scena. A premiare Federer però c’è Rod Laver, vera e propria icona del tennis mondiale: Roger si commuove, riesce a stento a dire qualcosa. Ecco perché, nel pomeriggio di domenica 7 giugno, tutto il mondo dello sport ha tifato per Roger Federer.

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