Le lacrime della tigre nera

Molto diverso da ogni altro prodotto cinematografico che si possa trovare in giro, questo lavoro non deve essere trascurato da chi si interessa di culture orientali e da chi apprezza la ricerca di linguaggi nuovi. Per tali motivi si è distinto all’ultimo festival di Cannes, dove è stato considerato una rivelazione. Per meglio capirlo, è importante tener presente quanto ha rivelato il suo autore, il regista thailandese Wisit Sasanatieng. Ha spiegato che il cinema della sua patria un tempo aveva uno stile personalissimo e di aver voluto volgersi indietro, per recuperarequalcosa che si era perduto. Ha combinato gli elementi del passato con il ritmo moderno, avvalendosi anche della sua esperienza negli spot pubblicitari. Si è rifatto, innazitutto, ad un genere di teatro popolare, il likay, che sopravvive nelle fiere di campagna. Ha citato anche molti film appartenenti al genere d’azione della sua terra degli anni Sessanta, ma si è ispirato particolarmente all’estroso Rattana Pestonji, regista indipendente di quell’epoca, a noi sconosciuto. I dialoghi sono tipici dei romanzi d’un tempo, non realistici ed ispirati a massime di saggezza antica. I colori, a contrasti arditi, sono assai particolari: lividi e sovraccarichi. Come si capisce da tutto questo, ha fatto un lavoro di ricerca estetica non banale, animato da un desiderio non comune di rievocazione della propria tradizione. Regia di Wisit Sasanatieng.

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