Le conversazioni

Antonio Monda, scrittore, docente alla New York University, direttore della Festa del cinema di Roma e Davide Azzolini, già direttore del Napolifilmfestival e produttore cinematografico sono giunti alla dodicesima edizione di un apprezzato festival della letteratura. A Roma l’incontro con il regista Marco Bellocchio

 

La conversazione è il titolo di una pellicola di Francis Ford Coppola del 1974: una storia di spionaggio che rievoca gli anni del Watergate. È un film molto amato da Antonio Monda che, insieme a Davide Azzolini, ha dato vita a Conversazioni, festival di letteratura internazionale, nato nel 2006, oggi con una dimensione internazionale e itinerante tra Bogotà, New York, Roma e Capri. Il format è tanto semplice quanto efficace. È una intervista, basata sul rapporto interpersonale, familiare, colto, godibile sfatando il mito che per parlare di letteratura e cinema bisogna di default annoiarsi o essere dei cultori della materia. Le interviste di Monda e le conversazioni con il pubblico si svolgono partendo dalla lettura in lingua italiana e inglese di testi inediti degli autori sul tema scelto che cambia ogni anno. Tutti possono intervenire e conversare in un contesto informale e in un’atmosfera rilassata. Un buon connubio tra i ritmi veloci degli Stati Uniti, maestri dell’intrattenimento, e la cultura europea da dove anche il mondo nuovo trae origine.

Nella tappa di Roma, svoltasi nella sala degli arazzi della sede Rai di Viale Mazzini, dopo Sandro Veronesi e Paolo Virzì è stata la volta di Marco Bellocchio, uno dei grandi maestri della cinematografia nostrana. Racconta che in realtà non voleva fare il regista, ma l’attore. «Ebbi gravi problemi vocali, ero afono, e non venni accettato all’Accademia dei Filodrammatici a Milano. A Roma venni preso al Centro sperimentale di cinematografia e, dopo un anno, compresi che la mia strada era un’altra: dalla mia passione per la pittura capii che le immagini erano il mio percorso».

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Dopo 2 anni a Londra, dove scrive il copione di I pugni in tasca, il suo primo lungometraggio autoprodotto del 1965, torna in Italia per girarlo. Il film venne realizzato in grande economia e circolò con una distribuzione indipendente. La famiglia Bellocchio contribuì alla realizzazione del film: il fratello di Marco Bellocchio, Tonino, finanziò l’opera con cinquanta milioni; l’interno della casa è quello della madre del regista. I temi sono tra i più personali di Bellocchio. «Volevo rappresentare la ribellione contro l’istituzione familiare e uno dei figli, Sandro, uccide la madre cieca e il fratello disabile. Solo con il tempo ho capito quanto fossero nichiliste le sue scelte. Era la mia prima volta e la pellicola condensa e sintetizza alcuni dei principali drammi che ho vissuto».

salto

La conversazione scivola leggera, tra la visione di sette sequenze di diversi film e il commento di Marco Bellocchio. Riferimenti personali che ritornano ne Il salto nel vuoto del 1980. «Ci sono spunti personali nel tardivo amore della protagonista che con il capovolgimento della sua vita manda a pezzi l’equilibrio del fratello che si suicida. Finché sopportava la sorella, fantasticava la possibilità di sopprimerla. Appena la sorella raggiunge una sua sanità mentale, il fratello‒giudice crolla e si autodistrugge». Il film vinse il David di Donatello nel 1980 come miglior regia e al Festival di Cannes vinse il premio come migliore interpretazione femminile per Anouk Aimée e miglior interpretazione maschile per Michel Piccoli.

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Tra i film più amati di Bellocchio, Buongiorno notte del 2003. La trama è ripresa liberamente dal libro del 1988 Il prigioniero della ex brigatista Anna Laura Braghetti, dove si narra del rapimento, della detenzione e dell’omicidio, da parte delle Brigate Rosse, di Aldo Moro, fatti avvenuti nel 1978. «I brigatisti ‒ spiega Bellocchio ‒ avevano una dimensione disumana. Consideravano Aldo Moro un simbolo, non una persona, che bisognava abbattere e non credevo potessero arrivare a tanto». Era il tempo del compromesso storico con l’accordo di governo maturato qualche settimana prima tra Democrazia cristiana e Partito comunista italiano. «La follia dei brigatisti è deserto, freddezza, disumanità assoluta, mentre Moro era un moderato, capace di mediare. L’ho rappresentato con una certa pietà perché mi ricordava mio papà, a cui ho dedicato il film, perché ha sempre lavorato per farci studiare. È morto giovane e solo dopo ho capito tutto quello che aveva fatto per noi».

Il tema di Conversazioni del 2017 è Bugie. Federico Fellini ha sempre ammesso di essere un gran bugiardo. «Mentire ‒ chiosa Antonio Monda ‒ gli ha permesso di fare il regista». Per Bellocchio è diverso. «Ero più complessato ‒ aggiunge ‒ perché per la mia educazione cattolica è difficile mentire. Mi hanno sempre insegnato che bisogna dire la verità e, poi, temevo di essere scoperto. Però il tema del dire e del non dire è sconfinato». È in preparazione il nuovo film di Bellocchio dal titolo Il traditore che indaga su Tommaso Buscetta. «Lui ‒ interviene Bellocchio ‒ ha tradito la mafia sostenendo che erano gli altri i veri traditori di un codice cavalleresco della mafia che non rispettavano più». Temi universali: verità e menzogna, la rivoluzione contro l’autorità degli adulti, la dimensione anarchica contro i padri, raccontati attraverso vicende contemporanee che generano le domande di tutti, in cui tutti possono identificarsi, è il grande genio di Bellocchio.

Conversazioni continua a Capri dal 30 giugno fino al 9 luglio con grandi ospiti come Elif Batuman, Adam Gopnik, Mary Karr, Karan Mahajan, Ben Lerner, Brian Selznick.

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