L’appello per la cultura non rimane inascoltato

Marina Valenzise e Vera Slepoj animano un incontro tra quanti hanno concretamente a cuore l’urgenza di intervenire contro il degrado etico-sociale della nostra vita comunitaria e nazionale

L’Appello per la Cultura, proposto dalla scrittrice e giornalista Marina Valenzise con altri 50 intellettuali, e pubblicato un mese fa, ha fatto un ulteriore passo avanti. Dopo le adesioni raccolte nelle settimane scorse e arrivate rapidamente a ben 530 – hanno firmato l’Appello fra gli altri Raffaele La Capria, Carlo Verdone, Luca Serianni, Quirino Principe, Paolo Portoghesi, Enrico Vanzina, Eva Cantarella, Elio Pecora e molti altri fra protagonisti e operatori tout court nei vari settori della cultura, dell’arte, dello spettacolo, dell’educazione –, a Roma si è riunita una parte dei firmatari per confrontare le rispettive esperienze e motivazioni, e individuare le possibili strategie per fare del Manifesto uno strumento utile e concreto al servizio della cultura e della società italiana.

L’incontro, promosso e animato da Marina Valenzise e dalla psicoterapista Vera Slepoj, si è svolto nella “bomboniera” dello storico teatro Flaiano, recentemente riportato al suo splendore, tra rossi velluti e romantiche appliques dal sapore umbertino. Qualcuno ha notato ironicamente il simbolismo del luogo in rapporto al preteso carattere elitario (e magari passatista, speriamo di no) della nostra cultura; ma boutades a parte, l’incontro si è svolto nel segno dell’ottimismo, della voglia di fare e dello spirito costruttivo.

Appello per la cultura

Prima di coinvolgere gli intervenuti, l’organizzatrice dell’incontro, che fra l’altro ha diretto la sede parigina dell’Istituto Italiano di Cultura, ha letto il testo dell’Appello. Lo ripercorriamo a grandi linee per i nostri lettori. Il Manifesto per la Cultura è molto vivo, attuale e militante, perché parte dalla denuncia del degrado etico-sociale della nostra vita comunitaria e nazionale – un po’ in tutti i comparti (scuola, università, spettacolo, vita urbana) – e ne individua la causa principale nella decadenza e nell’eclisse della cultura. Da qui «l’impegno a tutto campo per puntare sulla cultura», che va difesa e promossa non solo in ambito italiano ma europeo.

La cultura è «il motore della crescita civile». Ritornare ad essa significa non solo «valorizzare i tesori ricevuti in dono dal passato e consegnarli alle nuove generazioni»; vuol dire anche «pensare nuove strategie per educare e ispirare i più deboli», come i giovani, ma anche come gli stranieri che hanno scelto di vivere nel nostro Paese. Una buona integrazione non si attua senza contenuti e strumenti prima di tutto culturali.

Urge tornare alla cultura per evitare il “rischio della dissoluzione civile” (più grave e reale in un paese per tanti versi fragile come l’Italia) e per rifondare l’Europa, altrimenti fagocitata e annullata dalla burocrazia e dal potere finanziario: leggi banche. L’Appello chiude rivolgendosi ai politici, al nuovo governo che speriamo si decida a nascere, e nascere possibilmente bene, affinché «abbia cura della cultura… attinga alla competenza e all’energia delle migliori risorse del paese, e valorizzi nell’interesse di tutti un immenso capitale da preservare con passione».

Il bullo che umilia l’insegnante, il capolavoro che viene trafugato dalla chiesa o dal museo, il vestigio antico che si sbriciola o il monumento vandalizzato da un barbaro del terzo millennio sono tutte facce (e ce ne sono altre ancora purtroppo) di una stessa realtà. Salvare la cultura è salvare la gente, il Paese, il futuro.

Sulla base di questa analisi e di queste riflessioni, e anche di altri spunti non contenuti esplicitamente nell’Appello e via via proposti dai partecipanti all’incontro (sulle 50 persone, che riempivano quasi per intero la piccola platea del Flaiano), Marina Valenzise e Vera Slepoj hanno sollecitato i presenti a intervenire invitandoli a parlare sul palco. Professionisti, operatori e cultori provenienti dalle più varie tessere del grande mosaico della cultura italiana (scuola, università, ricerca scientifica, giornalismo, pubblica amministrazione, arte, spettacolo, enti locali) si sono avvicendati al microfono per raccontare esperienze e fatiche, sogni e problemi, frustrazioni e speranze di chi, in un modo o in un altro, fa cultura nel nostro Paese.

Non sono mancate le proposte concrete, sollecitate dalle concretissime animatrici («siamo donne e stiamo in cucina tutti i giorni – ha detto la Valenzise –, non possiamo non essere concrete»), incentrate specialmente sui contatti da stabilire con i responsabili, privati e pubblici, dei servizi e delle attività culturali in ogni regione del Paese. L’importante è diffondere e far comprendere il più possibile le istanze e lo spirito dell’Appello. Per rimettere la cultura al centro dell’Italia, e dell’Europa. Intanto si è deciso di vedersi con una certa frequenza e regolarità.

 

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