La voce assente

Ebreo ortodosso e statunitense, il prof. Weiler sottolinea di non essere direttamente parte in causa, e di non portare, in tutta la vicenda, alcun interesse di parte. I suoi argomenti, in effetti, sono di carattere giuridico e culturale, come appare subito alla recente presentazione, sostenuta da “Comunione e Liberazione” del suo ultimo libro, Un’Europa cristiana. Un saggio esplorativo, edito da Rizzoli. Comincia col chiedere scusa per quello che chiama “il mio maluccio italiano”, e prende le distanze dal folto gruppo degli “euroscettici” anglosassoni: è profondamente “filoeuropeo” e, proprio per questo, altrettanto profondamente critico nei confronti di quelle che nel lavoro per la nuova Costituzione, gli appaiono come macroscopiche incongruenze. Da una parte, l’integrazione europea gli sembra una realtà nobile e senza precedenti: “Dopo la Seconda guerra mondiale i nemici accaniti di ieri sono riusciti a guardare l’uno all’altro nella pace, a costruire un futuro insieme basto sulla tolleranza e sul mutuo rispetto; una comunione che riesce a rispettare la sovranità degli stati membri. In questo senso, l’Europa ha dato un grande contributo non solo al pensiero politico, ma alla prassi dell’organizzazione degli stati”. Quanto alla Costituzione, secondo Weiler essa è un quadro generale: molto dipenderà da ciò che si metterà dentro al quadro, cioè i contenuti di valore. E qui cominciano le critiche. Anzitutto ai cristiani d’Europa: io conosco, dice Weiler, le interpretazioni socialiste e quelle liberali dell’integrazione europea, ma non ho ascoltato interpretazioni cristiane di questo processo: “È quella che io chiamo – spiega Weiler – la “voce assente”: quella dei cristiani. Eppure, dopo avere studiato per due anni la dottrina sociale cattolica, ho trovato nel magistero cristiano, in particolare quello dell’attuale pontefice, una profonda dottrina capace di interpretare l’integrazione europea: nel mio libro espongo questo magistero, per cominciare a superare lo scandalo della “voce assente”” . Altra assenza, continua Weiler, è quella al riferimento alle radici cristiane nel Preambolo della Costituzione. Non c’è da stupirsi che qualcuno, in particolare i francesi, si sia opposto a questo richiamo, perché nella sua costituzione nazionale non c’è. Ma questa, osserva Weiler, non è l’unica tradizione costituzionale europea: altre costituzioni di stati membri dell’Unione europea, infatti, cominciano con l’invocazione a Dio e affermano le radici cristiane del paese. Perché mai, si chiede il professore, il Preambolo deve riflettere la tradizione costituzionale di un paese e non degli altri? Perché questa particolare posizione francese deve diventare la premessa alla vita pubblica dell’Europa? Questo, sottolinea Weiler, non è in linea col carattere europeo, che è bene espresso dall’idea: uniti nella diversità. I polacchi, ad esempio, hanno inserito nella loro Legge fondamentale il riferimento ad entrambe le tradizioni, con soddisfazione di tutti; per Weiler è costituzionalmente necessario il rispetto del pluralismo. “Per un uomo religioso come me – continua Weiler – è importante l’invocazione a Dio all’inizio di una Costituzione. L’Europa mi è cara, e questo momento della sua storia è una vittoria spirituale; per questo la persona religiosa vuole dimostrare la sua umiltà e ricordare Dio non soltanto quando la vita va male, ma anche quando va bene” . Weiler è ebreo e si riconosce nell’invocazione a Dio; ma sottolinea anche l’importanza di riferirsi alle radici cristiane, e spiega: “Nel magistero di Giovanni Paolo II ci sono cose dette in maniera molto più chiara che in qualunque altra parte; il papa spiega che non c’è tolleranza se non c’è prima di tutto rispetto verso te stesso. Non c’è tolleranza se non c’è verità, e dunque non si può negare la propria verità identitaria. Se l’Europa crede nella vera tolleranza, non può negare sé stessa, la propria identità. Avere un Preambolo che parla dell’identità europea, che ha fini storici molto importanti, e che non fa riferimento alla tradizione cristiana, significa negare la propria identità”. E questa identità fa parte anche della storia di quegli europei che sono di religione ebraica o musulmana. La nuova Europa certamente non deve escluderli, ma non può neppure negare il ruolo fondamentale del cristianesimo. Questo per ciò che riguarda il punto di vista costituzionale e storico. Ma un’identità non è rivolta soltanto al passato, è una forza per il presente e per il futuro. Questo aspetto viene sottolineato con continuità dagli interventi di un altro protagonista del dibattito sull’Europa, Chiara Lubich; sia al convegno dei sindaci europei di Innsbruck, nel 2001, sia in successivi discorsi svolti in diversi contesti internazionali, la Lubich ha sempre legato le radici cristiane dell’Europa ai suoi compiti attuali. Ad esempio, nell’intervento che ella fece il 12 marzo 1998, alla giornata di riflessione federale a Berna, sottolineò un elemento che fonda, a suo avviso, tutti gli aspetti positivi che è possibile riscontrare in Svizzera: “Esso è racchiuso in poche parole, che valgono un mondo, anzi un cielo. Sono quelle con cui iniziano il “patto federale” del 1291 e la Costituzione del 1848 e recitano: “In nome di Dio Onnipotente” “. Per Chiara, il riferimento a Dio, che è Amore, nella Carta costituzionale costituisce una misura e un modello per lo stile di vita che una società civile e politica assume. Uno stile di vita comunitario, capace di vivere l’unità e la distinzione: parole pensate per la situazione svizzera, ma che sembrano calibrate proprio sull’Europa di oggi, che deve rinsaldare e allargare la propria unità, nel rispetto di tutte le identità. È un principio che, certamente, può essere detto anche con parole non religiose, ma trova nella realtà portata dal cristianesimo, che è trinitaria, la propria fonte sia culturale che storica. È il modello trinitario, infatti, che immette nella vita e nel pensiero umano l’idea che sia possibile avere una comune appartenenza, senza subordinazioni, e non in virtù di un bilanciamento tra forze che vengono a patti solo perché una non riesce a imporsi sulle altre, ma basandosi sulla parità di ciascuno; e questo vale sia nei rapporti interpersonali che in quelli fra stati. È da questo nucleo concettuale che si sviluppa, attraverso un lavoro millenario, il processo che porta alle democrazie, e che deve proseguire verso una applicazione sempre più piena dei principi universali che stanno alla loro base. Senza il cristianesimo, tutto questo non sarebbe stato possibile, non sarebbe stato pensabile. INVOCAZIONE A DIO E RADICI CRISTIANE NELLE COSTITUZIONI DI ALCUNI PAESI EUROPEI GERMANIA: “Consapevole della propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini, animato dalla volontà di servire la pace nel mondo quale membro, a parità di diritti, di un’Europa unita, il popolo tedesco si è dato questa legge fondamentale in forza del proprio potere costituente…”. DANIMARCA: “Art. 4. La Chiesa evangelica luterana è la Chiesa nazionale danese ed è, in quanto tale, sovvenzionata dallo stato”. IRLANDA: “Nel Nome della Santissima Trinità, dalla quale origina ogni autorità e alla quale si devono ispirare, quale nostro fine ultimo, tutti gli atti sia degli uomini che degli stati, Noi, il popolo dell’Eire, riconoscendo con umiltà tutti i nostri doveri nei confronti del nostro Divino Signore, Gesù Cristo, che ha sorretto i nostri Padri nel corso dei secoli, ricordando con riconoscenza la loro eroica e assidua lotta per riconquistare la giusta indipendenza della nostra nazione, e cercando di favorire il bene comune…”. GRECIA: “Art. 3. 1. La religione predominante in Grecia è quella della Chiesa orientale ortodossa cristiana…”. MALTA: “1) La religione di Malta è la religione cattolica apostolica romana. 2) Le autorità della Chiesa cattolica apostolica romana hanno il dovere e il diritto di insegnare quali princìpi siano giusti e quali sbagliati. 3) L’insegnamento religioso della fede cattolica apostolica romana è impartito in tutte le scuole statali come parte dell’istruzione obbligatoria” POLONIA: “Avendo riguardo per l’esistenza e per il futuro della nostra patria, che ha recuperato nel 1989 la possibilità di una determinazione sovrana e democratica del proprio destino, noi, la nazione polacca, tutti i cittadini della Repubblica, sia quelli che credono in Dio, come fonte di verità, giustizia, bene e bellezza, sia quelli che non condividono questa fede ma rispettano quei valori universali come derivanti da altre fonti, uguali in diritti e obblighi nei confronti del bene comune – la Polonia, grati ai nostri antenati per i loro sforzi, per la loro lotta per l’indipendenza conquistata a prezzo di grande sacrificio, per la nostra cultura radicata nel patrimonio cristiano della nazione e nei valori universali…”.

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