La scuola a 360°

Italia penultima nelle spese sull’istruzione in uno studio dell’Ocse.
Scuola

Che la scuola abbia vissuto in Italia momenti migliori lo conferma il recente rapporto dell’Ocse. L’Italia, vi si legge, spende poco per l’istruzione, meno di tutti gli altri Paesi analizzati. E la percentuale comprende anche i sussidi agli studenti e i prestiti alle famiglie. Il tempo passato a scuola dagli alunni tra i 7 e i 14 anni supera abbondantemente la media Ocse, eppure nei test internazionali di letteratura, matematica e scienze facciamo raramente bella figura. Gli insegnanti guadagnano meno che altrove, con scarti anche di 10 mila euro l’anno.

In compenso la nostra scuola conta più docenti di quelle degli altri Paesi. Il rapporto è, nei primi anni, di un insegnante ogni 11 alunni contro la media Ocse di uno ogni 16.

 

 La recente riforma ha dunque cercato di far fronte agli eccessi, ma i tagli prospettati hanno dimensioni incredibili: è come assistere a due casi Alitalia per ognuno dei tre anni previsti per il necessario ridimensionamento dell’organico. Senza che una tale operazione sia mai stata confortata da uno studio che esamini lo stato della scuola e stabilisca priorità e modalità di intervento. Il fatto che i precari della Pubblica Istruzione siano delusi e arrabbiati in questo contesto è più che legittimo. Anche perché, diversamente dal caso Alitalia, per la scuola non si è costituita nessuna cordata di salvataggio.

A chi poi si chieda per quale motivo i nostri alunni stiano tante ore sui banchi di scuola senza ottenerne il meritato premio, merita ricordare i risultati di alcune recenti indagini americane, senza colpevolizzare più del dovuto gli insegnanti: rispetto agli anni Sessanta i giovani infatti studiano esattamente la metà, distratti dai nuovi media, disabituati alla lettura, delusi da una società che non apprezza i meriti e dunque non invoglia all’impegno. In più in Italia aumenta, sempre a motivo dei tagli, il numero di alunni per classe, proprio mentre negli altri Paesi è iniziato un trend di segno contrario. Qualcuno dice che in passato era normale avere trenta alunni per aula, ma il rispetto che allora si aveva per gli adulti (e forse per sé stessi) garantiva comunque un efficace svolgimento della lezione.

 

Invece da noi si è riscontrato un peggioramento della condotta (con piogge di cinque nell’ultimo anno) e la costrizione per il legislatore di stabilire un tetto di 50 ore di assenza oltre il quale si viene automaticamente bocciati. Troppo spesso, però, i genitori giustificano i loro figli, paventando ogni difficoltà che possa demoralizzarli. Si è dimenticato che le difficoltà aiutano a crescere e che l’insegnamento è una professione con delle specifiche competenze.

Se dunque allo Stato si chiede un maggior investimento di risorse ed energie nella scuola, come quelle necessarie per una più adeguata formazione dei docenti, alle famiglie è ovvio domandare una collaborazione nell’educazione dei figli che si concentri sul rispetto reciproco, la solidarietà e la responsabilizzazione.

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