La Posta di Città Nuova

Una giovane lettrice di Città Nuova

Incontriamoci a Città Nuova, la nostra città
 
Piccoli lettori crescono
 
Vacanze ormai lontane per tanti lettori, ormai alle prese con un nuovo anno che si prospetta per tanti davvero in salita. Eppure, gettare uno sguardo indietro, ai bei momenti vissuti, può aiutare a percorrere con maggiore consapevolezza il presente, senza farsi incalzare dalle difficoltà. Maria Cristina e Michele hanno ripreso in mano le foto delle vacanze e ci hanno scritto.
 
«Siamo una famiglia di Como, città nella quale condividiamo un percorso di vita comune con un gruppo di famiglie. Vorremmo condividere con voi un'esperienza appena vissuta in vacanza: siamo in Francia, sulla costa mediterranea a Plage de Marseillan. Come tutti i giorni portiamo "buone" letture in spiaggia (come ci insegna Elena Granata in “Leggere”, supplemento al numero di Città Nuova di agosto; che ringraziamo), ed ecco Chiara, la nostra terzogenita di 32 mesi che seduta sulla sdraio comincia a sfogliare l'ultimo numero di Città Nuova. Promette bene, ci siamo detti! Quando c'è Gesù fra noi passa e coinvolge. Anche i fratelli Federico di 11 anni e Daniele di 9 anni a fine vacanza hanno deciso che il regalo che portavano a casa dal mare, era un libro ciascuno… e di che dimensioni, per la gioia della mamma, come dice sempre il papà! Cogliamo l'occasione per ringraziarvi di tutto quel positivo e quella gioia che con questa rivista ci sapete dare!».

Michele e M.Cristina Pirolo

 
Siamo, o piuttosto diventiamo, quello che leggiamo, ci insegnano insigni psicologi ed esperti della formazione. Perché non mettere nell’elenco dei buoni propositi per l’anno che inizia anche quello della lettura? Cominciando a piccoli sorsi, anche solo dieci minuti al giorno, magari con la tazzina del caffè in mano. E se il buongiorno si vede dal mattino…
Quest’anno Città Nuova vi offre diverse possibilità oltre alla rivista quindicinale e ai libri: i libretti Passaparola, che continuano nel loro successo, in particolare per le famiglie; il sito che ben presto diventerà un quotidiano web vero e proprio; CN7, il meglio del web ogni venerdì pomeriggio; e l’ultimo arrivato, Il Vangelo del giorno, un agile strumento mensile per seguire la liturgia e per meditare, prendendo esempio dalle testimonianze di tanti uomini e donne di buona volontà. Ci si può già abbonare, uscirà in novembre.
 

rete@cittanuova.it

 
 
Consumi a picco
 
«Leggo che i consumi degli italiani stanno calando del quattro per cento, e che quindi il Pil non tiene. Ma non è che abbiamo consumato troppo negli ultimi anni e dobbiamo incominciare anche a saper consumare bene?».

Giuseppe Buonavolontà – Rimini

 
Ha ragione, caro lettore, c’è paradossalmente un aspetto positivo della crisi attuale: impariamo a consumare meglio, a sprecare meno, a chiederci se qualche acquisto è veramente necessario, a tenere la macchina un anno di più. Credo che alla lunga, se riusciremo come italiani a risalire la china, avremo una produzione e un consumo più adeguati alla grande sfida del consumo responsabile.
 
Disoccupati giovani
 
«Se il 33,9 per cento dei giovani tra i 15 e i 24 anni, il 30,7 per cento di quelli tra 20 e 24 e il 24,5 per cento tra i 25 e i 29 non ha lavoro (dati Istat), il futuro della nostra Italia è seriamente in pericolo».

Paolo Giunti – Roma

 
I dati che l’Istat e altri organismi ci snocciolano ogni giorno sono impressionanti: nella società più di un terzo della forza giovane, sotto i trent’anni, non partecipa alla costruzione del Paese, se non in forma precaria e non quantificabile. Risanate in qualche modo le ferite finanziarie del Paese, recuperato un po’ di serenità sui mercati, la prima cosa da fare è mettere mano al dossier disoccupazione. Ma non ci sono ricette magiche: bisogna rimboccarsi le maniche, tutti quanti, ricreare una mentalità imprenditoriale non basata solo sullo stimolo del denaro ma della partecipazione al bene comune. Impresa titanica, irraggiungibile senza la società civile.
 
Un milione di stranieri se ne va
 
«Un milione di stranieri se ne sarebbe andato dalla nostra Italia negli ultimi tre anni di crisi. Un vantaggio per i nostri disoccupati o una perdita di conoscenze e imprenditorialità?».

P.G. – Parma

 
Penso che siano vere le due cose, ma più la seconda. Se è indubbio che i nostri disoccupati potranno avere nuove chance (ma siamo sicuri che siano disposti a fare i lavori prima svolti dagli immigrati? Probabilmente no), è purtroppo vero che i tanti giovani immigrati che erano sul nostro territorio lo erano perché l’economia “tirava”. Poco alla volta, molti di loro avevano accumulato conoscenze e competenze che servivano al “sistema Italia”. Siamo più poveri con la loro partenza.
 
Non capisco
 
«Ho letto l'articolo "Il Grande fratello" (Città Nuova n. 12/2012) pensando che finalmente qualcuno facesse una critica al programma di Canale 5: a volte mi chiedo se si creda che siamo tutti dei dementi! E invece mi trovo a non capire cosa vogliate dire».

Chiara Miotto – Thiene  Vicenza

 
Il discorso non riguardava la trasmissione, ma colui che ha ideato l’espressione “grande fratello”, lo scrittore inglese George Orwell. Tutto il discorso riguardava la reale possibilità che grandi imprese mediatiche arrivino a “guardarci dentro” attraverso i media, a capire come la pensiamo e quindi ad offrirci i prodotti a cui siamo più sensibili o addirittura ad indurre il consumo di qualcosa. Il reality televisivo, in effetti, esaspera questo sguardo poco corretto nell’intimità della persona.
 
900 mila schiavi
 
«Leggo su Avvenire che sarebbero 900 mila gli “schiavi del mattone” in Pakistan, rinchiusi nelle fornaci per debiti e costrizioni religiose varie. Solo il cristianesimo libera l’uomo».

Paola Russo – Ginevra

 
Qualche anno fa ebbi l’occasione, durante un viaggio in Pakistan, di fermarmi per un’ora a scattar foto e a parlare con i lavoratori di una di queste fornaci, quella di Chatwka. Per le incredibili spese che sono costrette a pagare come dote per le figlie femmine e per le spese che debbono sostenere per i loro sontuosi matrimoni, le famiglie si indebitano per vite intere, le proprie e quelle dei loro figli. Non è una questione religiosa, mi creda, ma culturale. Che poi il cristianesimo sia la religione della libertà, questo è anche vero…
 
Cooperazione internazionale
 
«Pochi hanno evidenziato un “pasticcio” che sta avvenendo tra il ministero degli Esteri e quello della Cooperazione internazionale e della integrazione: chi gestisce i fondi della Cooperazione internazionale?».

P.L. – Roma

 
Il ministero degli Affari esteri ha finora tenuto le sue competenze e non pare intenzionato a mollarle. D’altra parte si avverte la necessità di un coordinamento che comprenda anche la società civile italiana e gli sforzi per l’integrazione degli immigrati nel nostro territorio. È un affare da seguire, anche se purtroppo va detto che il vero problema non è nell’attribuzione ad un ministero o all’altro del “tesoretto”, ma che la “dotazione” della cooperazione internazionale va calando (ormai solo lo 0,12 per cento del Pil).
 
Paramenti sacri
 
«Spesso si muovono forti critiche relative al presunto sfarzo dei paramenti liturgici in uso nella Chiesa cattolica e nelle sue cerimonie. Ho la lieve impressione che la vista di certuni susciti molti dubbi, nel momento in cui presume di riconoscere pietre preziose, invece di pezzi di vetro artisticamente lavorati ed incastonati nelle mitrie».

Ivan Devilno

 
Certamente gran parte delle critiche rivolte alla Chiesa per le sue presunte ricchezze è in malafede, o basata su una non conoscenza della realtà. Riguardo ai paramenti vale lo stesso discorso, anche se è auspicabile una certa sobrietà pure in questo campo. L’importante è la bellezza, non la ricchezza dei paramenti!
 
Hack
 
«Carissima Città Nuova, scusa se ti scrivo sempre, ma se non scrivo a te, a chi scrivo? Sei l’unica mia amica. Volevo dirti che un giorno ho acceso la tv e stavano trasmettendo un’intervista all’astrofisica Margherita Hack. Ho sentito questa sua affermazione: “Se qualcuno crede in Dio, è come se credesse nella befana”. Sono rimasta molto ferita. Io mi dico: “Ma perché non parla per lei e offende chi crede in Dio?”. Se una persona mi dicesse: “Tu sei figlia di nessuno, sei una trovatella”, io le direi: “Tu parla per te, trovatello sarai tu, io sono figlia di…, sorella di…, perché io li ho conosciuti!”».

Loredana Volpi

 
Concordo. Il rispetto tra credenti e non credenti deve essere reciproco. Non si può denigrare il diverso da sé solo perché è diverso. Il rapporto corretto tra credenti e non credenti può essere, in questi anni caratterizzati da tanti fondamentalismi, un grande segno di tolleranza, dialogo e reciproca comprensione. Bisognerebbe evitare uscite che possono far sorridere, ma che offendono chi la pensa diversamente.
 
Scuola
 
«Sono un’insegnante in pensione e vedo la scuola maltrattata. Ho educato e istruito gli ex alunni ai valori massimi creando delle scalette: il regno di Dio, quello dell’umanità, degli animali, i regni vegetale e minerale. E tutto contribuiva al benessere della vita. Non solo oggi è tutto capovolto, e si amano gli animali più delle persone; si curano i fiori più degli anziani e delle donne; si amano gli svaghi più del lavoro, i divertimenti più dei doveri. Un mondo migliore va costruito insieme, collaborando non a parole ma a fatti. Non pretendo la perfezione, l’eroismo ma uomini capaci di ragion pura (Kant) e di un cuore puro (De Amicis). Cultura e vita insieme, è possibile!».

Una lettrice – Molfetta (Ba)

 
Carloforte
 
«Ho letto con interesse il n. 15/16 di agosto e devo farvi i complimenti per i contenuti, in particolare del reportage sull’isola di San Pietro. Non potrebbe essere altrimenti, in quanto sono nato e abito a Pegli. Mi ha sempre attirato la storia di questi antichi pegliesi, che volenti o nolenti hanno girato tutto il mar Mediterraneo e hanno saputo conservare la lingua e i costumi delle loro origini. Nella parrocchia S. M. Immacolata di Pegli è presente una statua raffigurante la Madonna dello schiavo, donata dai carlofortini, meta di devozione sia di persone provenienti dall’isola, sia abitanti a Genova e dintorni. Mi sembra un bell’esempio di attaccamento alle origini e di reciproco affetto».

Pino Bottaro – Genova

 
Walter, un amico
 
Quale “storico” collaboratore del nostro quindicinale Walter Baldassarre a più riprese, negli anni Settanta e Ottanta, ha curato la rubrica di educazione sanitaria. Era nato a Imperia nel 1926. La sua è stata una vita ricca di esperienze e avventurosa. Aspirava a fare il medico missionario, ma il generoso impegno nei Focolari, conosciuti tramite un collega di corso, Enzo Fondi, lo trattenne sempre in Italia. Di lui ricordiamo la profonda umiltà, che a volte poteva sembrare in contraddizione col suo carattere deciso; in realtà era molto attento e docile alla volontà di Dio. Alla famiglia e ai parenti va il nostro sincero cordoglio, a lui il nostro grazie.

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