La “nonna dei fiori”

La vita straordinaria di Inge Feltrinelli, la signora dell’editoria italiana. Il matrimonio con Giangiacomo, il rilancio dell’editrice Feltrinelli, la cultura al centro di tutto

«Non si faceva questo mestiere per diventare ricchi, ma per far circolare idee». Così diceva Inge Schönthal Feltrinelli, la grande signora dell’editoria italiana e internazionale, morta ieri a 87 anni ed esposta ora a Milano nella Sala Alessi di Palazzo Marino, onorata fin dal mattino da un flusso ininterrotto di migliaia di persone fra scrittori e scienziati, artisti e intellettuali, ammiratori e semplici cittadini. Sono gli innumerevoli, anonimi e affezionati lettori dei libri targati Feltrinelli, e i frequentatori delle librerie della casa editrice, ormai sparse in tutta Italia. E proprio qui è il punto, con cui ci riallacciamo alle parole dell’incipit.

Ricca Inge Feltrinelli lo era diventata eccome, anche molto, una potenza economico-finanziaria mondiale, dopo aver preso in mano l’azienda all’indomani della morte del marito Giangiacomo e dopo averla trasformata nel giro di vent’anni in una delle massime editrici italiane e internazionali. E tutto ciò mentre Mondadori, Rizzoli e le vecchie glorie dell’editoria italiana iniziavano un inarrestabile declino, dovuto a fattori culturali, economici e massmediatici ch’è impossibile qui trattare, e combattuto in qualche modo, almeno nei propositi, con operazioni tipo quella recente da cui è nata la “MONDAZZOLI”, come dicono i comici e i satirici alla Crozza unendo i nomi dei due antichi marchi editoriali).

Ma andiamo con ordine. Dio li fa e poi li accoppia, dice l’adagio. Quello fra Giangiacomo Feltrinelli e Inge Schöntal, a metà anni ’50, è stato davvero un matrimonio del secolo. Lui rampollo di una dinastia imprenditoriale padana ricchissima, marxista-comunista convinto e già editore emergente, uomo serio e severo, laconico e razionale, lei una ragazza tedesca della Renania, mezza ebrea e perseguitata dai nazisti, povera in canna e rifiutata dal padre, giramondo e fotografa di celebrità (Greta Garbo, Hemingway, Marquez ecc.), dinamica, fantasiosa, sorridente e solare. Insomma i due erano complementari fra loro, il matrimonio riesce e il figlio Carlo cresce in una famiglia felice. Mentre si sviluppava, anni ‘50-‘60, pure la Giangiacomo Feltrinelli Editore, da lui portata al successo rapidamente. Il suo segreto? la ricetta? Un misto di genialità, paradosso e coraggio.

La Feltrinelli era allora la casa editrice di sinistra per eccellenza, con uno stile puntiglioso, un po’ Editori Riuniti e un po’ Einaudi. La cultura rossa, marxista ecc. era in auge, e ciò spiega perché dei libri di quella matrice – ben fatti – si vendevano e permettevano l’affermazione di un editore. Feltrinelli però non era solo un editore-ideologo, ma anche un imprenditore audace. Così ecco Il dottor Zivago di Boris Pasternak, romanzo umanistico, cristianeggiante e messo all’indice dal Pcus e dal Pci. Fu un successo mondiale, coronato dal Premio Nobel assegnato al loro autore.

Altro centro con Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, 1960, Premio Strega e tradotto in tutto il mondo: una storia che in fondo non era progressista ma risorgimentale, un libro sul patriottismo, i sentimenti, la vecchiaia e l’eterno trasformismo italico (gattopardismo, è il neologismo nato allora: cambiamo qualcosa per lasciare tutto com’è!). In definitiva Giangiacomo Feltrinelli – in questo momento Inge è “solo” una moglie intelligente, una brava madre, vicina al marito come ogni buona compagna, con aiuti e consigli ma non di più – a metà dei ’60 è tra i numeri 1 dell’editoria italiana, vicino al Pci, con una vasta e qualificata produzione di sinistra ma anche con libri non allineati, liberi, coraggiosi e letterariamente grandi come quelli sopraricordati. E al bollettino di vittoria si aggiunge un’altra mossa vincente. Qui il mio ricordo è personale. Nei ’60 a via del Babuino, a Roma, nasce la prima libreria Feltrinelli: una sola porta, locale caldo, vivace, stipato neanche a dirlo di libri, sempre affollato, luogo per un incontro e due chiacchiere (culturali ma non solo) per la Roma che legge. Feltrinelli, con Inge al suo fianco, aveva inventato l’editore-venditore.

Ma la svolta, la tragedia, la bomba (è il caso di dirlo) è in agguato, e per Inge Feltrinelli sta per spalancarsi la porta del dolore, del cambiamento e di una corsa nuova verso nuovi trionfi, solo suoi, o almeno in larga misura. Mentre la Giangiacomo Feltrinelli Editore naviga col vento in poppa tra Marx e i Campiello, gli scoop mondiali e l’Universale Economica (delizia della nostra giovinezza-formazione!), l’arcigno impenetrabile fondatore abbraccia la clandestinità e la lotta armata. S’inabissa per qualche anno e riappare un istante saltando in aria sotto un traliccio dell’alta tensione in zona Segrate, nell’alba livida del 14 marzo 1972. Inge non crederà mai che il marito sia morto dilaniato durante la (solitaria!) preparazione di un attentato dinamitardo, e parlerà di complotti e di prove costruite ad arte dai neofascisti o da altri avversari politici. Pochi crederanno a questa versione per lei consolatoria, umanamente e politicamente: possiamo capirla. Ma l’episodio terribile, che segue di 3 anni piazza Fontana, è di quelli che segnano l’inizio del periodo più violento della lotta armata, culminato 6 anni più tardi con lo scioccante rapimento Moro.

Per Inge, vedova a 42 anni, il colpo è durissimo, come pure per Carlo, di soli 10 anni. Ma il fattaccio segnerà, come detto, una svolta grandiosa, epocale, per la Feltrinelli e tutta l’editoria.

Morto Giangiacomo, la giovane frau non solo non smette di stampare libri ma rilancia, potenzia e trasforma la Feltrinelli. Il marito l’aveva fatta grande e prestigiosa in 15 anni, lei dai ’70 a oggi l’ha fatta diventare gigantesca e mondiale, un impero editoriale, fondato sia su una vasta e qualificata produzione (anche tecnicamente egregia), sia sulla capillare rete di vendita. Facendo fuori una dopo l’altra non solo le piccole librerie ma anche le catene librarie più modeste, come Aron e altre simili. Oggi nell’editoria italiana dominano “Mondazzoli” e Feltrinelli, per quanto riguarda la produzione, mentre nella vendita, pur sopravvivendo ancora delle librerie antiche, rionali, particolari ecc., se tu vuoi comprare un libro senza perder tempo e con la certezza di trovarlo, dove vai se non alla Feltrinelli della tua città e anzi del tuo quartiere (Roma ne conta circa una decina)?

Inoltre sotto la guida di Inge, e da un certo punto in poi pure di Carlo, le librerie Feltrinelli si sono non solo moltiplicate, ma sono divenute molto più spaziose (però il “buchetto” a via del Babuino c’è ancora) e decisamente multimediali: sono piccoli-grandi centri commerciali dove si vendono anche viaggi, soggiorni, regali e oggettistica.

Questa la realtà, e quindi l’eredità, che Inge ha lasciato morendo. Ma non è solo come una grandissima imprenditrice che dobbiamo ricordarla. Come tanti altri personaggi, certi politici per esempio, che hanno “fatto”, “prodotto” cultura, Inge non aveva studiato all’università e non era un’intellettuale nel senso vero del termine.

Ma questa insigne europea ha messo la cultura al centro della sua vita e del suo lavoro, come il valore più alto e, soprattutto, lo strumento più idoneo per cambiare e migliorare il mondo e la società. In tutto questo lei ha creduto, e dopo la morte del marito i libri ha scelto di continuare a produrli proprio a questo scopo: elevare l’umanità e renderla capace di costruire un futuro più degno, una convivenza più giusta. Con questo spirito Inge amava frequentare e stringere amicizia con autori, artisti, studiosi e scienziati di tutto il mondo, che contraccambiavano con entusiasmo il suo affetto e la sua stima.

È diventata un’icona ancora prima di morire, e probabilmente lo rimarrà. Il simbolo della mondanità culturale di alto livello e senza confini linguistici e nazionali. Questa donna che ha sempre saputo sorridere, non ha dato mai risposte complicate a chi la intervistava, che mostrava perfino qualche tratto di imbarazzo o timidezza nel suo contegno, ha saputo essere fedele al marito (“l’unico uomo della mia vita”, diceva) pure politicamente, però in modo più sano e positivo. Infatti Inge Feltrinelli è anche icona di una cultura di sinistra, progressista, legata alla libertà, al cosmopolitismo, ai diritti umani, ai giovani, alle donne ecc. ecc., ma senza più nessuna ortodossia o rigidità marx-leninista e soprattutto senza compromessi con la violenza. Una “nonna dei fiori”, ecco l’immagine che rimane di Inge, una ex hippie che ha vissuto, senza rimanere stesa sul prato di Woodstock, o di Segrate… E ha costruito un impero buono.

 

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