La giustizia “più grande”

Nel linguaggio comune la parola giustizia richiama il rispetto dei diritti umani, l’esigenza di uguaglianza, l’equa distribuzione delle risorse umane, gli organismi chiamati a fare rispettare le leggi. È questa la giustizia di cui parla Gesù nel discorso della montagna, da cui è tratta la beatitudine? Anche, ma essa viene come conseguenza di una giustizia più ampia che implica l’armonia dei rapporti, la concordia, la pace. La fame e la sete richiamano i bisogni elementari di ogni individuo, simbolo di un anelito profondo del cuore umano mai pienamente appagato. Secondo il Vangelo di Luca, Gesù avrebbe detto semplicemente: Beati gli affamati. Matteo spiega che la fame dell’uomo è fame di Dio, il solo che può saziarlo pienamente, come ha ben capito sant’Agostino che, all’inizio delle Confessioni, scrive la famosa frase: Ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te. Gesù stesso ha detto: Chi ha sete venga a me e beva. Lui, a sua volta, si è cibato della volontà di Dio. Giustizia, nel senso biblico, significa dunque vivere in conformità al progetto di Dio sull’umanità: l’ha pensata e voluta come una famiglia unita nell’amore. Il desiderio e la ricerca della giustizia sono da sempre inscritti nella coscienza dell’uomo, glieli ha messi in cuore Dio stesso. Ma nonostante le conquiste e i progressi compiuti lungo la storia, quanto è ancora lontana la piena realizzazione del progetto di Dio. Le guerre che anche oggi si combattono, così come il terrorismo e i conflitti etnici, sono il segno delle disuguaglianze sociali ed economiche, delle ingiustizie, degli odi. Gli ostacoli all’armonia umana non sono soltanto di ordine giuridico, ossia per la mancanza di leggi che regolano la convivenza; essi dipendono da atteggiamenti più profondi,morali, spirituali, dal valore che diamo alla persona umana, da come consideriamo l’altro. Lo stesso nell’ordine economico: il crescente sottosviluppo e divario tra ricchi e poveri, con l’iniqua distribuzione dei beni, non sono frutto soltanto di certi sistemi produttivi, ma anche e soprattutto di scelte culturali e politiche: sono un fatto umano. Quando Gesù invita a dare anche il mantello a chi chiede la tunica, o a fare due miglia a chi chiede di farne una con lui , indica un di più, una giustizia più grande, che supera quella della pratica legale, una giustizia che è espressione dell’amore. Senza amore, rispetto per la persona, attenzione alle sue esigenze, i rapporti personali possono essere corretti, ma possono anche diventare burocratici, incapaci di dare risposte risolutive alle esigenze umane. Senza l’amore non ci sarà mai giustizia vera, condivisione di beni tra ricchi e poveri, attenzione alla singolarità di ogni uomo e donna e alla concreta situazione in cui essi si trovano. I beni non camminano da soli; sono i cuori che devono muoversi e far muovere i beni. Come vivere questa Parola di vita? Guardando il prossimo per quello che realmente è: non soltanto un essere umano con i suoi diritti e la sua fondamentale uguaglianza davanti a tutti, ma come la viva immagine di Gesù. Amarlo, anche se nemico, con lo stesso amore con cui lo ama il Padre, e per lui essere disposti al sacrificio, anche supremo: Dare la vita per i propri fratelli. Vivendo con lui nella reciprocità del dono, nella condivisione di beni spirituali e materiali, così da diventare tutti una sola famiglia. Allora il nostro anelito ad un mondo fraterno e giusto, così come Dio lo ha pensato, diventerà realtà. Lui stesso verrà a vivere in mezzo a noi e ci sazierà della sua presenza. Ecco come un lavoratore raccontò la sue dimissioni: La ditta dove lavoro si è da poco unita con un’altra ditta della stesso settore. Dopo questa fusione, mi hanno chiesto di rivedere l’elenco degli impiegati, perché nella nuova sistemazione del lavoro tre di loro dovevano essere licenziati. Tale disposizione, però, non mi è sembrata fondata, ma al contrario piuttosto affrettata, sbrigativa, presa senza alcuna considerazione delle conseguenze di ordine umano che essa avrebbe comportato per gli interessati e le loro famiglie. Cosa fare? Mi sono ricordato della Parola di vita. L’unico modo era fare come Gesù: amare per primo. Ho presentato le mie dimissioni e ho detto che non avrei firmato i tre licenziamenti. Le dimissioni non le hanno accettate, e anzi mi hanno chiesto in che modo pensavo di inserire gli impiegati nella nuova organizzazione. Io avevo già pronto il nuovo piano del personale, che rendeva agile e molto utile l’inserimento di tutti nei vari settori. Hanno accettato, e siamo rimasti tutti a lavorare.

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