La giusta distanza

È un ritratto in grigio della provincia padovana quello che Carlo Mazzacurati disegna nel suo ultimo film, quella provincia da cui era partito e a cui torna con uno sguardo pacato e, per certi versi, disincantato. Nell’apparente tranquillità di un paesino della bassa l’arrivo della nuova maestra, una giovane e bella ragazza toscana dal carattere fin troppo aperto, è sufficiente a sconvolgere equilibri e abitudini consolidate. Il meccanico tunisino si innamora della nuova venuta e con lei intreccia una relazione tenera e intensa, osservata dallo sguardo di un giovane aspirante giornalista, corrispondente in incognito de Il Resto del Carlino. Ma è un po’ tutto il paese che si trova a confrontarsi con questo elemento estraneo, con risultati a volte sgradevoli, a volte comici. La provincia di Mazzacurati non è quella di Lynch. Il massimo della violenza è quella del misterioso serial killer che uccide i cani con una carabina. Anche l’omicidio nel finale è più un incidente che l’espressione di un male diffuso.Domina su tutto il repertorio dei vizi comuni a tutte le comunità chiuse: inganni, tradimenti, ipocrisie, espressioni di un malcostume più che di un vero e proprio malessere sociale. Certo, si percepisce un razzismo strisciante, vissuto più con rassegnazione che con rabbia dagli stranieri presenti in paese e la sensazione è che la perdita di valori e punti di riferimento sia ormai un dato acquisito e generalizzato. Ma il regista rimane distaccato da tutto, il suo è lo sguardo del cronista che, come il giovane giornalista, deve sforzarsi di mantenere la giusta distanza dai fatti e dai personaggi, non lasciarsi coinvolgere. Ne esce un film delicato e intenso, raccontato benissimo anche grazie alla convincente prova di un cast indovinato. Peccato che la storia si perda un po’ nel finale, quando vira sui toni del giallo e in questo cambio di registro, tra l’altro non strettamente necessario ai fini della storia, il racconto si fa meno convincente e un po’ didascalico. Ma al di là di questi limiti, il film di Mazzacurati resta un efficace ritratto di un paese inconsapevolmente malato. Regia di Carlo Mazzacurati; con Giovanni Capovilla, Valentina Lodovini, Ahmed Hafiene, Natalino Balasso, Fabrizio Bentivoglio, Ivano Marescotti.

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