La Corrida

In una televisione troppo seriosa, La Corrida rimane l'esempio più sano di quanto sia importante non prendersi troppo sul serio, giocando e scherzando anche con i propri limiti.
Flavio Insinna

«E non finisce qui!». Con queste parole, Corrado Mantoni era solito annunciare la pubblicità durante la “sua” Corrida, la trasmissione che ha condotto con immutato successo, prima in radio e poi in televisione per ben trent’anni, dal 1968 al 1997.

La Corrida è come una grande sagra paesana, dove undici “dilettanti allo sbaraglio” si mettono in gioco proponendo canzoni, balli, poesie ed esibizioni, a volte al limite del ridicolo.

Gli autori accostano abilmente due o tre veri talenti a personaggi che non hanno nessuna competenza artistica, ma solo il coraggio di sottoporsi all’implacabile giudizio del pubblico.

 

In una televisione troppo seriosa, costruita negli anni da grandi professionisti ma invasa oggi dai fragili rampolli dei reality show, La Corrida rimane l’esempio più sano di quanto sia importante non prendersi troppo sul serio, giocando e scherzando anche con i propri limiti. È su questa idea, semplice e geniale, che Corrado ha costruito il successo del format, lasciando però la centralità della scena ai concorrenti.

 

Da quest’anno qualcosa è cambiato: Flavio Insinna è ottimo, sa mettere a frutto i lunghi anni passati in teatro. Forse urla un po’ troppo, alla Bonolis, ma allo stesso tempo diverte, intrattiene, balla e sembra sempre voglia dire che il primo dilettante allo sbaraglio è proprio lui, troppo umile per paragonarsi al grande predecessore, ma deciso a riportare la trasmissione ai fasti di un tempo, anche grazie a una scenografia da gran varietà con tanto di pedana al centro.

 

L’unico rischio è un eccessivo spostamento del baricentro della trasmissione dai concorrenti al conduttore, forse anche per la mancanza di una spalla reale come era, per Corrado, il maestro Roberto Pregadio; La Corrida si avvicina così a quel one-man-show che prima o poi Insinna ci proporrà su qualche rete.

 

Certi paragoni sono dunque inutili, ma ho l’impressione che Corrado&Pregadio da lassù strizzino l’occhiolino ai loro dilettanti, presentatore compreso.

Agli autori però il compito di mantenere La Corrida fedele a sé stessa: un programma dove la maggior parte dei protagonisti spera di entrare nel dimenticatoio dopo la prima esibizione, felici che per loro finisca davvero tutto lì.

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