La Chiesa digitale

Piazze e chiese vuote, ma reti piene. Il “prossimo” al centro dei nostri pensieri.
27 marzo 2020: papa Francesco sale da solo verso la Basilica vaticana, nel silenzio della piazza vuota di San Pietro.

Nei giorni della pandemia, obbligati a stare a casa, Internet ci ha visto impegnati in una quantità di attività online senza precedenti, permettendoci di riallacciare molti nostri legami. Il traffico Internet in Italia si è raddoppiato, a dimostrazione che ci siamo immersi nel mondo virtuale. Per molti è stata una scoperta; per altri una conferma di quanto possano cambiare i nostri stili di vita in un futuro che è già qui. Organizzare su whatsapp un aperitivo con gli amici, seguire le lezioni di scuola o informarsi in tempo reale attraverso i social media sono diventate abitudini che difficilmente abbandoneremo quando passerà la bufera del virus. Ci siamo digitalizzati per sempre.

E la vita di fede? Non c’è dubbio che il coronavirus abbia scombussolato anche la nostra vita cristiana. Di fronte alla fragilità dell’uomo e alle paure che abbiamo dovuto gestire, la risposta religiosa è stata molto presente. «Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città». Così ha iniziato papa Francesco la sua orazione del 27 marzo, conclusa con una benedizione urbi et orbi.

Paradossalmente, sebbene la piazza abbracciata dal colonnato del Bernini fosse vuota, milioni di persone hanno seguito attraverso la televisione e le Reti sociali la preghiera del pontefice. In momenti di difficoltà e isolamento, la Chiesa si stringeva unita intorno al suo pastore grazie alle tecnologie della comunicazione. La piazza e le chiese erano vuote, ma le Reti erano piene.

Quel momento di preghiera “globale” è stato unico, ma era preceduto ed è stato continuato da molti altri incontri, messaggi, preghiere e iniziative di ogni tipo che, grazie alle connessioni digitali, ci hanno aiutato a mantenere la presenza di Dio anche reclusi a casa. Fede e Rete si sono incontrate per stimolare, comprendere e insegnare.

La messa celebrata da don Luca Ramello, responsabile  della Pastorale giovanile a Torino.
La messa celebrata da don Luca Ramello, responsabile della Pastorale giovanile a Torino.

Stimolare
Attraverso i canali sociali, abbiamo potuto assistere a un’enorme quantità di iniziative per incoraggiarci alla preghiera: adorazioni al Santissimo per videoconferenza, rosari online, messe in streaming, benedizioni da elicotteri e tanti consigli spirituali arrivati per alimentare la nostra vita interiore, essere pazienti in famiglia, chiamare persone sole, organizzare attività insieme.

Inoltre, si sono diffuse notizie di modi concreti per vivere la carità: la mensa Caritas che distribuisce pasti ai barboni, suore che producono mascherine, vicini che portano cibo agli anziani, ragazzi di oratorio che si organizzano per fare la spesa agli invalidi… Serve un pizzico di creatività per servire gli altri, e Internet ci ha mostrato modi ingegnosi di mettere il prossimo al centro dei nostri pensieri.
Grazie a questo, è stato possibile anche sottolineare il valore delle vocazioni di servizio. Un film d’azione spiegava: «Gli eroi sono persone normali che riescono a fare cose straordinarie in circostanze straordinarie». Le Reti sociali si sono riempite di testimonianze di sacerdoti, medici, poliziotti, giornalisti, impiegati di supermercato e altri professionisti che hanno rischiato la salute per mettersi al servizio del prossimo. Abnegazione, sacrificio e carità si sono rivelati valori essenziali per la sopravvivenza di una società.

Comprendere
Grazie alla connessione, comprendiamo meglio alcune verità di fede. Ad esempio, abbiamo scoperto di appartenere a una grande comunità: abbiamo pregato insieme, convinti del potere dell’orazione comunitaria, abbiamo cercato la guida e lo stimolo di papa Francesco e altre guide spirituali, abbiamo offerto conforto ai malati di coronavirus o a chi soffriva la solitudine.
Abbiamo anche ricevuto spunti per una visione soprannaturale delle difficoltà: sacerdoti e psicologi cristiani ci hanno aiutato a leggere il presente e il futuro in modo soprannaturale e pieno di speranza, contribuendo a diminuire il pessimismo di molte persone. Con il papa, ci hanno ricordato che «in mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi».

La messa celebrata da Francesco in Casa Santa Marta, trasmessa alle 7 di mattina  da TV2000, è stata seguita da milioni di persone, anche dai cellulari.
La messa celebrata da Francesco in Casa Santa Marta, trasmessa alle 7 di mattina da TV2000, è stata seguita da milioni di persone, anche dai cellulari.

Insegnare
I canali digitali sono stati anche fonte d’informazione. Confinati a casa, come mantenere la vita sacramentale? Sono obbligato ad andare a messa? Come ci si confessa da soli? Le misure eccezionali adottate dai vescovi per la vita sacramentale sono state un’occasione per approfondire alcune verità di fede: la presenza di Cristo nell’Eucaristia, la differenza tra il dovere di santificare le feste e il precetto domenicale, l’origine storica della preghiera del rosario, il valore della fisicità nei sacramenti.

Allo stesso tempo, molti pastori hanno ricordato ai fedeli i richiami dei politici e altre autorità alla responsabilità personale. Noi cristiani apparteniamo alla società civile e tali indicazioni sono state un importante dovere per noi, perché dobbiamo essere cittadini esemplari. In queste circostanze, stare a casa, seguire le procedure igieniche e mantenere la calma al supermercato o in farmacia erano modi eroici di vivere la carità.

Questa esperienza, tra l’altro, ci ha concesso di capire un altro aspetto: i limiti della Rete. Con Internet succede come con le persone: sarà efficace se ci aspettiamo da lei soltanto ciò che può offrire. Conoscere i limiti di Internet ci obbliga a cercare altrove ciò che non si addice alla natura della Rete. Insomma, lo spazio digitale serve a molto, ma non serve a tutto, ed era bene che lo sperimentassimo: ci sono mancate le pacche sulla spalla degli amici, le passeggiate con la famiglia e le strade e i rumori della nostra città. Ci sono mancati anche i sacramenti, le cerimonie liturgiche e la vita con le persone della nostra comunità. Pertanto, gioiremo ancor di più quando sarà possibile riavere tutto questo.

In questi giorni, la società ha funzionato come un corpo: i neurologi affermano che, quando una parte del cervello viene danneggiata, un’altra s’impegna per imparare le funzioni che svolgeva la prima (il linguaggio, ad esempio); i neuroni cercano percorsi nuovi, connessioni diverse, pur di continuare a servire il corpo. Di fronte al coronavirus, ognuno di noi ha reagito istintivamente così: abbiamo cercato connessioni nuove, scorciatoie che ci legassero ancora alla nostra vita ordinaria, che ci permettessero di riacquistare la normalità in circostanze eccezionali.

Grazie alla tecnologia, siamo rimasti umani. Internet ci ha unito. Solo per quello, vale la pena che continuiamo il viaggio insieme.

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