Kosovo, ucciso Oliver Ivanovic il moderato

L’assassinio di Mitrovica fa aumentare pericolosamente la tensione tra le comunità serba e albanese nella città del Nord del Paese balcanico ancora spaccata in due
(AP Photo/Bojan Slavkovic)

Un noto politico serbo, Oliver Ivanovic, 64 anni, uno dei rari politici di Belgrado a favore della coesistenza tra etnie albanese e serba, è stato ucciso martedì a Mitrovica, all’uscita dalla sede della sua formazione politica. Considerato un moderato nella politica serba in Kosovo, Ivanovic non godeva dell’appoggio del governo. Nel 2014, il tribunale speciale dell’Unione europea istituito per la questione kosovara, aveva accusato Ivanovic di aver partecipato all’espulsione e all’uccisione di civili albanesi da Mitrovica. Ma la corte d’appello ha annullato la sentenza nel 2016.

Il presidente serbo, Aleksandar Vucic, ha dichiarato a scanso di equivoci che il suo governo non ha alcun ruolo in quello che ha definito «un atto terroristico»,  cercando di scaricare la colpa sulla maggioranza albanese desiderosa di prendere la maggioranza anche nel Nord del piccolo Paese balcanico, ancora a maggioranza serba. Ma a Belgrado viene fatto notare che proprio il governo di Vucic recentemente si era espresso in termini duramente critici nei confronti di Ivanovic.

Da parte sua anche il governo del Kosovo ha condannato l’omicidio, affermando che «mette in discussione lo stato di diritto e qualsiasi tentativo di stabilire un ordine in tutto il territorio del Kosovo». In una dichiarazione, Hashim Thaci, presidente del Kosovo, ha dichiarato: «Invito le autorità incaricate dell’applicazione della legge a denunciare al più presto le circostanze del suo assassinio e gli autori del crimine».

A Bruxelles, dopo l’assassinio, una delegazione serba ha abbandonato i colloqui sulla normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia (che non hanno ancora ambasciatori rispettivamente a Belgrado e a Pristina. La Ue ha posto come pre-condizione per l’avvio delle trattative per l’entrata dei due Paesi nell’Unione l’avvio di normali relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Cosa non facile, perché i serbi (appoggiati da Mosca) considerano il Kosovo come la culla della nazione serba e della sua fede cristiana ortodossa.

Va detto che, nonostante l’indipendenza del Paese, la striscia settentrionale del Paese prevalentemente serba, a nord del fiume Ibar che taglia Mitrovica in due parti, la città dove Ivanovic è stato ammazzato e dove gli albanesi occupano i quartieri meridionali e i serbi quelli a Nord. È un’eredità dell’intervento della Nato nel 1999.

Oliver Ivanovic di nemici ne aveva non pochi: aveva già ricevuto non poche minacce, anche da parte dei suoi alleati serbi. Aveva inoltre puntato il dito contro il narcotraffico locale. Il suo partito è da sempre svincolato da Belgrado, e sarebbe disposto a riconoscere l’autonomia del Kosovo e a lavorare con le autorità albanesi. Dusan Reljic, balcanologo all’Istituto tedesco per gli affari internazionali e la sicurezza, ha detto: «Se si cercasse qualcuno per costruire ponti sul fiume Ibar, questo sarebbe Ivanovic».

Proprio la scorsa settimana il Dipartimento di Stato Usa aveva avvertito i cittadini statunitensi di non recarsi in Kosovo per l’aumento delle tensioni interetniche. È proprio questo che si teme: un aumento delle tensioni tra le due etnie: c’è chi soffia sul fuoco dalle due parti. Marko Duric, ministro serbo per il Kosovo, ha affermato: «L’obiettivo è provocare il caos e spingere i serbi a imbracciare le armi contro gli albanesi».

Le forze d’interposizione Onu sono chiamate a un lavoro supplementare, per evitare che il conflitto mai risolto venga rinfocolato dai militanti più estremisti.

 

 

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