Intellettuali e meridione

Come ridiscutere la “categoria del Sud” d’Italia e abbandonare l’idea di arretratezza e di mancato progresso rispetto al Nord.

«Si voleva andare oltre Eboli con la poesia», ricorda Carlo Alberto Augieri, ex docente di Critica letteraria ed ermeneutica del testo all’Università del Salento in una conversazione con il poeta pugliese Lino Angiuli. Bisognava abbandonare una visione del Sud povero, arretrato rispetto al Nord, oggetto soprattutto di denuncia sociale. «Volevamo essere testimoni di un passaggio – aggiunge –, più che di un passato».

A partire dagli anni ’50 del ’900, in Puglia, più che in altra parte del Mezzogiorno, una nuova generazione di intellettuali tenta di ridiscutere la “categoria di Sud”. L’idea di arretratezza e di mancato progresso rispetto al Nord sta stretta. Non che la povertà non ci sia, ma identificare il progresso solo sulla base di ragioni economiche è considerato riduttivo. La poesia in questo scenario gioca un ruolo importante. «Girolamo Comi, Vittorio Bodini, Luigi Fallacara hanno lavorato a lungo per una rifondazione della categoria di Sud, per una rilettura di questa nozione – conferma il poeta Lino Angiuli –. Bodini ha svincolato la provincia e l’umore sotterraneo».

Poeta, docente di Lingua e letteratura spagnola all’Università di Bari, Bodini, al rientro dalle sue peregrinazioni tra Firenze, dove si laurea in Filosofia, e Spagna, dove soggiorna per circa tre anni, avvia una riflessione sull’emarginazione che la storia del Sud ha subito nel contesto di quella nazionale, con il risultato palpabile che poco si dice dei molti aspetti della civiltà e della cultura della società meridionale. «Il Sud ci fu padre e nostra madre l’Europa», scrive. C’è bisogno, quindi, di ripensare il meridione. Gli esiti non si fanno attendere.

A marzo del 1988, nasce a Bari il semestrale In/oltre diretto da Lino Angiuli, dallo scrittore Raffaele Nigro e dall’accademico dell’Università di Bari, Giovanni Dotoli. La rivista, alla quale partecipano importanti intellettuali della scena culturale italiana, «si propone di ridiscutere il concetto di meridionalismo in chiave post-moderna, analizzando i nuovi termini della questione in confronto ai fenomeni culturali legati alle trasformazioni socio-economiche dell’Italia e dell’Europa». In/oltre pubblica i Preliminari per un manifesto dell’arte post-rurale o dell’occidentalismo imperfetto, uscito tre anni prima sul foglio Fragile, e firmato da Angiuli e Nigro. «Il post-rurale – dicono gli autori – nasce dalla riscoperta della nostra imperfetta occidentalità, dalla speranza che nuove energie, finora rimosse e disconosciute, vengano fatte accedere alla farsa del mondo». Dunque, non più il rimpianto, la rigida contrapposizione tra Nord e Sud, tra passato e presente, e un rapporto impostato sul criterio del dominio economico.

Prova a completare il discorso Franco Cassano, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bari, sociologo della cultura dell’Università di Bari, esponente dell’Ecole barisienne. «Se si vuole ricominciare a pensare il Sud – scrive ne Il pensiero meridiano, libro di successo edito da Laterza nel 1996 –, sono necessarie alcune operazioni preliminari. In primo luogo occorre smettere di vedere le sue patologie solo come la conseguenza di un difetto di modernità. Bisogna rovesciare l’ottica e iniziare a pensare che probabilmente nel Sud d’Italia la modernità non è estranea alle patologie di cui ancora oggi molti credono che essa sia la cura. Per iniziare a pensare il Sud è in altri termini necessario prendere in considerazione anche l’ipotesi che normalmente si scarta a priori: la modernizzazione del Sud è una modernizzazione imperfetta e insufficiente, o non è piuttosto l’unica modernizzazione possibile, la modernizzazione reale?».

Il Sud non è un Nord mancato, ma una realtà autonoma ispirata da differenti valori di civiltà in cui la lentezza ha il suo peso e il Mediterraneo la sua forza in termini di civiltà e di frontiera. «Mediterraneo – aggiunge Cassano – vuol dire mettere al centro il confine, la linea di divisione e di contatto tra gli uomini e le civiltà».

Ne è convinto anche papa Francesco che, nel corso dell’incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo frontiera di pace”, ha affermato che «il Mare nostrum è il luogo fisico e spirituale nel quale ha preso forma la nostra civiltà, come risultato dell’incontro di popoli diversi». In quest’ottica il Sud può vantare un nuovo ruolo nel panorama euromediterraneo?

«L’Europa – scrive ancora Cassano –, se non vuole perdersi e aspira seriamente a costruire una figura autonoma di sé, ha molto da imparare dal suo Sud e dal Sud in generale».

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