Inside man

Il regista afroamericano Spike Lee, che spesso si è rivolto alla gente di colore o ha preferito soggetti provocatori: questa volta ha accettato di dirigere una pellicola più universale, non scritta da lui, ad alto investimento finanziario e con attori di richiamo. Egli, tuttavia, ha dichiarato di essere rimasto contrario all’ambiguità di una logica semplificata, che giudica frettolosamente tutto come giusto o sbagliato, senza cogliere i chiaroscuri. Il film ha per tema una rapina in banca e ricorda volutamente Quel pomeriggio di un giorno da cani, ma senza ripeterne la tragicità. Opta per il gu- sto della prodezza divertita, come ne La stangata, arricchita, comunque, di un gioco arguto che offre prospettive sempre nuove, miranti a svelare risvolti sociali. Il tutto è filtrato da un accentuato umorismo, caustico ma non arrabbiato, che permette la distanza dal genere poliziesco consueto, tra l’altro perfettamente riprodotto nella parte iniziale. Esso si accorda all’iperrealismo tipico dell’autore, che ai flash colorati di personaggi caratteristici unisce azioni sorprendenti e improbabili, che mantengono la tensione sempre alta. L’intelligente capo della banda, un Clive Owen, minaccioso, ma sensibile a suo modo, guida il detective (Denzel Washington) e gli spettatori verso la scoperta dell’infamia compiuta da un banchiere 50 anni prima, collaborando con i nazisti. Siamo condotti lungo un cammino sinuoso, per seguire il quale non ci si può distrarre neppure un attimo, verso l’interiorità tormentata di questo uomo anziano, dalla quale deriva il titolo del film. Un’opera, che scopre debolezze comuni, ma, soprattutto, intrallazzi fra governanti e capitalisti (vedi l’intervento della scaltra Jodie Foster). Frutto della cultura alternativa statunitense, critica verso la politica di facciata. Regia di Spike Lee; con Denzel Washington, Clive Owen, Jodie Foster. Raffaele Demaria ALCUNE DOMANDE A FRANCESCO FEI Fiorentino, classe 1967, vive a Milano. Aperto, deciso. Il suo film Onde è la storia, forte e delicata, di due giovani: Luca e Francesca. Si incontrano, provano ad uscire dal loro guscio, fra sogni e ricordi in una Genova claustrofobica, personificazione del mondo d’oggi che vive di immagine. Il tuo primo lungometraggio, dopo tanti corti, video musicali, documentari sociali, videoinstallazioni… Onde è anche un progetto produttivo indipendente: dimostra che esiste un modo diverso, specie a livello economico, di fare un film. Infatti un regista, secondo me, non può affermare una sua idea di cinema se non è, almeno in parte, produttore di sé stesso. Grazie alla stima per i miei lavori precedenti, ho coinvolto professionisti, service produttivi, finanziamenti privati. La nostra forza era l’onestà con cui il film è stato realizzato. E all’estero, in ben 12 festival, l’hanno riconosciuto. Da noi, arriva solo ora…. Il film è una storia d’amore. Particolare, direi. È originale sia perché è la vicenda atipica di un ragazzo cieco e di una ragazza con una voglia sul viso che non riesce ad accettare sia come messinscena: si prende quindi dei rischi narrativi e contenutistici. Il finale poi è volutamente ambiguo. Ogni spettatore, a seconda di come ha vissuto la storia, può darle un esito diverso. Ma Onde non è un film pietistico sull’handicap, perché io tratto la menomazione più dal punto di vista psicologico che fisico. Per questo ho voluto fortemente due attori molto bravi come Anita Caprioli, bella anche con la voglia sul viso nel ruolo di un personaggio anche ostico, e Ignazio Oliva, che mi sembrava l’unico adatto a interpretare Luca. Un lavoro atipico e forse anche critico verso la società postmoderna… Ho smussato ciò che poteva essere troppo critico per non creare dei sottotesti al film. Il quale vuole essere una riflessione più che uno scontro sui nostri tempi, su ciò che ci circonda. In un mondo in cui conta l’immagine, volevo raccontare di Luca, cieco, che vive fuori della confusione attuale e quindi fa da specchio a Francesca, che il mondo ghettizza: lei potrebbe offrirsi alla vita, invece si chiude. Ma è qualcosa che può accadere, accade, anche a noi. Per questo Onde è un film atipico: richiede la partecipazione dello spettatore.

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