A Imperia la spesa più cara d’Italia

Costose anche Genova e Savona. Sul costo dei prodotti pesa la mancanza di aree di stoccaggio
supermercato

«Guardi ’sto benedetto carrello della spesa, ci sono 5 buste. Sa quanto ho speso? 48  euro!». Una signora al supermercato mostra la spesa alla vicina e insieme si lamentano perché fare la spesa nel capoluogo ligure  costa più che in gran parte del resto d’Italia. A dar ragione alle due donne interviene l’ultima rilevazione della Nielsen, azienda che, per conto degli stessi marchi della  grande distribuzione, rileva periodicamente i prezzi medi. Dall’analisi, svolta su circa mille punti vendita e su 178 mila prodotti,  emerge  che  Imperia  è al primo posto tra le province più care d’Italia, Genova è al quarto e Savona al dodicesimo. La Spezia, invece, è in controtendenza e si piazza in 65a posizione, sotto la media nazionale. In un supermercato ligure i detersivi e tutti i generi alimentari  hanno prezzi maggiorati, e non di poco, rispetto alle altre regioni. «E con la ripresa autunnale c’è poco da stare allegri – dice un signore –. Di solito, dopo le ferie tutto aumenta, ma se si continua così, la roba se la tengano. Io vado una volta a settimana in  Piemonte e mi riempio l’auto». I titolari dei supermercati spiegano che in Liguria non ci sono grandi spazi di stoccaggio. Per Antonio Mantero, direttore generale di Basko, «la differenza di prezzi tra città diverse è dovuta a fattori logistici, al costo dei  trasporti e dei rifornimenti fortemente determinati dalla tipologia di negozi che fanno parte della rete di  vendita». L’alternativa c’è: sono i Gas, i gruppi di acquisto solidale, troppo pochi ancora in Liguria, ma con degli obiettivi di grande valore. Ce li spiega uno  dei soci: «Cercare di mangiare prodotti sani; far viaggiare le merci il meno possibile (in Liguria l’obiettivo km zero è impraticabile); sostenere le piccole realtà locali privilegiando l’acquisto diretto. Abbiamo anche sempre portato avanti il proposito di rifuggire dalle evasioni fiscali, per cui abbiamo rifiutato tutti i produttori che non ci facevano ricevuta o scontrino».

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