Il flauto magico

Kenneth Branagh, famoso per le sue riduzioni cinematografiche di opere di Shakespeare, afferma di preferire i classici, perché affrontano temi universali. Così, anche questa volta, ha voluto portare il pubblico del grande schermo a teatro, per introdurlo al mondo fiabesco, eppur profondo, de Il flauto magico di Mozart, con evidente intento divulgativo. Ha usato le più moderne risorse creative del cinema e la capacità della musica di invitare ad immaginare le cose migliori. Ha adattato il libretto, cambiando l’ambientazione egiziana originaria in quella delle trincee della Prima guerra mondiale, la cui drammaticità è più vicina a noi, e l’ha tradotto in inglese. Ne ha stemperato il riferimento massonico dei simboli, conservando i significati più universali. La luce e il buio, per lui, esprimono chiaramente la pace e la guerra, o l’amore e l’odio. Tamino e Papageno si trovano tra le trincee ed in esse dovranno superare le dure prove per congiungersi alle loro amate e per aiutare Sarastro, con un flauto dai poteri magici, ad opporsi alla Regina della Notte e a fermare il conflitto. Un messaggio pacifista positivo, pur nella semplicità ingenua della favola. Il tocco sapiente del regista si sente in vari momenti. Branagh ha ottenuto tutto l’impegno recitativo dei cantanti, che sono riusciti a comunicare le passioni dei personaggi, ed ha stemperato la possibile artificiosità teatrale con una sottile ironia british. Si è avvalso di una fotografia dai colori caldi, riprendendo anche luminosi campi primaverili pieni di fiori, ed è ricorso ad effetti speciali, usandoli con intelligenza, come su un palcoscenico. La macchina sembra obbedire nei suoi movimenti a quelli potenti della musica (diretta dal maestro James Colon) e, talvolta, si ferma in inquadrature originali e ad effetto. Tutti questi elementi confluiscono in una sintesi armonica di immaginazione e di lirica, che lascia nell’anima il senso gioioso del raggiungimento della concordia dopo il superamento delle difficili prove. Quando si esce dal cinema, per un attimo ci pare di essere usciti da un teatro. Regia di Kenneth Branagh; con Joseph Kaiser, René Pape, Lyubov Petrova, Benjamin Jay Davis, Amy Carson.

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