Il disgusto, un’emozione innata

Nel primo numero dell'inserto per educatori di Big, il giornalino per bambini in gamba di Città Nuova, l'analisi di questa emozione primaria fatta da uno psicologo dello sviluppo e dell'educazione
Inserto Big educatori

Nell’era del progresso tecnologico e dei consumi, quello che ci distingue dalle macchine (e speriamo per molto tempo ancora) è la capacità di sperimentare e condividere emozioni, caratteristica umana fondamentale per qualsiasi esperienza e relazione, con gli altri e con il mondo.

 

L’etimo della stessa parola “emozione” (e-movere, ossia “muovere fuori”) richiama ad un movimento da dentro (noi) verso gli altri. L’impoverimento emozionale, pertanto, rappresenta un ostacolo importante nella nostra vita, in modo ancora più significativo nei bambini. Nel tentativo di rimettere le emozioni al loro posto, Big ha deciso di promuovere un percorso di educazione alle emozioni destinato sia ai piccoli lettori che alle principali figure educative (genitori, nonni, insegnanti, animatori…). Un itinerario che ha già toccato alcune tappe (paura, felicità, vergogna…), ma che ne toccherà molte altre (es. rabbia, gelosia, tristezza). In questo numero ci soffermiamo sul disgusto. Insieme a rabbia, paura, sorpresa, tristezza e gioia, molti autori considerano il disgusto una delle emozioni universali, ossia innate e presenti in qualsiasi popolazione.

 

Da un punto di vista psicologico ed evoluzionistico, questa emozione ci permette di allontanare eventuali pericoli o esperienze spiacevoli che potrebbero minacciare il nostro benessere. Si comincia a provare disgusto sin da piccolissimi ed inizialmente è strettamente legato al rifiuto di sapori e odori che non si gradiscono. Con gli anni, questo termine acquisisce anche un significato psicologico, legato a tutto ciò che per il nostro benessere merita di essere allontanato, compresi comportamenti, pensieri, persone, fra cui, in alcuni casi, anche sé stessi. In questo ultimo caso potremmo parlare di disprezzo. In conclusione, è bene ricordare che non esistono emozioni buone o cattive, sarebbe fuorviante considerarle in questi termini perché ciascuna ci permette di sentirci vivi.

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