Il denaro in testa

 Vittorino Andreoli - Rizzoli
Vittorino Andreoli

Che il denaro determini le nostre vite e si prospetti come l’unico valore che vale la pena perseguire è esperienza che ci sovrasta in quest’epoca non solo genericamente edonista e consumista, ma culturalmente centrata sul denaro. La denuncia di Andreoli si fa analisi spietata dei costumi che imperversano. Il noto psichiatra ci mostra con esempi concreti come il denaro sia fonte di malattia e disagio mentale, per poveri e per ricchi. Analizza il desolante rapporto con il denaro che dequalifica parentele, relazioni affettive, collaborazioni, amicizie e prestazioni professionali.

 

Filosofia e psicologia dovrebbero riprendere il loro ruolo mettendo in luce l’esigenza di superare la commercializzazione di ogni dimensione dell’esistenza. Intanto già in economia ci si è accorti che il denaro non basta: Cameron in Inghilterra ha proposto di calcolare diversamente il benessere d’un popolo, senza riferirsi solo al prodotto interno lordo; autori come Amartya Sen prospettano l’economia della felicità, mentre la cultura del dare e l’economia di comunione si presentano ormai come prospettive profetiche percorribili.

Andreoli, contro chi «riduce l’uomo ad un salvadaio che si può rompere troppo facilmente», ci propone l’utopia antica d’un equilibrio tra le diverse dimensioni che ci compongono: affettiva, relazionale, corporea, economica, spirituale. E un equilibrio tra le componenti della società, col superamento d’una rigida divisione qualitativa tra poveri e ricchi; si richiama all’utopia d’una Repubblica come quella platonica in cui la politica non sia guidata da interesse e corruzione, ma dal guardare a bene comune e serenità di ogni persona.

 

Preso atto che il denaro è necessario, liberare mente e cuore dalla schiavitù del denaro appare via per la sanità mentale e la felicità. Del resto, parafrasando il detto evangelico, dove è il tuo tesoro lì sei tu.

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