Il continente che vogliamo

Francesco Tortorella (Italia): Vorrei una Europa che si dedichi con tutte le forze, come ha fatto per la libertà e l’uguaglianza, a vivere la fraternità, non solo all’interno ma con tutti i popoli del mondo.Un’Europa che prenda posizioni comuni, chiare e coraggiose a sostegno delle iniziative di pace.Vorrei fare passi seri verso la riconversione della nostra industria di armamenti: non voglio costruire il mio benessere sulla vendita di armi. Da cittadino europeo vorrei un’Europa che viva la fraternità nell’economia.Vorrei un’economia orientata non all’avere e al consumo ma al dare e alla condivisione. Vorrei utilizzare la stessa quantità di risorse naturali che utilizzano altri popoli nel mondo, non 20 o 50 volte di più. Vorrei che ogni persona nel mondo abbia a disposizione ogni giorno almeno ciò che riceve quotidianamente il contadino europeo per ogni mucca: due euro. Vorrei uomini e donne europei che vivano la fraternità in famiglia, al lavoro, a scuola, in vacanza, nelle scelte economiche: che cioè ricerchino il bene dell’altro come fosse il proprio.Vorrei… ma questo vorrei è già un voglio, perché ho scelto, insieme a tanti di voi, di vivere così ogni giorno, di dare la vita per la fraternità universale. Maja Calfova (Slovacchia): Tanta gente nel mio paese è spaventata dal fatto di dover nuovamente far parte di un miscuglio di popoli. Però, in contatto con giovani di altri paesi, ho scoperto che la mia identità, e dunque l’identità del mio popolo, può essere un dono per gli altri. Sono convinta – perché ne ho fatto l’esperienza – che le diversità di culture e di pensiero diventano ricchezze quando ci rispettiamo senza discriminazioni. Ma mi rendo anche conto che le mie forze umane non bastano. Si riesce invece a vivere così quando mettiamo Dio al primo posto nella nostra vita. Solo lui ci può garantire l’unità nella diversità, dove tutti ci sentiamo fratelli e sorelle, uguali e liberi.Tutto questo non è solo un programma per politici. L’Europa siamo noi; siamo noi che possiamo costruire o bloccare l’unità nel nostro ambiente . Rebecca Wagner (Germania): Ho 17 anni e vado ancora a scuola. Vorrei un’Europa coraggiosa dove uomini e donne superano le loro paure, i loro dubbi, la loro pigrizia. Sogno un’Europa dove gli esseri umani s’impegnano in qualcosa di nuovo, per nuove persone, nuovi volti. Spesso abbiamo paura di rischiare e quindi niente si muove, perché non vogliamo investire delle forze in qualcosa che magari dopo si rivela vano. Però, poiché sperimento di continuo che l’amore di Dio mi tocca, mi cambia, trovo anche il coraggio di impegnarmi. Posso sempre ricominciare da capo perché Dio ama nuovi inizi. Se noi incominciamo oggi, nel piccolo, possiamo realizzare grandi cose. Se penso che tutti gli uomini potrebbero buttarsi in questa realtà, incomincio a vivere alla grande: come potremmo cambiare l’Europa. Kathrin Hartmann (Austria): Lavoro in un’agenzia che organizza manifestazioni per grandi imprese di media.Vorrei un’Europa che non s’imbrogli. Nella mia professione ho a che fare con tante persone molto creative, personalità variopinte e molto interessanti. Parlando con loro mi sono accorta che tutti cercano il grande amore! Per trovarlo alcuni fanno delle canzoni, altri vanno sui palcoscenici per farsi applaudire. Però nello stesso momento mi dicono che non hanno trovato l’amore. Vorrei un’Europa dove tutti si sentano liberi di ammettere di avere ancora delle domande aperte. Un’Europa dove non si costruisce uno pseudo-mondo, per fuggire dai problemi reali e dalle domande della vita. Desidererei, dai cristiani, che non parlino solo la domenica del grande amore che hanno trovato in Dio, ma che tutta la loro vita sia impregnata di quest’amore e che non lo teniamo per noi, ma possiamo comunicarlo ad altri. Andreas Schranth (Germania): Ho 19 anni e ho appena finito l’istituto commerciale. Ora che abbiamo nell’Ue dieci nuovi stati, il mio primo pensiero è stato: Aiuto, adesso che l’Europa è più grande, perdo la supervisione e divento ancora meno importante. Ho difficoltà a vedere l’Europa nel suo insieme e nello stesso tempo come luogo che posso costruire anch’io. Ma non voglio scappare da questa tensione e neanche dalla diversità degli altri. Non voglio farmi impressionare dalla vastità dell’Europa, ma impegnarmi nel mio ambiente. Da solo è difficile, ma insieme con altri cristiani – e questa è la mia esperienza – posso smuovere, cambiare qualcosa. Sogno un’Europa dove i cristiani non si ritirano, ma s’impegnano proprio lì dove ci sono tensioni. Sogno un’Europa dove troviamo nuove strade creative, per cambiare insieme le cose. Noi dell’Ymca abbiamo a Monaco un centro giovanile. Una volta all’anno organizziamo vacanze sportive per bambini e ragazzi. Vengono da diversi paesi, per esempio dalla Croazia e dalla Romania, di tutti gli strati sociali. Ci si allena a giocare al calcio con campioni famosi che insegnano gli ultimi trucchi. Però, giocando si può anche imparare la vita. I ragazzi imparano a perdere, a vincere e ad impegnarsi per questo. Ci alleniamo insieme a loro nel giocare a squadra, in modo leale, e raccontiamo loro che Dio li ama così come sono. Mi entusiasma raccontare giocando della mia fede e della mia vita. Clara Lopez (Spagna): Vorrei raccontare un’esperienza che ormai da quattro anni stiamo facendo noi giovani del Movimento dei focolari. Si tratta dell’Istituto superiore di cultura Sophia. Ogni estate ci troviamo giovani universitari e post universitari di tutta l’Europa, anche con rappresentanti dei continenti extraeuropei, per costruire la fratellanza universale proprio sotto l’aspetto intellettuale e culturale. La nostra sede si trova nella cittadella ecumenica di Ottmaring, in Germania. Le nostre origini culturali sono varie. I nostri professori sono personalità di rilievo a livello europeo e molto competenti nelle loro discipline; ma la caratteristica più importante è il rapporto d’unità che hanno fra di loro e con noi. Abbiamo un unico maestro: Gesù in mezzo a noi. I professori danno tutto di sé, e noi studenti ascoltiamo fino in fondo. Dopo i professori accolgono con ascolto profondo i nostri contributi sull’argomento trattato, e ogni volta sperimentiamo come lo Spirito Santo illumini in una maniera tutta nuova le nostre discipline. Ci sentiamo davvero fratelli, perciò condividiamo poi durante l’anno le nostre gioie, i dolori, le prove, i successi… L’abbiamo sperimentata in maniera speciale noi giovani della Spagna dopo l’11 marzo, quando aprendo la posta elettronica abbiamo trovato un mare di messaggi dai cinque continenti. Quest’unità è più forte della morte, e vogliamo testimoniare a tutti che è l’unica via per risolvere i problemi del mondo.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons