Il Bach di Bahrami

A Roma, all’Accademia santa Cecilia,  il grande pianista, rifugiato politico da Teheran in Italia. Dirige l'orchestra Andrea Battistoni
Il pianista Ramin Bahrami.

Ramin Bahrami, 37 anni, è un rifugiato politico, da Teheran in Italia. «Bach mi ha salvato la vita», continua a dire e a scrivere il pianista, ormai una star mondiale. Una volta tanto, non è una montatura dei press-agent. Bahrami è davvero bravissimo, sconvolgente, una tecnica che è poesia. Perché questo piccolo e robusto pianista è un vero poeta. Non si capirebbe diversamente come potrebbe  rivivere il Bach del Concerto in fa min. per pianoforte archi e basso continuo e quello in re minore, con  le luminose arcate sulla tastiera, i ritmi di una felicità zampillante e poi – nel Concerto in fa – quel Largo dove l’orchestra accompagna col solo pizzicato degli archi  un canto che più divino non si saprebbe dire. È preghiera, amore, è contemplazione e vita. Insomma, è l’anima universale, celeste di Bach così come lo sono i trilli azzurri degli altri tempi.

C’è un candore nel suono  di questo pianista, una purezza di tocco che solo un’anima appunto di poeta può esprimere.

L’orchestra era guidata da un altro giovane talentuoso, Andrea Battistoni, veronese, 26 anni, fin troppo sponsorizzato e che forse dovrebbe studiare ancora tanto perché sul podio esagera nel divismo. Anche il Musorgskij dei Quadri di una esposizione è grandioso, ma è grazie alla duttilità dell’orchestra che il giovane talento può “dominare” la scena. Gli auguriamo di fare tanta strada, con umiltà. Quella di Bahrami, di cui sono in uscita i nuovi cd, ovviamente su Bach (da non perdere).

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