Governo a Gentiloni. Che ne verrà fuori?

L’incarico conferito a Paolo Gentiloni apre prospettive difficili. La strada è stretta verso una maggiore democrazia partecipata
Gentiloni

È inutile nasconderlo. Nell’attuale congiuntura convulsa della politica italiana, l’incarico conferito dal presidente Sergio Mattarella al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che ha accettato con riserva, suscita alcune perplessità. Non si mette in dubbio la scelta del presidente, probabilmente senza alternative reali, ma si sottolinea come il percorso sia irto di ostacoli.

 

Governicchio. Il primo e fondamentale dubbio è che ne venga fuori un governicchio, cioè un piccolo governo, una brutta copia di quello guidato da Renzi. La spinta propulsiva del Turbo-Matteo sembra essersi esaurita nel voto per il referendum. Cosa altro avranno da dire i ministri del governo Gentiloni? Che cosa potranno inventare per tenere a bada l’Europa, per preparare le elezioni, per evitare la salita dello spread, per ridare lavoro ai nostri giovani?

 

Governo per procura. Altro dubbio viene da quel che si dice in giro in Parlamento: premier è Paolo, ma il vero premier resta Matteo. I pentastellati parlano di “gentiloni-avatar”. È un pericolo da prendere in considerazione, vista anche la composizione del governo che si annuncia, sostanzialmente assai simile al precedente, con la differenza di quattro o cinque ministeri entrati in crisi per ministri che hanno suscitato dubbi e per ministri caduti in disgrazia perché non più espressione di gruppi politici ben definiti.

 

Non-governo. Ulteriore interrogativo, che cioè questo governo abbia come solo compito quello di far fare una corretta figura istituzionale all’Italia nei summit internazionali e di arrivare a una nuova legge elettorale. Il rischio è reale, che si esauriscano cioè le poche energie politiche residue nelle trattative con le altre forze politiche per una legge elettorale. Il resto sarebbe solo non-governo.

 

Governo elettorale. Quarto rischio, che il governo Gentiloni sia uno sgabello alla campagna elettorale del Pd, di un partito che Renzi cercherà di incanalare nel suo progetto, concentrando l’attenzione dell’opinione pubblica sulla capacità dell’ex-premier di modellare la macchina elettorale. Il governo potrebbe quindi varare solo misure atte a non alienarsi il favore degli elettori. Senza tener conto delle gravi contingenze economiche, sociali e politiche.

 

Paolo Gentiloni è stato investito di un compito da far tremare i polsi. Per spirito di fiducia, ma anche con spirito istituzionale – uno spirito purtroppo quasi dimenticato in questa nostra Italia turbata e invecchiata – al premier incaricato auguriamo buon lavoro. Lo faremmo anche se fosse stato scelto qualcun altro al suo posto. Con un’aggiunta: che ogni atto compiuto sia per il bene comune e non per i beni particolari. E che giunga al termine del suo mandato dopo aver approvato una legge elettorale condivisa il più largamente possibile. Se fosse così, il governo Gentiloni riuscirebbe a non essere un governicchio, un governo per procura, un non-governo o un governo elettorale, ma un vero governo. Glielo auguriamo, e ci auguriamo che Paolo Gentiloni, che ha capacità di ascolto e senso istituzionale, sappia seguire i suggerimenti del presidente della Repubblica nell’ottica dell' unità nazionale e non degli interessi di singoli leader o di singoli partiti.

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