Gli Usa rinunceranno alla gestione di Internet?

Sta per iniziare il più grande esperimento mai tentato di democrazia mondiale diretta. Entro pochi mesi gli Stati Uniti potrebbero decidere di lasciare ad una governance mondiale il controllo degli indirizzi della rete. Le conseguenze e i rischi di frammentazione. La forza del popolo della Rete che potrà vigilare sulla libertà e sull'universalità del nuovo sistema
internet rete

Il rischio è grande, per questo le scelte dei prossimi mesi sono decisive. O vinciamo o perdiamo tutti. Il rischio è che Internet si frammenti, diventi ostaggio delle potenze regionali, perda le sue caratteristiche più importanti: universalità e neutralità.

 

Forti infatti sono le spinte dei privati, soprattutto multinazionali, perché i messaggi che corrono su Internet siano diversificati: chi paga deve andare più veloce e arrivare prima. Questo significa che sulla Rete non saremmo più tutti uguali, ma verrebbero introdotti gli stessi squilibri e disparità che intristiscono il mondo reale.

 

Ma ancora più forti sono i tentativi dei governi, soprattutto quelli meno democratici, di porre finalmente fine alla libertà su Internet, dove oggi chiunque, un pacifista come un terrorista, può parlare e diffondere le proprie opinioni e i propri slogan. I governi vogliono controllare le persone e la diffusione delle idee in Rete, per cui sono tentati dalla possibilità di “isolare” la propria infrastruttura nazionale dal resto del mondo, portandola sotto il proprio potere. Qualcuno la chiama frammentazione, qualcuno protezionismo digitale, ma al di là delle parole il concetto è sempre lo stesso: fine della libertà in Internet. Fine della possibilità di parlare con chiunque e navigare ovunque si vuole. Ogni governo vuole la “sua” Internet.

 

Nel mondo reale si moltiplicano i muri per isolare le popolazioni le une dalle altre. Come poteva Internet restare indenne da questo virus dei nostri tempi? Finora, una delle ragioni usate dai governi per chiedere la frammentazione della Rete, era il fatto che il controllo fosse, in maniera più o meno ufficiale, nelle mani degli Stati Uniti. Fin dalla creazione di Internet, infatti, il governo statunitense ha gestito gli indirizzi degli oggetti della Rete, tramite il Ministero del Commercio e un’apposita organizzazione: Icann.

 

Gestire gli indirizzi sembra un dettaglio tecnico, ma non lo è. Ogni oggetto in Rete, computer o cellulare o dispositivo intelligente, viene identificato da un indirizzo. Allo stesso modo ogni raggruppamento di indirizzi (geografico o per contenuto) viene identificato da un dominio: per esempio .it per l’Italia. Icann gestisce indirizzi e domini, previo ok degli Usa. Quindi controlla Internet e potrebbe “oscurare” qualsiasi sito o nazione o comunità se lo volesse. Finora non lo ha fatto, almeno non in modo dimostrabile, ma sicuramente c’è un deficit di democrazia globale.

 

Negli anni il controllo statunitense su Icann si è progressivamente allentato. Si è così rafforzato un singolare modello decisionale globale che non ha uguali nel mondo: ogni risoluzione di Icann viene presa, infatti, coinvolgendo non solo i governi (come all’Onu), ma anche imprese, enti tecnici e scientifici, associazioni e singoli cittadini che vogliono contribuire. Una grande partecipazione del popolo della Rete, che ha reso possibile la svolta di oggi.

 

A Marrakech, in Marocco, dopo oltre 10 anni di preparazione, Fadi Chehade, presidente uscente di Icann, ha ufficialmente consegnato al governo Usa il documento con la proposta per il passaggio del controllo di Internet dagli Stati Uniti alla comunità mondiale. Se gli Usa accetteranno, come sembra probabile, dal 30 settembre 2016 avremo una nuova modalità di gestione di Internet, e Icann diventerà indipendente e internazionale. Il documento descrive le modalità per garantire che la Rete rimanga aperta, sicura e stabile.

 

Tutte le componenti della società civile, insieme, sulla base di una modalità basata su consenso e cooperazione, decideranno il futuro della Rete e la sua gestione tecnica e “politica” giorno per giorno. Un esperimento di democrazia mondiale diretta mai tentato. Qualcuno non a caso teme il salto nel buio, teme che senza la “protezione” degli Usa i vari governi in breve tempo prenderanno il sopravvento sugli altri attori coinvolti in Icann. È probabile infatti che, nel gioco di pesi e contrappesi, le potenze nazionali e regionali cercheranno di assicurarsi posizioni di vantaggio nelle trattative. Ma non è scontato che ci riescano.

 

Il motivo è che in questi anni l’esperimento di democrazia diretta in Rete ha funzionato: troppe sono ormai le comunità, le associazioni, le ong, gli enti scientifici, tecnici, religiosi e senza fini di lucro, i gruppi di cittadini che compongono questo popolo della Rete e si interessano alla sua gestione corretta e trasparente. Non credo staranno a guardare. Se non altro perché miliardi di persone nel mondo si sono ormai abituati all’utilizzo quotidiano di Internet, una rete universale, trasparente e neutrale. Un sistema nervoso di cui, come famiglia umana, abbiamo un estremo bisogno.

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