Gli eroi del quotidiano

L’Ambiente appartiene al Paese non a un partito. Non c’è maggioranza od opposizione nella salvaguardia delle nostre terre. La sua prima campagna contro la plastica. Cenni della sua storia. La sua battaglia per la Terra dei fuochi. L’intervista integrale sul numero di agosto di Città Nuova. Nostra intervista al ministro per l'Ambiente Sergio Costa

Generale del Corpo forestale della Campania, poi accorpato ai Carabinieri dal 2017. La nomina a ministro dell’Ambiente, il 1 giugno 2018, appare quasi uno sbocco naturale del suo percorso e della sua opera investigativa per la Terra dei fuochi, «paradigma della disattenzione del Paese verso il nostro ambiente».

Un uomo super partes, il ministro Sergio Costa, un vero servitore dello Stato. Con la passione innata per la tutela dell’ambiente. Di una profonda gentilezza, disponibilità, umanità, in più di un’occasione si è definito «un uomo ordinario, un peone». Allo stesso tempo appare come un fuoriclasse, preparato, determinato, un grande professionista e lavoratore che sarà un protagonista della vita del Paese. Resterà, comunque, un uomo di frontiera che preferisce operare sul territorio piuttosto che dietro a una scrivania.

Perché lei ha scelto di fare questo mestiere?

Ai miei tempi – consideri che ho 59 anni – chi entrava nel Corpo forestale dello Stato lo faceva solo per passione. Dal generale all’appuntato questa era l’unica motivazione. Mi sono laureato in Scienze agrarie, la sede è nel Palazzo Reale di Portici, perché allora non esisteva la laurea in Scienze dell’Ambiente, la facoltà a me intellettualmente più vicina. Poi ho conseguito un Master in Diritto dell’Ambiente a Roma. Ho, insomma, solo assecondato una passione. Poi è chiaro che intercettare i bisogni dei cittadini ti fa virare in una direzione o in un’altra. Tutta la mia carriera si è svolta tra Campania, Basilicata, Lazio, stando sempre al territorio, non dietro a una scrivania. Mi sono calato fino a 20 metri sotto terra per indagare sulle discariche illegali di rifiuti.

Quando laici o sacerdoti, come Enzo Tosti, don Maurizio Patriciello la interpellano, come reagisce?

Quando mi dicono: «Possiamo fare qualcosa insieme?», come faccio a dire di no a gente che ha la mia stessa passione per la propria terra? Mi dedico giorno e notte, ma sempre con stile istituzionale, dove il bene collettivo viene sempre prima del bene individuale. Nella Terra dei fuochi abbiamo lavorato anche per 16 ore consecutive, tutti i giorni, per anni. Nella mia squadra ci sono padri di famiglia che non hanno visto moglie e figli per giorni perché tutti percepivano l’urgenza di trovare delle risposte alle nostre indagini. Nessuno si è mai lamentato anche se, alle 3 di notte, ci si addormentava sui sedili della macchina. Questi sono i veri eroi, gli eroi del quotidiano. Gente che non fa cose eccezionali, ma il proprio dovere fino in fondo. A essere vincente è sempre il gioco di squadra. Si origina dalla passione ed è stimolato dai bisogni dei cittadini perché chi serve lo Stato, a volte, non si accorge delle necessità. L’impegno civile, i comitati locali, gruppi spontanei ti risvegliano la passione che non può infiammarsi leggendo un libro o un articolo su Internet. Solo così ti immedesimi, ti rendi conto che quella terra è la tua terra. Le dico ancora di più. I collaboratori di giustizia, i criminali, quando li interrogavo, mi dicevano: «Grazie per quello che sta facendo». «Come grazie? – rispondevo -. Ma siete voi che avete inquinato il territorio?». «Sì, ma noi non ci rendevamo conto fino a che punto. Lo facevamo per soldi. Non avevamo capito che stavamo facendo del male anche ai nostri figli». «Non so se vi posso credere, ma prendo atto del vostro ringraziamento». E siamo andati avanti nella nostra lotta.

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