Giordani e la sua città

Tivoli, 29 ottobre. Il clima è piacevole, in una di quelle giornate serene e limpide che questo mese ancora regala. Nel pomeriggio appena inoltrato, il cielo è limpido e terso, mettendo ancor più in risalto la bellezza discreta che ogni angolo del centro storico offre senza parsimonia a chi lo visita. Il luogo dell’appuntamento è il complesso monumentale dell’Annunziata, da poco restaurato. La chiesetta con l’annesso ospedale costituiva sin dal XIII secolo uno dei punti nevralgici dell’antica Tivoli. I successivi rifacimenti ne hanno segnato il trascorrere dei secoli, lasciando le tracce della sua ricca storia. Destinato ad eventi culturali ed artistici, oggi accoglie la cerimonia di assegnazione del “Premio Igino Giordani”, giunto quest’anno alla sua seconda edizione. Tra i numerosi intervenuti – il figlio Sergio e altri parenti, amici, estimatori di Giordani o semplici suoi concittadini – a dare un timbro di vivacità sono i giovani presenti, studenti delle scuole superiori della città, ai quali è stato riservato uno speciale concorso. Rappresenta i Focolari il prof. Tommaso Sorgi, direttore del Centro studi Igino Giordani. Una varietà di persone, che mette ancor più in evidenza quanto la sua figura sia conosciuta, stimata ed amata, e come il trascorrere del tempo non ne appanni il ricordo. Non manca di sottolinearlo il vescovo di Tivoli mons. Pietro Garlato, che ribadisce quanto sia “di stringente attualità l’impegno di Giordani per la pace e la convivenza tra i popoli, fatta non di proclami, ma di attenzione e di apertura all’altro”. A fare gli onori di casa, le maggiori autorità cittadine: il sindaco dott. Marco Vincenzi e l’assessore alla cultura prof. Giuseppe Tripodi. Nei loro interventi spiegano le motivazioni del premio: quest’anno si son volute privilegiare le donne, nel concorso riservato alle scuole, e nell’attribuzione del premio stesso. La donna, sia nel passato che nel presente, ha pagato sempre un pesante fardello per la pace. “Questa vuole essere un’occasione – dice il sindaco – per darle un giusto riconoscimento, anche alla luce del grande apprezzamento della donna che Giordani ha avuto sempre nella sua vita, sia pubblica che privata”. Il Giordani “privato” Il ritratto di Giordani a grandezza naturale campeggia accanto al tavolo dei relatori, e quel suo inconfondibile sguardo, arguto e mite insieme, sembra ancora coglierti di sorpresa, invitandoti ad uno scambio, o solo ad un saluto, mai però banali e per nulla scontati. E pare incoraggiarti ancora a vivere sino in fondo la tua “avventura cristiana”, fedele e libera, e talora anche rischiosa. È la sua esperienza. Viene spontaneo pensare che, proprio in un ambiente così ricco di bellezze naturali ed artistiche, Giordani bambino aveva iniziato il suo apprendistato di cittadino del mondo. La sua abitazione non è distante dal luogo dove ci troviamo. Raccontava che, ad appena sei anni, entrato nelle elementari, suo padre lo assunse come garzone muratore nei giorni liberi e durante le vacanze estive. Verosimilmente, proprio qui intorno, egli ha dunque imparato ad usare la cazzuola. E pure la zappa, come vengo a sapere da un’anziana signora amica di famiglia, presente alla cerimonia. Ha ancora vivo il ricordo del padre di Igino, che curava anche l’orto di un convento di suore non molto distante, e che spesso conduceva il figlio con sé. A consegnarci invece di Giordani papà un ritratto dalle tinte tenui e delicate, quasi un acquerello, è sua figlia Bonizza, che ha scritto per l’occasione una inedita testimonianza, in cui traspare il suo rapporto privilegiato, affettuoso ed insieme complice, di unica figlia nata dopo tre maschi, con suo padre. Ricorda così la circostanza in cui papà Igino la condusse con sé nel focolare di Trento, agli inizi degli anni Cinquanta: “All’età di dieci anni, mi ammalai di polmonite. I miei genitori erano disperati. Fu deciso per me un periodo invernale da passare in montagna. Fui mandata a Cortina, in una pensione solo per bambini. Si studiava poco, si mangiava molto e si facevano lunghe passeggiate. Mio padre poi mi venne a riprendere e per l’occasione fui portata a Trento, dove conobbi Chiara e le sue giovani amiche. Fui ospite nella loro casa. Ricordo ancora con dolce nostalgia la gioia e l’allegria di quelle ragazze giovani e così indaffarate, ma tanto affettuose e piene di attenzioni, con un enorme coraggio, in quella casa che a me pareva grande e molto semplice “. Fedeli a Dio e all’uomo Sono tre le studentesse che, con diversi mezzi espressivi, hanno illustrato il tema proposto. E due i premi, attribuiti ex aequo a due modelli diversi di impegno al femminile. Il primo è approdato in Palestina, come giusto riconoscimento ad una comunità religiosa, le suore minime del Sacro Cuore del convento della Natività di Betlemme. I fatti sono noti: le immagini dell’assedio nell’aprile scorso da parte dei carri armati israeliani alla basilica hanno fatto il giro del mondo, tenendo per 39 interminabili giorni col fiato sospeso il mondo intero. Ciò che è meno conosciuto è che, accanto ai francescani del convento adiacente alla basilica, impegnata in un’opera paziente di servizio e di pacificazione, c’era una piccola e fragile comunità di quattro religiose – tre italiane ed una egiziana -, e tra esse la settantacinquenne Maria Rosaria Vinci. “Avendo avuto la possibilità di allontanarsi, d’accordo con la loro madre generale hanno scelto di rimanere, al fine di allontanare una strage che pareva inevitabile”. Questa la motivazione del premio. La religiosa che ritira il premio si schermisce, quando qualcuno pensa di sottolineare questa linea di condotta come un atto di eroismo. Ribadisce con dolcezza, ma con fermezza: “Si tratta semplicemente della fedeltà ad un impegno”. L’altro premio raggiunge, a Ca’ Sassino- Grotte di Strambino in provincia di Torino, Adriana Zarri. Da scrittrice, giornalista ed anche teologa, ha saputo tratteggiare in poche righe un ritratto di Giordani “soprattutto uomo di pace”, costantemente teso verso il ripudio della violenza bellicista, spesso non compreso per la radicalità della sua azione politica. “Spirito troppo coerente e libero per essere accettato senza riserve, più volte sconcerta i suoi lettori. Quale direttore del Popolo, esortato ad essere più in linea con le direttive del partito, egli non accetta di essere un “direttore diretto” e si dimette”. Come donna, rileva con piacere la sua stima per la femminilità. “Tre sono le figure femminili – dice – che hanno segnato la sua vita: Maria di Nazaret e – molto più in basso ma pur sempre in alto – Caterina da Siena e Chiara Lubich”. Viene a ritirare il premio, a nome della Zarri, Rossana Rossanda, giornalista, tra i fondatori del Il Manifesto. “Mi lega ad Adriana – spiega – un’amicizia che dura da trent’anni. Da qualche tempo, con l’avanzare dell’età, si allontana con difficoltà dalla sua casa di campagna, dove conduce una vita quasi eremitica. Ma dal silenzio del suo eremo fa scaturire parole nuove ed incisive, che richiamano ad una fede essenziale o, per chi come me non è credente, a ritrovare una dimensione nuova all’agire per l’uomo”. Si conclude così la seconda edizione del premio Giordani. Usciamo tutti arricchiti dal ricordo della sua esperienza di “cristiano ingenuo”, come lui stesso amava definirsi.

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