Francesco: è Gesù la verità che libera

Il papa invita i giovani cristiani ungheresi ad essere lievito nella ricostruzione spirituale del loro popolo, e a non mischiarsi con le logiche del potere
Il papa in Ungheria. (AP Photo/Andrew Medichini)

Nel suo 41° viaggio, 28-30 aprile ’23, papa Francesco è tornato in Ungheria dopo aver celebrato, nel settembre 2021, la Messa di chiusura del Congresso Eucaristico Internazionale. Una solenne coincidenza perché Budapest, capitale dell’Ungheria, proprio 150 anni fa stabiliva i suoi confini unendo le cittadine di Buda, Obuda e Pest.

Vivendo in Ungheria e a contatto con vescovi che considerano questo viaggio una “grazia”, i gesti, le parole di Francesco in terra magiara sono tessere di un mosaico compiuto nell’incontro con docenti e studenti dell’Università Cattolica Péter Pázmány.

Già nella calda accoglienza della presidente, Katalin Novak e del primo ministro Viktor Orban, il papa non aveva scansato gli argomenti che nella stampa estera tacciano con negatività la politica ungherese. Elencando gli attributi di Budapest come città di storia, di santi e di ponti si è soffermato sul “ponte delle catene” che «ci aiuta a immaginare un’Europa simile, formata da tanti grandi anelli diversi, che trovano la propria saldezza nel formare insieme solidi legami. In ciò la fede cristiana è di aiuto e l’Ungheria può fare da “pontiere”, avvalendosi del suo specifico carattere ecumenico: qui diverse Confessioni convivono senza antagonismi».

Un’efficiente collaborazione tra Stato e Chiesa ha bisogno di «ben salvaguardare le opportune distinzioni. È importante che ogni cristiano lo ricordi, tenendo come punto di riferimento il Vangelo, per aderire alle scelte libere e liberanti di Gesù e non prestarsi a una sorta di collateralismo con le logiche del potere. […] Chi si professa cristiano, accompagnato dai testimoni della fede, è chiamato principalmente a testimoniare e a camminare con tutti, coltivando un umanesimo ispirato dal Vangelo e instradato su due binari fondamentali: riconoscersi figli amati del Padre e amare ciascuno come fratello».

Il Paese, che per il conflitto nella vicina Ucraina non ha appoggiato la via delle armi e si è espresso contro le sanzioni alla Russia, ha accolto e sostiene molti profughi e si prodiga con molta larghezza in aiuto agli sfollati, oltre un milione che hanno attraversato l’Ungheria dalla fine di febbraio 2022.

Nell’incontro avuto nel pomeriggio di venerdì 28 con vescovi, anche greco-cattolici, sacerdoti, consacrati, catechisti, diaconi e rappresentanti delle varie realtà ecclesiali, papa Francesco ha spiegato perché l’accoglienza deve essere “profetica”. E ricordava il cardinale primate József Mindszenty con la sua affermazione: «Se c’è un milione di ungheresi che pregano, non temo il domani». Gli ungheresi che vivono negli attuali confini dell’Ungheria sono 10 milioni.

I giovani ungheresi col papa (AP Photo/Denes Erdos)

Nello Sportarena a 11 mila giovani esultanti Francesco ha detto: “sono felice di stare con voi”. E loro sono stati toccati dalla sua caratteristica “parresia”, come qualcuno ha detto: «Mi convince e mi infiamma il modo in cui papa Francesco ci confida che Gesù non fa tante prediche ma fa strada con ognuno di noi».

Dopo Giovanni Paolo II che è stato in Ungheria nel 1991 e nel 1996, molto è cambiato. Il Paese si era da poco liberato dal comunismo e dal 2004 l’Ungheria fa parte dell’Unione europea. I magiari hanno sostenuto un importante sviluppo economico e la città di Budapest si è affermata come importante meta turistica internazionale. Nell’agosto del 1991 Giovanni Paolo II aveva indicato ai giovani un modello: Santa Margherita.

«Nel secolo XIII la vostra patria come anche la mia hanno subìto una distruzione profonda a causa dell’invasione dei tartari. Santa Margherita, figlia del re, ha ricevuto da Dio un carisma speciale per diventare lievito per la ricostruzione spirituale del suo popolo. E qui dobbiamo capire bene l’analogia con i nostri tempi. I paesi come la vostra patria sono passati attraverso una distruzione spirituale, morale, e adesso ci vuole un lievito per la ricostruzione spirituale della società. I giovani vogliono essere questo lievito, implorano da Dio questo carisma di essere lievito della ricostruzione spirituale del popolo ungherese».

Francesco fa eco all’augurio del Papa polacco incoraggiando i giovani a non diventare grandi scavalcando gli altri, ma servendoli e allenandosi a puntare in alto, perché siamo in cammino con Gesù e “nessuno può prendere il suo posto”. Lo aveva anche detto ai bambini dell’Istituto Beato László Batthyány-Strattmann, Gesù «è venuto a prendere la realtà com’era e portarla avanti».

E per far questo suggeriva, a pastori e laici, lo strumento della preghiera «perché le risposte vengono dal Signore e non dal mondo, dal tabernacolo e non dal computer».

E affrontando il tema della conoscenza, all’Università Cattolica, ricordava Romano Guardini che «non demonizza la tecnica, la quale permette di vivere meglio, di comunicare e avere molti vantaggi, ma avverte il rischio che essa diventi regolatrice, se non dominatrice, della vita».

Il papa in Ungheria (AP Photo/Andrew Medichini)

A conclusione del suo discorso, e del viaggio che aveva come motto “Cristo è il nostro futuro”, Francesco ha ribadito che è Lui la verità che libera: «L’Ungheria ha visto il susseguirsi di ideologie che si imponevano come verità, ma non davano libertà. E anche oggi il rischio non è scomparso: penso al passaggio dal comunismo al consumismo. […] E quanto è facile passare dai limiti imposti al pensare, come nel comunismo, al pensarsi senza limiti, come nel consumismo! Da una libertà frenata a una libertà senza freni. Gesù invece offre una via d’uscita, dicendo che è vero ciò che libera, quello che libera l’uomo dalle sue dipendenze e dalle sue chiusure. La chiave per accedere a questa verità è un conoscere mai slegato dall’amore, relazionale, umile e aperto, concreto e comunitario, coraggioso e costruttivo».

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