Fontem una danza alla vita

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Incappucciati con la stessa stoffa di juta grezza della lunga tunica, fanno il loro ingresso una ventina di uomini misteriosi. Avanzano a passo di danza sul ritmo dei tamtam, dei tamburi e degli altri strumenti tradizionali. La folla – 4 mila persone provenienti dai diversi regni – disposta in ampio cerchio nell’anfiteatro naturale davanti al palazzo del fon di Fontem, ad Azi, applaude in modo vigoroso. Siamo in Camerun, Africa occidentale, poco sopra l’equatore. Inizia il cry die, ovvero la fine del lutto. Così chiamano qui la solenne cerimonia, che si è svolta il 10 gennaio scorso secondo gli antichi usi della tradizione del popolo bangwa. Questa volta, il rito riguarda la-regina-inviata-da-Dio, ovvero la Mafua Ndem, l’appellativo tributato a Chiara Lubich nel 2000 da parte del re. Gli incappucciati continuano la danza incitati dalla gente. Sono gli uomini della società sacra, ignoti anche al fon, che hanno il compito di custodire la tradizione e farla rispettare al re e al popolo. Stanno cercando la persona scomparsa che, per i bangwa, non è morta ma avviata verso un lungo viaggio. Mestamente gli incappucciati si dispongono in cerchio. Il dolore per la perdita Il fon di Fontem lascia la tribuna regale ed entra nel cerchio degli uomini della società sacra. Avvia una danza, cui si aggiunge la mafua, la regina. Il fon e il gruppo emettono suoni gutturali e cantano con voce roca. È il dolore per la perdita dell’amata persona. Corre un brivido tra la folla. I volti si sono fatti seri: c’è commozione. Non siamo, infatti, davanti ad una manifestazione folkloristica, ad uno spettacolo etnico. Nessuna finzione. È un dolore autentico che trova espressione pubblica. Adesso si comprendono appieno le parole del sindaco di Fontem: Non ci sarà mai più una persona come Mafua Ndem Chiara. Il suo nome è entrato nel nostro vocabolario . E quelle del presidente dell’associazione culturale dei bangwa: Chiara è stata capace di risolvere tanti nostri problemi. Soprattutto ci ha fatto diventare una famiglia. Una dolce voce femminile intona l’augurio per il buon esito del viaggio intrapreso dalla Mafua Ndem. Alcune danzatrici mostrano grandi foto di Chiara. Vita e morte, qui, camminano (e danzano) assieme. L’una rimanda all’altra, ma per esaltare la vita. E in effetti il cry die è una formidabile celebrazione della vita, con tutte le sue dimensioni. Tanto che, asciugato il pianto, prorompe la gioia per la vita che continua. E la vita è danza, canto, abilità. Si alternano gruppi di danzatori in abiti sgargianti, cori di ragazze, coreografie rituali, gigantesche maschere in legno, equilibristi su trampoli capaci di tutto. Ritmo, frenesia, vitalità. Fino al momento culmine: la danza regale. Ed ecco il fon nuovamente in scena. Esplosivo, atletico, con i suoi 48 anni. Corpetto rosso vellutato, due piccole tigri di stoffa sulle spalline e una straordinaria velocità nelle gambe. L’affianca la regina: passi brevi, ritmo frenetico. In quello stesso scenario, nel giugno 1966, il padre dell’attuale re, il fon Defang, aveva accolto Chiara con profonda gratitudine – è una storia che tanti lettori conoscono -, perché i focolarini, medici e infermiere, avevano iniziato ad abbattere l’elevatissima mortalità infantile. In precedenza, il re, dopo l’esito infruttuoso dei riti tradizionali, si era recato dal vescovo di Buea, mons. Peeters, per supplicarlo di pregare il Dio dei cristiani. Il presule conobbe la Lubich al Concilio e le girò la richiesta. Nel 1963 arrivarono in Camerun i primi focolarini, nel ’66 si stabilirono tra le poche capanne di Fontem. Ripercorre quegli inizi l’attuale fon, Lukas Njifua, nell’intervento che apre la giornata, sino a rievocare la scomparsa di quella donna inviata dal Cielo. Le scarpe di Chiara erano talmente grandi che chiunque avrebbe avuto paura di calzarle, dice volgendosi a Maria Voce e a Giancarlo Faletti, prima di proseguire: Siamo sicuri che avete accettato il nuovo compito con timore, ma sappiamo che Gesù ha detto: Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi. Poi, conferma: Il patto che mio padre ha stretto con Mafua Ndem Chiara continuerà tra il popolo bangwa e il Movimento dei focolari. Custodi del trono Una grande torcia accesa viene consegnata al fon. Indica la luce portata da Chiara che unisce tutti. Sua maestà si avvicina a Maria Voce e le porge la torcia. Alla presidente e al co-presidente dei Focolari il fon offre poi gli abiti regali e li onora elevandoli al titolo di Custodi del trono, ovvero custodi dell’eredità di Chiara. Sono grata a Dio – esordisce Maria Voce -, che ha guidato i miei passi per portarmi a fare il primo viaggio continentale della mia presidenza proprio in Africa. Oggi celebriamo Chiara, il suo ideale di solidarietà, condivisione, amore, che, come avete scritto nell’invito ufficiale, non può morire. La notte precedente era piovuto in abbondanza. Eppure, nella stagione secca, non viene giù una goccia. Nessuno stupore, però, per i bangwa. Era un segno del Cielo: Mamma Chiara ha innaffiato quanto aveva seminato per farlo crescere. Messa solenne Il giorno prima, 9 gennaio, nella grande chiesa di St. Claire a Fontem, era stata celebrata la messa solenne di commemorazione per Chiara, presieduta dall’arcivescovo emerito di Bamenda, mons. Paul Verdzekov. Duemila persone assiepate, alcune centinaia fuori. Nella folla, grandi macchie di giallo e verde chiaro, i colori della stoffa con cui erano stati cuciti tantissimi abiti. È una tradizione locale, per esprimere manifesta partecipazione all’evento. Il tessuto riproduceva immagini di Chiara e sue frasi. Il Vangelo è di Giovanni: la pagina del testamento di Gesù. L’arcivescovo fa dell’omelia un colloquio con Chiara e ne rievoca le gesta in questa valle. Gli splendidi cori fanno vibrare i fedeli, le processioni si susseguono a passo di danza, con il ritmo, ora lento, ora incalzante, dei vari momenti. Dopo tre ore e quaranta, la benedizione finale. Il tempo è volato, la lode ha coinvolto tutti, corpo e anima, la celebrazione è stata un festoso rendimento di grazie per il dono di Chiara. Davanti all’ospedale – realizzato e portato avanti da focolarini e gente del posto -, viene scoperta e benedetta una statua in vetroresina, commissionata al Centro Ave, di Loppiano. Simboleggia Chiara con tre bambini bangwa, protesa nell’andare con tutti verso Dio. È l’occasione per presentare la Fondazione Chiara Lubich, iniziativa locale (quasi tutti ex studenti del college di Fontem) per diffondere la fraternità, sviluppare il dialogo ecumenico e interreligioso, favorire l’accesso all’educazione. Tutto parla di un’eredità che si vuole far fruttificare per mettere il luce cosa sia capace di produrre l’amore reciproco. LA PRESIDENTE VOCE Ammirazione per la loro religiosità Ho provato ammirazione per tutta la parte celebrativa, solenne, peculiare di questi popoli. Molto belle le cerimonie e le danze, con una viva partecipazione di tutti. Per loro era un bisogno del cuore rispondere al messaggio di Chiara.Vederli venire dopo ore di cammino per accoglierci quali continuatori della vita di mamma Chiara, come la chiamano, è stato toccante. Più volte mi sono anche commossa, perché mi volevano far vedere il bene che Chiara aveva voluto loro. Appena rientrata dal Camerun, Maria Voce traccia un primo consuntivo del viaggio. Nel 2000 Chiara fece fare un patto d’amore reciproco tra due fon. Ora sono una ventina. Cosa si va profilando? È un’esperienza unica. Sono responsabili di popoli che desiderano guidare secondo una visione evangelica illuminata dal carisma di Chiara. Se ne sono fatti promotori presso altri fon. Organizzano incontri, spesso nel palazzo reale, e comunicano in pubblico i cambiamenti della loro vita. D’altra parte, sentono che quest’azione nasce dal carisma di Chiara. Attingono al movimento e desiderano esserne riconosciuti come appartenenti. Per questo mi hanno voluta incontrare, e io, visti i frutti, li ho riconosciuti come tali. Come vede questa novità la Chiesa camerunense? È una presenza importante anche per la Chiesa locale, come mi hanno sottolineato alcuni vescovi, che prendono atto della capacità di penetrazione del messaggio evangelico vissuto attraverso queste autorità tradizionali. Sono la via obbligata per arrivare al popolo. Ecco la genialità di Chiara: aver capito di coinvolgerli in prima persona. I fon sono l’autorità religiosa tradizionale, eppure promuovono l’evangelizzazione. Rischi di sincretismo? Non credo ci siano pericoli. Ho visto quanto è chiara in loro la differenza tra quello che trasmette il carisma e quello che indica la loro religiosità. La maggior parte di loro sono poligami, ma a nessuno viene in mente di andare alla comunione. Allo stesso tempo, pur rimanendo poligami, sanno di poter promuovere l’amore reciproco. Mantengono, poi, quei riti tradizionali che non contrastano con il Vangelo e cercano di cogliere dal messaggio di Gesù tutto quello che possono vivere. Penso che pian piano cadranno gli aspetti in contrasto con la Buona Notizia. Non si tratterà di rinunziare a qualche valore, ma di acquisire un valore più grande, come uno sviluppo interno. Benedetto XVI arriverà in Camerun a marzo. Il suo augurio? Spero che avvenga un incontro profondo tra il papa e la religiosità profonda del popolo africano. Potrebbe diventare il momento per far tesoro dei valori dell’Africa nella Chiesa intera. Aiuterebbe, tra il resto, noi occidentali a liberarci dal senso di superiorità che anche inconsciamente abbiamo, e che si sgretola solo quando siamo immersi con loro nel loro continente

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