Fondi europei per la sicurezza e i migranti in Africa

Avanzano gli accordi tra Unione europea, Unione africana e i Paesi del Sahara. Impegno militare, per la sicurezza della regione, ma anche per lo sviluppo

Riuniti a Bruxelles venerdì scorso, i capi di Stato e di governo rappresentanti dell’Unione europea e dell’Unione africana, con in prima fila il presidente del Niger, Issoufou Mahamadou (presidente di turno del G5 Sahel), la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron e il premier italiano Paolo Gentiloni, i presidenti dei Paesi africani presenti si sono detti soddisfatti del maggior sostegno finanziario da parte dell’Ue.

I cinque Paesi del G5 del Sahel, cioè Mali, Niger, Burkina Faso, Mauritania e Ciad, hanno messo in campo 414 milioni di euro di finanziamenti, tra cui 50 milioni di euro donati dall’Ue, che si aggiungono ai 50 milioni di euro già concessi a giugno (erano stati promessi altri cospicui fondi dai donatori extra-Ue, ma le promesse non sono state onorate). Perché questi fondi? Per istituire una forza militare, composta dai cinque Paesi africani con il supporto europeo, progettata per combattere i jihadisti nella regione del Sahel, ma anche i trafficanti di droga. Anche l’Italia invierà i suoi soldati in Niger.

«Dobbiamo evitare che il Sahel diventi un santuario dei gruppi jihadisti, perché la regione è la porta accanto all’Europa», ha detto il segretario generale dell’Unione africana Moussa Faki Mahamat. «La stabilità dell’area è importante per la sicurezza nell’Unione europea», ha riconosciuto il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, all’unisono col primo ministro belga Charles Michel.

In effetti, la regione del Sahel è una via di transito per i migranti che cercano di raggiungere l’Europa imbarcandosi dalle coste della Libia e della Tunisia. Nel mirino dell’iniziativa finanziata dagli europei, come sappiamo, non c’è solo (e non c’è tanto) il terrorismo jihadista portato avanti da varie sigle, spesso confuse, ma anche e soprattutto il flusso di migranti che attraverso il Sahel poi arriva in Europa.

Di fronte a queste sfide comuni, la risposta non può essere solo militare, ma soprattutto politica e di sviluppo. Due iniziative rispondono a queste sfide. La forza comune transfrontaliera del G5 Sahel, che illustra la volontà degli africani di prendere in carico la propria sicurezza, e l’Alleanza del Sahel, che si basa su un approccio reciproco di responsabilità tra i principali partner di sviluppo (Unione europea in primis) e gli Stati del G5.

Francia e Germania hanno annunciato importanti contributi bilaterali in materia di aiuti allo sviluppo: 1,2 miliardi di euro in cinque anni dalla Francia, 1,7 miliardi dalla Germania, meno dagli altri partner europei. L’Unione europea ha stanziato complessivamente 8 miliardi di euro per gli aiuti allo sviluppo nel periodo 2014-2020.

La forza del G5 Sahel non sostituisce, ma integra l’azione della missione delle Nazioni Unite in Mali (Minusma) il cui mandato è di aiutare le autorità maliane a stabilizzare il loro Paese. Destinato a diventare pienamente operativo a metà del 2018, la forza del G5 Sahel opererà dunque a fianco dei 4 mila soldati della forza anti-jihadista francese Barkhane e dei 12 mila uomini dell’operazione di mantenimento della pace dell’Onu.

 

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