Europa allo sbando sulle politiche migratorie

Mentre nel Mediterraneo si continua a morire e dalle coste siriane e nordafricane non cessano le partenze, i Paesi europei continuano a trincerarsi e a limitare la circolazione nel proprio territorio. E intanto la missione Nato rischia di trasformarsi in un’azione di respingimento collettivo.
migranti AP

Dopo un viaggio da incubo, magari ancora spaventati e provati dalle estreme condizioni di navigazione, con un mediatore altrettanto stanco ecco che davanti ai migranti si prospettano due vie: vedersi trasformati in migranti economici e quindi con un foglio di respingimento in arrivo a breve o diventare richiedenti asilo con una porta aperta sul futuro. Non sono pochi i casi di chi pur arrivando dallo stesso Paese si vede mettere in tasca un documento di espulsione che gli impone di lasciare l’Italia in pochi giorni e chi invece ha diritto alla protezione umanitaria.

 

Loredana Leo avvocato e vicepresidente per il Lazio dell’Asgi  (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) con i suoi colleghi da settimane sta cercando di sbrogliare la matassa che vede eritrei, nigeriani, gambiani con fogli di via in tasca, ignari del sistema di protezione internazionale ai cui avrebbero diritto.  Intanto la Nato ha annunciato uno schieramento di forze sull’Egeo per fermare i trafficanti di esseri umani, anche se gli esperti leggono dietro questa missione un’azione di respingimento dei migranti verso le basi di partenza.

 

Avvocato Leo, cosa pensa della missione annunciata dalle forze Nato?

 

«Preciso che saranno impiegate tre navi e spero non si arrivi ad azioni militari che potrebbero compromettere la vita delle persone. Sorprende che dopo tante critiche all’Italia per la politica dei respingimenti adottata verso la Libia durante il periodo di Gheddafi, ora sembra che anche la Nato si stia orientando in tal senso. Anche se i respingimenti di fatto, secondo i racconti di alcuni migranti sono in atto da mesi. In tale direzione sembra orientarsi anche tutta l’Europa che invia aiuti alla Turchia perché di fatto crei una barriera all’ingresso nei paesi dell’Unione. Soldi in cambio di campi profughi».

 

Anche in Grecia la situazione non è meno allarmante…

 

«La situazione ellenica è diversa perché la Grecia è considerata paese non sicuro dal 2011, quando la Corte europea la condannò assieme al Belgio, reo di aver mandato in territorio greco un richiedente asilo esponendolo al pericolo di trattamenti inumani e degradanti. Da quel momento i trasferimenti verso la Grecia non avvengono e di fatto non si creano campi. E la Convenzione di Dublino non viene applicata alla Grecia, paese di primo approdo, ma al secondo Paese dove si arriva. La Turchia invece deve essere accreditata come Paese sicuro per evitare stavolta che la condanna si estenda a tutti i Paesi Ue per espulsioni collettive e trattamenti inumani».

 

L’Europa in queste settimane si sta di fatto trasformando in fortezza: la Svezia annuncia rimpatri, la Danimarca il sequestro dei beni ai migranti e ora l’Austria attiva controlli restrittivi alle frontiere. Ogni paese sembra condurre una propria politica migratoria…

 

«Le politiche dei Paesi europei sono fuori controllo e anche quelli che di fatto hanno accettato ob torto collo di dover ospitare migranti hanno stabilito che ne terranno solo un numero controllabile, mentre il resto verrà inviato in Turchia a proprie spese. I rimpatri dalla Svezia non sono una novità, perché avvenivano già con i profughi afgani. Il Paese ha fatto verifiche serie sulle domande di asilo, prima di questo annuncio ufficiale. Anche qui i media hanno preferito enfatizzare i numeri per far presa sull’opinione pubblica e non il tempo in cui i rimpatri avverranno: tre anni, con possibilità che accadano modifiche. Infine la Danimarca con il sequestro dei beni personali ha messo il timbro su un’Europa fortemente emotiva nelle sue scelte che dopo la foto di Aylan, il bambino morto sulla spiaggia greca, ha aperto le sue frontiere e che ora si avvia a modificare drasticamente il trattato di Schengen sulla libera circolazione di beni e persone»

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La crede attuabile la confisca dei beni? Qualcuno l’ha ventilata anche per l’Italia…

 

«L’Italia nella sua Costituzione vanta un diritto all’asilo politico con condizioni più ampie e garantiste della stessa convenzione di Ginevra, per cui se venisse approvata una legge a riguardo sarebbe contraria al dettame dei Padri costituenti anche sul fronte della tutela della proprietà privata di una persona, garantita sempre tranne in casi di espropriazione dove però deve esserci un risarcimento economico equivalente. Non so come una norma di questo tipo si concili con la costituzione danese, ma  togliere ad un migrante che ha perso tutto o ha lasciato tutto, beni personali come cellulari o gioielli gli unici valori che gli sono rimasti è psicologicamente mortificante e traumatizzante».

 

Non crede che i fatti di Colonia dovessero meritare una risposta dura…

 

«In quel periodo la Germania era attaccabile e vulnerabile perché la scelta del “Refugees welcome” ha mostrato anche le tante falle nel sistema di sicurezza, ma pensare che mille molestatori si siano dati appuntamento in quella piazza è irreale e anche la loro vaga identificazione, nordafricana, ha contribuito ad innalzare il livello di paura e di allerta. Non nego la gravità dei fatti, ma mi insospettisce l’eccessiva enfasi mediatica: serviva forse una giustificazione forte alle politiche di respingimento già in atto ma che fino a quel momento avvenivano sotto silenzio?  I controlli delle frontiere c’erano già prima di Colonia, come gli hotspot per l’identificazione, anche i rimpatri avvenivano ugualmente, ma certo quelle molestie hanno dato un incentivo alle politiche di restrizione dell’accoglienza che neppure i fatti di Parigi erano riusciti a provocare».

 

I rimpatri saranno sufficienti a scoraggiare nuove partenze?

 

«I rimpatri non fermeranno le persone dal volere una vita diversa, soprattutto dopo averla vista con i loro occhi nei nostri Paesi. Il rischio è di alimentare fratture e diffidenza verso un Occidente che li rimanda in luoghi di estrema povertà senza attuare politiche di sostegno allo sviluppo. La sorpresa poi è trovarsi davanti un’ Europa immaginata garantista sui diritti fondamentali e che in realtà li tratta come numeri e li costringe a situazioni frustranti come le battaglie nelle questure italiane o li lascia in balia dell’incertezza e della casualità per cui accade che due persone dello stesso paese arrivate sulla stessa nave si trovino una con un foglio di espulsione e l’altra trasferita in Austria. Questi episodi mostrano un sistema europeo vulnerabile e che crea vulnerabilità. E poi attenzione: la limitazione dei diritti dei migranti si sta di fatto trasformando in limitazioni dei nostri diritti e ha una ripercussione anche su noi cittadini europei che siamo sempre più controllati e meno liberi. Il farci sentire insicuri, con militari sparsi nelle città, in fondo autorizza i nostri governi a controlli non sempre necessari».

 

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