Eravamo poveri ma non cacciavamo via nessuno

Memorie di un’Italia attraversata dalla guerra mondiale e dal conflitto civile. Uno sguardo che esce dagli schemi e ci consegna la necessità di non cadere nella tentazione di creare il nemico. Questo è il tempo di ricominciare
museo Torino

Sui media in questi giorni si mette l’accento sulla Memoria, prevalentemente concentrata sulla Shoah, sui nazisti e sui tedeschi che si sono comportati come belve, ed è tremendamente vero ed inconfutabile.

Io sono del 37 ed ho vissuto la mia infanzia durante e dopo la guerra. Oggi conservo memoria di quanto ho visto e vissuto: nel 42 siamo sfollati da Torino, già bombardata dagli inglesi, e ci siamo rifugiati presso i nonni in un paese  dell’alessandrino.

A quel tempo il paese contava forse 2 mila anime che sono diventate 7/8000 a causa degli sfollati dalle città, specie dalla Liguria.

Non ricordo che qualcuno si sia opposto alla requisizione  degli ambienti vuoti delle case( vuol dire le stanze vuote, non gli appartamenti) per rifugiare gli sfollati.

Eravamo poveri, dividevamo il poco con chi non ne aveva, si allevavano galline, conigli, il maiale, e quando si ammazzavano si distribuiva in parte.  Crescendo crescevano i piedi, le scarpe erano corte, si tagliava la punta, i calzoni erano piccoli, la mamma o la nonna recuperavano un paio di calzoni rotti del papa o del nonno o dello zio e cucivano una paio di calzoni, non era un taglio di sartoria, ma coprivano, e così per tutto il vestiario.

A scuola si andava con un quadernetto, uno pezzo di matita e d’inverno con un ciocco sotto il braccio per scaldare un po’.

Non ho mai sentito un compagno dire che gli sfollati ci portavano via il pane, anzi dato che nel paese ci si scambiava quello che c’era, davamo le tessere dell’annonaria agli sfollati perché potessero acquistare nei negozi.

Il giorno dell’armistizio ha assistito alla predazione della caserma abbandonata dai soldati, non erano i poveri, erano i benestanti terrieri, quelli che si arricchivano con la borsa nera, che predavano, come di notte predavano i treni merci fermi nella stazione ferroviaria.

Un giorno del 44 sono passati sul nostro paese stormi e stormi di bombardieri americani che hanno sganciato centinaia di bombe su Alessandria, importante nodo ferroviario, per tagliare i rifornimenti ai tedeschi, distruggendo gran parte della città e uccidendo molti civili.

Da allora quando si parla degli americani liberatori mi viene da pensare “liberavano molte anime dai corpi”.

Mio padre, per guadagnare qualcosa, recuperava vecchie moto, le rimetteva in ordine e le rivendeva, questo serviva anche da copertura per muoversi sul territorio, e tramite un cugino che lavorava al comando tedesco, forniva i lasciapassare ai ragazzi imboscati nelle cascine fuorimano per non essere catturati dalla brigate nere.

Questi ragazzotti venuti su in un clima di paura e di violenza, dato che qualcuno aveva fornito loro le armi, si definivano partigiani. Sono venuti un paio di notti, in assenza di mio padre, a minacciare con le armi mia sorella, mia madre e me: volevano le moto di mio padre, ma queste erano nascoste altrove.

Un mattino del 45 andando a scuola abbiamo visto nella neve una grande chiazza di sangue: un ragazzo cui qualcuno aveva fornito un’arma aveva sparato e ferito un brigadiere della finanza, un povero padre di famiglia, scambiandolo per un tedesco, quello ha reagito con una bomba a mano e la tragedia ha avuto inizio.

Dopo la liberazione il finanziere è stato prelevato dall’ospedale dove era ricoverato, legato dietro un calesse e trascinato fino in paese dove è stato linciato da quei sedicenti partigiani che poi lo hanno finito.

Li ho visto l’homo homini lupus e la stupidità umana di chi fino a ieri al grido “volete pane o guerra” rispondeva “guerra” ed in quel momento applaudiva il lupo.

Poi sono iniziate le epurazioni. E non voglio disgustarvi troppo….

Da tutto questi tragici ricordi cosa ne ricavo? Che le derive ideologiche,come diceva Primo Levi dei russi “persone miti in pace, feroci in guerra” , fanno perdere la dignità umana all’uomo e lo manipolano fino a farlo diventare lupo, poi falsano la verità dei fatti, indirizzano su un Nemico tutte le responsabilità.

La Memoria è vitale per la formazione della persona umana, ma questa deve essere a 360° se si vuole formare coscienze rette e responsabili. Ma a chi vuole il potere ad ogni costo non servono persone formate.

Faccio ancora notare che noi, poveracci, chiamavamo sfollati quelli che si rifugiavano da noi, spogliati di tutto ma non della dignità perché noi li trattavamo alla pari. Penso che l’indicazione per il futuro posso ricavarla dal Padre Nostro cantato dal gruppo musicale Gen Verde anche durante la recente giornata mondiale dei giovani a  Panama nel ritornello  che dice «Oggi è il tempo di ricominciare,  tempo di perdono nella verità, per comporre in terra un firmamento, stelle sopra il fango di ogni povertà È l’Unità».

 

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