Da Parigi

Una testimonianza dalla Francia
Che cos’è la verità? Questa frase di Gesù a Pilato mi ritorna regolarmente allo spirito di fronte a certe situazioni. In effetti, noi professionisti della comunicazione, lavoriamo sull’effimero, e per giunta in tempi limitati, mentre la ricerca della verità richiede la pazienza del tempo per svelarsi. D’altra parte siamo abituati ad incontrare delle persone di cultura e opinioni diverse. Quel che è verità per l’uno, non lo è per l’altro. Cos’è la verità?

 

 

Qualche anno fa ho affrontato una situazione di acuto conflitto. Avevo nel mio servizio una persona la cui competenza era dubbia, ma che era sostenuta dal mio superiore gerarchico. Un giorno questa persona ha falsificato un documento ufficiale per proteggersi. Questa azione ha scandalizzato parecchie persone del mio servizio, e così sono intervenuto fermamente al più alto livello nella nostra società. Il clima si tese ulteriormente, e a fine anno il mio superiore mi fece sapere che mi ritirava la responsabilità di caporedattore della rivista per nominarmi invece responsabile di un altro servizio (un servizio in realtà in statod di abbandono, che non aveva cambiato nulla nei precedenti 25 anni). Si trattava di una sanzione, e mi si fece comprendere che non ero competente nella posizione che occupavo. Malgrado il sostegno dei miei colleghi, il dubbio si insinuò nel mio cuore: l’insuccesso personale non era un fatto reale? Tanto più che vedevo quelli che mi aveva sostenuto essere perseguitati a loro volta.

 

 

In più, perdevo un lavoro creativo, dai numerosi contatti umani, con responsabilità elevate per ritrovarmi invece solo con un personale inacidito. Nel nuovo lavoro di comunicazione, inoltre, non avevo ottenuto nemmeno un budget indispensabile per introdurre qualche miglioria. Un forte sentimento di ingiustizia faceva nascere in me un sentimento di rivolta e una profonda oppressione. Ed è vero che l’immagine di Maria ai piedi della croce non era più un’immagine sacra, ma una realtà che dovevo prendere con me.

 

 

Tenere duro, continuare ad incoraggiare gli altri, raccogliere la sfida senza mezzi, solo con la buona volontà, essere aperto a tutti, comunicare le notizie che ricevevo, anche se talvolta certi altri riciclavano il mio lavoro firmandolo col loro nome, mettere in valore gli altri, essere soprattutto attento ai più piccoli, quelli che non osano mai parlare. Essere pronto a che tutto ciò duri dei mesi, addirittura degli anni…

 

 

Tre anni sono trascorsi. Ho cercato di svolgere questo nuovo lavoro come se fosse appassionante come l’altro. Gesù non aveva detto a Maria: «Donna, ecco tuo figlio», presentandogli Giovanni. Poco a poco, questa nuova funzione è diventata essenziale nell’impresa. Una nuova direzione generale ha deciso di far emergere la verità su un certo numero di ingiustizie subite. Ma questo ascolto, questa presenza vicino a ciascuno rimane il fondamento della mia azione. «E, a partire da questo giorno, Maria prese Giovanni con sé».

 

 

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons